Tiziano Vecellio (parte seconda)

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TIZIANO VECELLIO (parte seconda)
“La venere di Urbino” 1538
119 × 165 cm
Galleria degli Uffizi, Firenze

La “Venere di Urbino” è una delle opere d’arte più importanti del XV secolo; rientra a tutti gli effetti nell’elite delle opere di Tiziano

Il quadro venne realizzato da Tiziano su commissione di Guidobaldo II Della Rovere nel 1538.

La tela, conosciuta internazionalmente con il titolo “Venus of Urbino“, prima di giungere nella città di Urbino, dove si trovava Guidobaldo II, incontrò diversi ostacoli.

Il più gravoso riguardava il fatto che il giovane non aveva il denaro necessario per poter acquistare il capolavoro.

La madre di Guidobaldo, Eleonora Gonzaga, si rifiutò di aiutarlo economicamente, ma con qualche sacrificio il giovane riuscì ad ottenere ugualmente il tanto sospirato dipinto.

La fama che circonda questo capolavoro di Tiziano è cresciuta nel corso dei secoli.

Jean-Auguste-Dominique Ingres, ammaliato dalla bellezza dei Tiziano, ed in particolare da questa avvenente rappresentazione della dea, realizzò una copia di tale lavoro nel 1821.

Un’altra importante copia è la “Venere di Giorgione“, che ricorda il lavoro di Tiziano per alcuni aspetti: la protagonista è una Venere dormiente e non sveglia come quella di Urbino.

Oltre alle personali reinterpretazioni di Ingres e di Giorgione, è importante citare anche l’Olympia di Manet, ispirata dall’antico capolavoro di Tiziano.

Un’opera, insieme a quelle di Modigliani e Courbet, che destò scalpore nella Parigi puritana dell’Ottocento, e si confermò come una dei quadri più controversi della pittura moderna.

Tiziano fu, insieme a Giorgione, uno dei padri del “tonalismo“, una particolare tecnica della tradizione artistica Veneta legata ad un nuovo modo di concepire il colore, in contrapposizione con la più classica tecnica di scuola fiorentina.

Ogni artista ha la sua musa e Tiziano non fa differenza, anzi, molti sostengono che l’attenzione che Tiziano ebbe nel dipingere la Venere possa fare intuire che la modella avesse una relazione con l’artista.

Infatti passando in rassegna alcune delle sue opere, notiamo più di una somiglianza tra questa Venere e altre protagoniste dei suoi dipinti.

Tiziano utilizzò la stessa modella che ritroviamo nella “Bella“, custodita a Palazzo Pitti e anche nella “Fanciulla in pelliccia” che si trova a Vienna.

Ad oggi però, mai rivelata da Tiziano, non si conosce ancora la vera identità della modella.

A intitolare l’opera “Venere di Urbino” fu Giorgio Vasari perchè era improponibile il titolo di “Donna nuda” affibbiatogli da Guidobaldo.

Era infatti una consuetudine mascherare la nudità con la mitologia ed effettivamente Venere ha tutto un altro suono classico rispetto a un semplice donna nuda.

Ma perchè proprio di Urbino?

Se fate attenzione allo sfondo, si può notare il loggiato con la colonna che rappresenta un angolo del Palazzo Ducale di Urbino dove nacque appunto Guidobaldo, l’uomo che l’aveva commissionata.

“LA VENERE DI URBINO”

La donna, completamente nuda, è distesa su un letto.

La pelle color latte è il suo vestito.

Unici ornamenti, un braccialetto d’oro tempestato di pietre preziose, un orecchino di perla e un anellino al mignolo.

I capelli biondi, sistemati in una complicata acconciatura, le ricadono sul seno e la spalla destra.

Le lenzuola spiegazzate lasciano affiorare il rivestimento del materasso, un prezioso tessuto rosso a motivi floreali.

Appoggiata sul braccio destro, la Venere giocherella con un mazzo di rose.

Un fiore caduto spicca tra i fiori finti del tessuto.

Stoffe e carnagione sono dipinti con tale maestria da sembrare vera epidermide e vero broccato.

La mano sinistra si carezza il pube, con lo scopo apparente di nasconderlo, ma in realtà attira il nostro sguardo proprio su quel triangolo, scurito dall’ombra.

Ai piedi di lei è accovacciato un cagnetto da compagnia, l’occhio vispo, come promessa di fedeltà e di vigilanza.

Una linea verticale (il bordo di un rettangolo scuro) divide in due la scena, separando la Venere, in primo piano, dalla stanza sullo sfondo.

Il letto però non poggia sul pavimento, non si trova davvero in quella stanza.

La nudità della donna in primo piano non fa che esaltare la bellezza femminile.

Guarda direttamente chi la osserva senza alcuna vergogna.

Le lenzuola ancora stropicciate possono fare intendere il passaggio del fidanzato, o lo stesso Tiziano, mentre è giusto sottolineare la presenza di due sfondi ben diversi tra loro: sulla sinistra, dal pube in su, una sorta di muro scuro che fa da contrasto per risaltarne la nudità.

Alla nostra destra, i colori sono più vivaci e rievocano una scena di vita domestica.

Passiamo allo sfondo. Quella che propone Tiziano è una scena di vita ordinaria con due ancelle di Venere che preparano i vestiti per la dea, forse in occasione di una festa; quella chinata con la testa quasi dentro la cassapanca è una bambina.

L’altra donna, in piedi, ha un vestito sulla spalla e osserva incuriosita l’operato della bambina.

CONCLUDENDO:

Anche se le ancelle elevano la protagonista a un certo ceto sociale e pronta per un evento mondano, viene difficile pensare ad essa come si pensa alla dea della bellezza.

La Venere di Urbino“, infatti, pur bellissima, è soltanto il nome del dipinto, perché la giovane donna nel suo modo di essere, sembra molto umana, molto lontana da tutti quelli che sono i classici canoni di riconoscimento di una divinità.

Bruno Vergani

Leggi qui la parte prima:

Tiziano Vecellio (parte prima)

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