La storia musicale racconta di canti, canzoni e canzonette più o meno orecchiabili, dedicati all’amore. Non sempre l’amore è idilliaco: il dolore del distacco, la gelosia, il litigio sono parte del sentimento più forte del mondo.
A volte gli autori si sono ispirati alla vita personale, altre volte, alla fantasia. E il confine tra le due cose, è molto sottile.
Da bambina, negli anni ’70, vivevo due mondi. Uno era il mondo della musica moderna, i figli dei fiori che proclamavano il loro slogan: pace e amore. L’altro erano i dischi di papà, gli stornelli di Claudio Villa e del suo antagonista Luciano Tajoli. I più giovani, non sapranno di chi parlo ma chi ha la mia età e qualcosa di più, lo sa perfettamente.
In auto oggi,ho ascoltato una canzone del compianto Franco Battiato: “veni l’autunnu”. Perché ne parlo? Perché nella canzone, c’è una frase, in uso a molte città del sud che recita così: “è inutili ca ‘ntrizzi e fai cannola, lu santu è di mammuru e non sura”.
È inutile che intrecci e fai ricci, il santo è di marmo e non suda, in poche parole: non mi fa nessun effetto la tua bellezza! È stata questa frase che mi ha dato l’idea di questo articolo.
Ancora risuona nelle mie orecchie uno stornello che ascoltava spesso papà, in auto, con l’ausilio del mangiadischi, antesignano del lettore CD, il titolo era: “Claudio Villa a piena voce” ed erano parole cantate, sì con una voce inimitabile ma, era un modo di provocare la sua innamorata: “è inutile che cerchi de baciamme, con quelle labbra rosse fatte a M…” ma poi alla fine confessa di averla fatta disperare perché; “te voglio tanto, tanto bene…”.
E delle serenate ne vogliamo parlare?
Molte erano dettate dalla gioia del sentimento, altre erano un tentativo di riconciliazione da parte dell’innamorato, altre ancora erano addii cantati, sotto le finestre che restavano al buio.
Ripescando il “Reuccio”, l’addio era: “l’hai voluto tu”. Conoscevo queste canzoni a memoria e ancora oggi, le riconosco fin dalle prime note.
La canzone aiuta a dire ciò che sentiamo e pensiamo, quando non ne abbiamo il coraggio, usando cuore e cervello e sentimenti altrui. Credo che la frase: te la canti e te la suoni, sia nata con queste prerogative,anche se poi ci sono utilizzi diversi.
A me fa pensare ad un giovane menestrello che suona e canta sotto ad un balcone inutilmente, perché la portafinestra non si apre e la luce della stanza, non si accende.
Oggi le canzoni d’amore, quelle appassionate, sono davvero poche e devo dire che quelle poche, sono davvero molto belle, le altre trasmettono la rabbia per un mondo che corre, che non dà tregua, non lascia scampo! Fermiamoci, spolveriamo quel vecchio vinile, mettiamolo sul piatto dello stereo e lasciamo che la puntina si inserisca nel solco.
È un vecchio disco, e l’inizio sarà un fruscìo, un salto dove il solco è segnato, un blocco,ma che importa? Lasciamolo scorrere e rilassandoci, faremo un viaggio in un mondo parallelo, quello che sembra non esista più ma in realtà c’è, pulsa tra le note, tra le voci registrate che hanno reso immortali quegli uomini così appassionati.
Pian piano fluiranno i nostri ricordi, di quelle persone, delle quali non avremo la fortuna di ascoltare la voce ma ci appariranno i gesti e i sorrisi.
Cose indimenticabili che sono solo nostre, racchiuse in una vecchia canzone d’amore.
Sono solo nostre, quelle canzoni che hanno dentro, l’inizio o la fine di un amore; solo nostro, il ricordo di una giornata al mare che sembrava niente e invece, era tanto, con quel juke box che scandiva il tempo e lo spazio.
Fermiamoci ad ascoltare e la rabbia, quella che abbiamo dentro, quella causata dallo stress della vita odierna, piano piano svanirà.
Provare non costa nulla.