Incontro con la criminologa Cinzia Mammoliti

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In questa “feste di Pasqua 2020 sui generis” abbiamo fatto alcune domande alla Dott.ssa Cinzia Mammoliti criminologa.

Laureata in Giurisprudenza nel 1993 e specializzata in Criminologia, Psicopatologia Forense e Psicologia Criminale lei è riconosciuta come una delle maggiori esperte nazionali in ambito di manipolazione relazionale e violenza psicologica. Com’è nata la passione per questa professione?

Il lato oscuro della mente mi affascina da sempre, da quando, ancora piccola, guardavo di nascosto dai miei genitori thriller e film dell’orrore. Ero morbosamente attratta da tutto quello che di cupo si cela nell’animo umano: malattia mentale, dipendenze, perversioni, e presi a leggere di tutto in materia fin da preadolescente.
Non avevo ancora bene in mente quale percorso di studi intraprendere quando mi accorsi che nel piano di studi della Facoltà di Giurisprudenza c’erano diverse materie che avevano attinenza con l’oggetto dei miei interessi. Alla fine del percorso chiesi la Tesi proprio in Criminologia ed ebbi l’onore di laurearmi con quello che è stato uno dei più grandi criminologi italiani: Gianluigi Ponti. Il fatto di poter unire la parte giuridica a quella psicologica credo mi abbia dato una visione a tutto tondo, di gran lunga superiore reputo a quella che puoi ricevere limitandoti allo studio della Psicologia tout court e ho sentito l’esigenza, anche dopo la laurea, di continuare gli studi e approfondire sempre più. Diversi anni dopo mi si presentò l’occasione di entrare in un’equipe di lavoro come Educatrice (ai tempi non erano richieste qualifiche specifiche che oggi sono invece d’obbligo) dapprima in una casa-famiglia, poi in diversi Centri di Aggregazione Giovanile, poi nelle scuole a occuparmi prevalentemente di disagio minorile e devianza. Ho avuto la fortuna di osservare direttamente sul campo le complesse dinamiche che portano gli individui a delinquere o a sviluppare comportamenti violenti per capire che le forme di violenza più perniciose da prevenire e contrastare sono prevalentemente quelle che hanno luogo sotto le mura domestiche. Col passare del tempo ne ho fatto ulteriore oggetto di studio e nel 2009, a seguito di un’esperienza personale molto pesante, iniziai ad approfondire gli studi in materia di violenza psicologica e della manipolazione relazionale che la precede, fino ad arrivare a scrivere il libro che mi ha fatta conoscere in tutta Italia e oltre: “I serial killer dell’anima”, un identikit dettagliato del maltrattante emotivo e delle conseguenze che derivano a relazionarvici.

Secondo lei la giustizia ufficiale per la sua incapacità di condanna e pena certa, sembra dare “diritto” a una giustizia autogestita che a volte, alcuni ritengono efficace e immediata. E’ valida per lei questa considerazione?

Non ho mai pensato che la legge del taglione fosse una grande idiozia, soprattutto laddove si avverte che i propri fondamentali diritti non sono né garantiti né tutelati. D’altro canto legittimare anche solo tacitamente una giustizia autogestita potrebbe determinare conseguenze assolutamente incontrollabili ed estremamente pericolose. Più che per l’autogestione sarei per una maggiore preparazione (da rendersi obbligatoria) di coloro che occupano ruoli inerenti presa in carico, tutela e difesa delle vittime di reati. Conseguire un titolo di studio non serve a niente se non ci si continua a formare ed aggiornare per il resto della vita. Una laurea, un master, un diploma, sono semplici trampolini di lancio. Il vero approfondimento dovrebbe poi essere lasciato al singolo…ma siamo in un Paese in cui i primi tagli economici vengono fatti alla Formazione, il che la dice lunga su che voglia ci sia di avere personale qualificato e competente.

La legge sanziona gli eventi che si concretizzano nei delitti, quando lei si trova ad analizzare un assassino ne studia anche le componenti psicologiche. Quanto incidono nella valutazione della pena da parte dei giudici?

Dipende molto dal tipo di reato e di contesto. Io lavoro molto con il reato di maltrattamenti in famiglia, lo stalking, la circonvenzione d’incapace e la riduzione in schiavitù. Difficilmente con l’omicidio. Mi sono, invece, capitati casi di istigazione al suicidio. I miei pareri sono osservazioni tecniche che arrivano ai giudici (come consulenze tecniche di parte) con l’obiettivo di chiarire dinamiche contorte e perverse che stanno alla base di relazioni basate sulla violenza. Le persone che analizzo io di solito non arrivano a commettere omicidi fisicamente intesi. Sono soggetti che distruggono l’anima, la dignità e l’integrità della controparte, pezzo per pezzo. Più difficili da rintracciare e stanare anche perché occupano spesso ruoli insospettabili. Sotto questo profilo il giudice che si avvale di una mia osservazione tecnica e magari non conosce compiutamente il diritto penale familiare può sicuramente essere coadiuvato nel prendere la decisione.

