<< So di essere un uomo e di aver potuto errare; ma per non errare ho cercato accuratamente, e prima di tutto, di scrivere cose conformi alle leggi della patria, alla pietà e ai buoni costumi >>.
Queste parole chiudono la prefazione del Trattato teologico – politico scritto da Baruch Spinoza (1632 – 1677) negli ultimi anni della sua vita e rimasto incompiuto perché il filosofo morì prima di poter completare l’opera.
Morì ancora giovane Spinoza e quando aveva solo 24 anni, nel 1656, fu espulso dalla comunità ebraico portoghese di Amsterdam. Sono durissime le parole con cui il filosofo fu condannato e maledetto molte volte per le sue idee ma la parte della condanna che lo colpì soprattutto fu il divieto di avvicinarsi a qualunque altra persona, l’obbligo era di starne lontano almeno due metri.
Come dobbiamo fare noi ora – penserà qualcuno -. No – rispondo io – allora la legge si rispettava e si faceva rispettare. Poi, per tutta la vita, non poter toccare, sfiorare, accarezzare qualcuno penso che sia una cosa disperante per il futuro.
Perché la condanna?
Il padre di Spinoza era un marrano (parola che originariamente significava porco), così erano chiamati, in senso dispregiativo, gli ebrei che, nella Penisola iberica per sfuggire alle persecuzioni decretate da Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, reali spagnoli, si convertivano al cristianesimo. La conversione era quasi sempre falsa, il vecchio credo veniva mantenuto e i riti celebrati nascostamente.
Vivendo tra le due religioni, l’ebraismo e il cristianesimo, probabilmente i marrani assimilarono qualcosa della nuova religione e dimenticarono qualcosa della vecchia; ciò li rese agli occhi degli avversari ambigui, di conseguenza inaffidabili e quindi perseguibili.
Molti di loro si rifugiarono ad Amsterdam, città cosmopolita e tollerante, qui giunse anche la famiglia di Spinoza e dopo qualche anno nacque Baruch, il filosofo.
Colto, consapevole di una profonda libertà interiore pensò di poter esprimere ogni suo pensiero riguardo alla concezione del mondo e formulò una tesi panteista invisa sia al mondo cattolico che a quello ebraico che comminò la sua condanna.
Nel suo capolavoro, l’Etica, dimostrata secondo il metodo geometrico, espone le tesi della sua filosofia: Dio; la natura e l’origine della mente; l’origine e la natura degli affetti; la schiavitù umana, ossia le forze degli affetti; la potenza dell’intelletto, ossia la libertà umana. Gli affetti sono gli aspetti che riguardano l’uomo, che lo toccano e nel bene e nel male lo fanno diventare ciò che è nella sua vita.
È questa la parte che preferisco e in cui trovo una limpidezza di pensiero e un equilibrio straordinario, una conoscenza dell’umano sorprendente.
Eppure, doveva avere davanti agli occhi le flagellazioni a cui erano sottoposti alcuni dissidenti, il suicidio di chi non aveva sopportato l’emarginazione, lo scandalo che avevano prodotto nella comunità alcuni testi pubblicati.
Egli scrive, immagina un mondo nuovo e lo descrive, pensa ad un uomo nuovo e lo descrive e le sue pagine restano a noi, a farci capire che gli uomini sono tutti uguali e tutti diversi nello stesso tempo.
L’indagine sull’uomo chiede tempo e riflessione, Spinoza ne dedica tanto agli studi ma poiché vive in miseria mola lenti da vista e, quando ha tempo, osserva i ragni. Anche Montaigne che amo molto come filosofo attribuisce alla tela del ragno un che di intelligente; cosa avrà mai questo insetto indefesso tessitore per suscitare tanto interesse nei due filosofi?
Forse la paziente opera, o il tessere il filo come la tessitura di un pensiero, di un discorso, di un libro che non si dimenticherà in uno scaffale di libreria ma un libro che circolerà per il mondo, concepito in un’umida stanza malsana che procurerà a Spinoza la tisi, malattia che lo porterà alla morte.
Che Spinoza non amasse gli onori lo si comprende quando, nel 1673, l’università di Heidelberg gli offrì una cattedra che egli rifiutò per non perdere la propria indipendenza intellettuale.
Com’era diverso quest’uomo dagli arrampicatori odierni! Oggi si farebbero salti mortali per acquisire un posto così importante.
Per questo suo modo di essere, il filosofo mi affascina, mi piace, mi insegna le cose importanti della vita e la sua cattiva sorte, l’odio che suscitò nella sua comunità mi spingono a pensare che lo avrei abbracciato, ospitato in casa, offertagli una stanza piena di sole al piano più alto perché potesse vedere l’infinito che lo attirava tanto e che gli ha fatto dire che dall’infinito discendono un’infinità di attributi ciascuno dei quali, per il filosofo, esprime un’essenza eterna e infinita.
Nell’Etica il filosofo parla anche degli affetti determinati da Amore e Odio, sentimenti da cui scaturiscono tutti gli altri che determinano la vita di relazione dell’uomo ed è qui che si nota la grandezza di chi, vivendo solo ed isolato, riesca a definire dettagliatamente gli stati d’animo dell’uomo nelle varie situazioni.
L’etica di Spinoza è definita <<etica della gioia >> perché egli vede prevalere gli affetti attivi su quelli spinti dalla passione che sono passivi, pensa infatti che l’uomo desideri sempre ciò che accresce la sua potenza e sfugga ciò che la minaccia.
La risposta di ogni uomo è, però, diversa. Chi ha idee corrette, che il filosofo chiama adeguate, riesce bene nella realizzazione del desiderio che lo muove e ciò genererà amore; chi, invece, ha idee inadeguate vedrà frustrato il suo desiderio e da ciò nascerà odio.
Molto interessante anche la disamina che il filosofo fa sulle passioni tristi, quelle che inducono il nostro animo a sbagliare, passioni come l’invidia, la cupidigia, l’ira e tante altre verso le quali il filosofo non si erge a giudice ma, come scrive in un passo molto famoso dell’Etica, anche noi uomini comuni non dobbiamo compiangere gli altri, né deriderli, né disprezzarli, né detestarli ma dobbiamo cercare di comprendere che anch’essi sono parte, se pur piccola, soggetta all’infinita potenza della natura.
La potenza della Natura è sempre la stessa e quindi le sue conseguenze sono sempre e ovunque sempre le stesse, sia che consideriamo i corpi, sia che consideriamo le anime. Per questo motivo anche la vita morale può essere indagata in modo geometrico.
Spinoza poi, mi fa pensare che in ogni tempo ci sono stati perseguitati da chi era mosso da Odio e non da Amore. Ricorrerà a breve la Giornata della memoria a ricordarci che non bisogna dimenticare il male compiuto perché non si ripeta ancora.
Purtroppo, la storia non è “magistra vitae”, come comunemente si pensa, in essa continuano ad essere pagine buie e vergognose per l’umanità che ci fanno comprendere che si è appreso ben poco dal passato.
In questi giorni poi, si vota per il Presidente della Repubblica italiana, il nostro futuro… tanti pensieri…che producano cose buone.
L’Etica di Spinoza è lì che mi aspetta, ne leggerò ancora un po’…
Gabriella Colistra
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