La Calabria è l’Italia in miniatura.
Al Nord il Pollino, analogo alle Alpi, al centro la pianura, un po’ come la pianura padana, ed è circondata dai mari per tutta la sua interezza.
La folta vegetazione Silana non ha eguali, solo in Canada esiste una flora paragonabile a quella della Sila.
La contemporanea possibilità di ammirare scorci costieri e mari limpidi e cristallini da vette di altitudini non indifferenti dà al visitatore una sensazione di meraviglia e stupore per tale bellezza, che riempie il cuore di gioia profonda.
Gli anfratti e le gole dall’aria misteriosa che fanno da sfondo, rimandano ad antiche leggende che trasfigurano la flora e la fauna in personaggi fantastici, rappresentanti miti e passioni che si agitano nell’animo umano.
Vicende che acquisiscono uno schema narrativo tale, da rendergli un carattere immaginario.
E, o è novella, o è leggenda.
Una realtà amplificata dalla fantasia e dalla tradizione, che fa parte del patrimonio culturale del suo popolo.
D’inverno, la Calabria, si raccontava davanti al focolare.
D’estate invece, chiama a raduno chiunque, e racconta i moti del mare e dei pesci, il ritorno a casa delle famiglie emigrate.
Tra le tante leggende sulla mia Terra, vorrei narrarne una.
La leggenda di Pietra Cappa o Kappa.
Molte ipotesi suggestive unite a fantasie sono sempre state fatte per le enormi pietre presenti in tutto il territorio del reggino. Megaliti insoliti, che sono disseminati un po’ dappertutto, e, in particolar modo, nei sentieri dell’Aspromonte.
Pietre, che si stagliano imponenti da migliaia di anni e che rimangono ancora avvolti dal mistero più fitto e da leggende popolari.
Per spiegare le loro origini si scomodato la letteratura fantascientifica, esoterica e religiosa, non disdegnando gli extraterrestri, il Santo Graal o Gesù e gli apostoli.
Pietra Cappa, il più grande di questi dolmen, nacque proprio così.
Si narra, che, mentre predicavano la buona novella, Cristo e i discepoli giunsero anche ai piedi dell’Aspromonte e qui fecero penitenza raccogliendo alcuni pesanti massi che il Signore trasformò in fumanti pagnotte, lasciando solo Pietro con un piccolo boccone quale punizione per aver raccolto un misero ciottolo.
Riconoscendo il proprio errore, fu lo stesso Pietro a volere che quella pietra restasse lì a ricordo e sfiorandola con un dito la fece diventare talmente grande da ricoprire il terreno tutt’intorno.
Poi, l’apostolo decise di imprigionare per l’eternità la guardia che schiaffeggiò Gesù davanti al Sinedrio, i cui colpi contro la nuda roccia e le grida di dolore vengono sentiti ancora oggi dai pastori e dai passanti.
Ma Pietra Cappa riveste un ruolo rilevante,nel mistero dei Cavalieri Templari.
E infatti, Reggio, oltre ad essere la patria della Decima “Legione Fretense” che crocifisse Gesù e trafugò i tesori del tempio di Gerusalemme, tra le cui fila militavano Longino, il legionario che trafisse con la lancia il costato di Cristo e il funzionario Lucius Artorius, ossia il vero Re Artù e dei numerosi crociati dai quali ebbero origine i cavalieri di Malta, fu anche il punto di partenza dei monaci che fondarono l’ordine di Sion, i quali ebbero la rivelazione del Graal, la simbolica coppa del sangue di Cristo, proprio a Pietra Cappa.
E qui, nelle sue misteriose ramificazioni che arriverebbero sin nelle viscere della terra, si sarebbero stabiliti, e, in seguito, nascosti, i Cavalieri del Tempio, rendendo la ‘Regina dell’Aspromonte’ ancora più enigmatica e affascinante.
La leggenda trae sempre spunto da miti o da trasfigurazione della realtà, e in molti casi le leggende si sono rivelate come racconto travisato di eventi realmente accaduti.
Anche in questa ci sarà un fondo di verità che, documenti e testimonianze potranno accertare.
Vi invito a venire in Calabria e a visitare luoghi e paesi caratteristici, forse anche voi trasfigurerete i luoghi meravigliosi che troverete diventando anche voi protagonisti di leggende.
Angela Amendola
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