Questo era un vortice dissennato di suoni che non obbediva ad alcun governo, che irrazionalmente si propagava con insistenza nei labirinti degli orecchi che non recepivano un senso, finché qualcuno attribuì un significato ad ogni sillaba afona ed inconsistente.
E fu così, che in mezzo al caos frastornante, venimmo inghiottiti dall’efficacia e dalla potenza del verbo.
È un’arma che mitraglia i propri colpi dal pensiero alla lingua, chiamando in ausilio degli incastri musicali che danno origine ad infinite parole, ed è un continuo fraintendimento con la ricerca conseguente del perdono, poiché nessuno si è mai rivelato così saggio ed integerrimo da non commettere neppure un errore.
Quelle parole possono essere fendenti che squarciano con crudeltà il ventre vulnerabile della dimensione sensibile, e sebbene tu invochi il tempo, chiamandolo dottore per la sua capacità di risanare, ricordati che questo riuscirà sempre a rimarginare i graffi, ma non saprà mai cucire le lacerazioni.
Queste parole sono le stesse che ho pronunciato disperata al tuo cospetto, dilungandomi spasmodicamente solo per dirti che ti amavo e che ti amo, e in quell’occasione ho assaporato il gusto amaro dell’altra faccia di una stessa medaglia…
Purtroppo io e te non siamo più noi, e non è ciò che voglio, ma é quello che tu vuoi.
Quelle parole sono le stesse che pronuncio per condannare una società vigliacca ed insana, quelle che riecheggiano con prepotenza quando asserisco che “la mafia è una grandissima buttana“, quelle taciute per il timore che ti sparino in testa se non ti prostri all’omertà, quelle che continuano a pretendere ancora e soltanto verità.
Questa è la mia relazione con le parole:
Io e le parole
ci incontriamo
in un pensiero,
sul ciglio di un sentiero,
in luoghi desueti,
tra desideri inquieti.
In sprazzi d’utopia
o nella fantasia,
nei vuoti di coscienza,
su voli d’esistenza.
In vetta alle manie,
su un’onda di fobie,
all’ombra di un dolore,
per mille vie del cuore.
Avulse da preavvisi,
intrise di bisogni,
sorvolano l’altrove
dei miei sparuti sogni.
Parole sibilanti,
sagaci o ininfluenti,
parole consegnate
all’impeto dei venti.
Giammai io le smarrii,
ma per voler beffardo,
accadde ch’io le persi
nel mare del tuo sguardo.
Maria Cristina Adragna
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