The way of life

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Esistono motivazioni incarnate nel DNA oppure motivi davvero banali a giustificazione dei successi o dei fallimenti di una “comunità” di persone, piccola (famiglia) o grande (nazione) che sia?

Ho sempre ammirato il pragmatismo degli inglesi, stile culturale tipico di quella gente.

Che si parli di politica, società, o cultura, il pragmatismo è un tratto distintivo, nel bene e nel male, della “way of life” britannica: gli inglesi fanno e basta, senza porsi troppe domande.

Ero a Londra per partecipare ad una fiera e una mattina, sceso dall’albergo per andare a prendere la metro (“The Tube” come dicono loro), ho trovato la stazione chiusa per lavori, stazione che il giorno prima era aperta e funzionante regolarmente.

Ho chiesto ad un signore fermo lì davanti e lui: “No problem! Me too I’m wayting the bus”… Nessun problema sto aspettando l’autobus anche io…era ovvio! Tre minuti dopo eccolo il mitico “due piani rosso”, il “double decker”.

Con precisione e disinvoltura, gli inglesi erano stati maestri nell’organizzare in quattro e quattr’otto bus sostitutivi chiaramente segnalati, in grado di intervenire con puntualità eccezionale e che non mi hanno fatto perdere neanche un minuto.

E il tizio alla fermata era sereno. Era tutto ovvio!

Anche questo è pragmatismo: una capacità sorprendente di agire tempestivamente – specie in caso di emergenza – intervenendo su qualcosa che viene “aggiustato in modo rapido ed efficace”.

Gli inglesi hanno però anche un fenomenale anticorpo: l’ironia.

Noi no…noi!

Non sbraitano se qualcosa non va, se qualcosa va storto. La prendono con distaccata ironia e con pragmatismo cercano e trovano subito soluzioni in grado di risolvere quell’imprevisto.

E non è un caso che dopo i Romani, è il popolo che più di ogni altro è arrivato a conquistare terre lontane anche se, cosa strana, la “Patria del Football” ha vinto una sola coppa del mondo…nel 1966 peraltro con un “goal fantasma“.

Comunque – in origine – il pragmatismo (dal greco πρᾶγμα “azione”) nasce come movimento filosofico verso la fine del XIX secolo negli Stati Uniti e sostiene che l’attività pratica, intesa nel senso sia mentale che scientifico, diretta alla realizzazione di un fine concreto, esercita un primato su quella teoretica astratta.

E come ovvio, l’attività teoretica astratta quasi sempre è figlia dell’eccesso dialettico, ovvero, come diceva Leonardo: “Chi poco pensa molto erra” ovvero ”Chi troppo parla ha poco da mostrar”.

Ma cosa rende in particolare noi Italiani così “inconcludenti”, tali da non essere presi sul serio se non in casi particolari (mondiali di calcio a parte – ricordate che l’ultimo lo abbiamo vinto “dopo un ferreo silenzio stampa”)?

Nonostante si sia esaurito in un paio di anni attorno alla metà degli anni ’40, l’italiano è sempre rimasto metabolicamente qualunquista, ai limiti della presunzione condita da abbondanti dosi di ignoranza?

Non lo so. Ma vedo famiglie in cui mogli (o mariti) trattano mariti (o mogli) come deficienti.

Vedo famiglie con figli talmente maleducati nei confronti dei genitori da far rimpiangere il vecchio “servizio militare”.

Vedo Giudici prendere decisioni ed emettere sentenze che non stanno né in cielo né in terra.

Sindaci, assessori, politici… che parlano, parlano, parlano e alla fine “mostrano poco”.

Parole parlate in TV col copia e incolla.

Social che proliferano.

Profili instagram di bimbi ancora in pancia con milioni di follower…

Poi, per avviare una campagna seria di vaccinazioni, serve un Generale.

Taluni mi hanno confessato “io l’ho conosciuto al Comando NATO in Afghanistan e poi in Kosovo…è un uomo terribile!”.

Io dico solo – e non è pubblicità di “liquidi amari” – è un lucano.

Nato a Potenza nel luglio del 1961, innamorato di Torino, è un alpino lucano o meglio, un lucano diventato alpino.

Non è campanilismo ma forse davvero l’Italia è rimasta la “Terra dei 100 Comuni” e chi come i lucani appunto, hanno avuto la fortuna-sfortuna di rimanere isolati perché “in aree interne”, “n’copp a’ muntagn”, hanno conservato quell’atteggiamento essenziale che alle poche chiacchiere unisce un sano e fattivo pragmatismo.

E forse alla fine di tutto qualcosa deve pur esserci sotto sotto se nel dialetto di Pietragalla (il mio paesino Lucano) mangiare insieme agli amici, far festa a tavola, si dice fare un “long” (dall’inglese to lunch), cuscino “chiascion” (in inglese cushion) e, scoperta di recente leggendo il bugiardino di una confezione di cerotti, sempre in dialetto pietragallese cerotto si dice “sparatrapp” dal francese “sparadrap”… e vi confesso che quest’ultima scoperta ha risolto un interrogativo che mi portavo dentro da decenni.

Il pragmatismo di Figliuolo forse o quindi viene da molto lontano?

Non lo so ma vorrei chiudere con una esortazione:

Pensate quanto basta, ma poi fate e usate la testa solo per capire come fare al meglio quello che fate”,

ed un consiglio:

leggete il gradevole libricino di Plutarco intitolato “Sulla Loquacità” (in greco “Peri adoleschias”, in latino “De garrulitate”), composto all’epoca di Traiano (98-117 d.C.).

Da profondo indagatore della natura umana, Plutarco scrisse molte opere con l’intento di mettere in guardia gli uomini da possibili vizi comportamentali, e nell’opuscolo “Sulla loquacità” afferma di voler studiare una vera e propria «patologia dell’animo», non un semplice “vizietto”: il parlar troppo.

Nei primi sedici capitoli Plutarco presenta un’accurata diagnosi dei sintomi di questa singolare malattia; negli ultimi sette suggerisce un tentativo di terapia, trattandosi di una patologia difficile da curare…infatti:

«La medicina adatta – scrive Plutarco – è indurre i chiacchieroni, attraverso il dialogo, a riflettere sui loro vizi ma la terapia efficace vuole persone capaci di ascoltare: peccato che questi non sappiano farlo! Il chiacchierone, infatti, non solo pensa e ripensa e poi parla a vanvera talvolta con malignità, ma neppure ascolta le persone che gli parlano avvolto in un delirio di presuntuosa stupidità».

La diagnosi è chiara: chi troppo pensa e troppo parla è tale perché il suo orecchio non è collegato al cervello ma alla lingua e la lingua è spesso solo uno strumento della pancia.

Clicca sul link qui sotto se vuoi leggere il mio articolo precedente:

“Corso di economia delle mafie” a breve nelle Università Italiane

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