Cinzia lei è ritenuta una delle maggiori esperte in ambito di manipolazione nelle relazioni e nel narcisismo perverso. Come mai ha scelto questo ambito?

Come accennavo prima è stata principalmente una brutta esperienza personale a condurmi a studi estremamente specifici. Nel tentativo di comprendere quello che mi stava succedendo in una relazione con quello che si sarebbe poi rivelato un soggetto psicopatico, mi supportavo con letture di tutti i tipi perlopiù di Autrici straniere dato che in Italia sull’argomento c’era poco o nulla. Il Professor Brunelli, Umberta Telfener e Sandra Filippini. Non riuscivo a venire fuori da quell’incubo e così ho iniziato a mettere per iscritto tutto quello che osservavo e mi succedeva e ne è magicamente venuto fuori “I serial killer dell’anima”, dico magicamente perché non avrei mai potuto prevedere l’impatto che questo libro avrebbe potuto avere sulla mia vita e su quella di migliaia di persone. Non avevo mai scritto libri fino ad allora, ho incontrato Antonio Monaco, delle Edizioni Sonda, che mi ha dato fiducia totale e ne è nato quello che reputo il mio miglior lavoro.

Molte persone sono convinte che le vittime dei narcisisti e dei manipolatori siano appartenenti solo al genere femminile. Colpisce entrambi i sessi?

Ci sono anche molti uomini vittime di narcisiste e manipolatrici solo che si espongono meno e tendono a vergognarsi di più, rispetto alle donne, di quello che vivono. Le dinamiche predatorie sono affini. Le donne a volte possono anche essere più subdole, calcolatrici e crudeli rispetto a un uomo. I danni che arrecano sono analoghi e possono essere veramente molto gravi. Si va da gravi disturbi psicosomatici fino a malattie serie quali la depressione, l’esaurimento nervoso, tumori e malattie autoimmuni.

Nella dinamica vittima/carnefice quanto conta la psicologia della vittima ?

Conta moltissimo. Quando parliamo di manipolazione relazionale e violenza psicologica che spesso ne consegue la vittima prescelta deve possedere specifiche caratteristiche che la portino a resistere nella situazione di maltrattamento e sopportare l’insopportabile. Prima tra tutte le caratteristiche: l’empatia, quell’attitudine a immedesimarsi nell’altro e comprenderlo a fondo. E’ quella che frega tutte le vittime e rende tanto difficile la fuga anche quando ormai la relazione è ai minimi termini.

Come può un uomo far credere di amare follemente una donna e poi fare di tutto per disintegrarla emotivamente e psicologicamente?

Vale anche il contrario come ci siamo dette. Basta essere mentalmente crudeli. Non c’è nemmeno bisogno di avere un qualche disturbo psichiatrico per avvertire il bisogno di far del male agli altri. Sembra assurdo ma è così, il male è banale come diceva la Arendt nel suo splendido libro “La banalità del male” e le persone cattive, gratuitamente cattive, esistono e sono numerose.

Sono le credenze che ci hanno inculcato da bambine con le favole e principi azzurri a causare le sofferenze in amore per molte donne?

In buona parte assolutamente sì. Ho sviscerato questo argomento in chiave leggera e sarcastica in uno dei miei libri: “Perché l’amore è una favola – Basta esserne convinte”, dedicato a tutte le donne della mia generazione costrette ad aspettare a vita un Principe Azzurro che nove volte su dieci non arriverà mai. Le credenze, l’educazione, il maschilismo dominante, gli stereotipi che ci hanno inculcato. Molte donne cadono nella trappola di veri e propri malviventi e poi non ne escono perché ci hanno addestrate a pensare di non valere niente se non abbiamo accanto uno straccio d’uomo. Un vero e proprio straccio purché di sesso maschile. E’ molto triste ma è così ancora per tantissime donne che parlano tanto di emancipazione ma sono ancora schiave dentro.

E’ uno dei libri che hai scritto sull’argomento. L’ultimo, uscito a fine febbraio, “Le parole per difenderci…” – Ed. Sonda – è un vademecum per riconoscere e gestire la comunicazione manipolatoria?

Sì. Mancava, a mio avviso, un testo specifico e facilmente fruibile dedicato solo ed esclusivamente alla comunicazione manipolatoria e ho voluto creare un vademecum a uso di tutti, anche dei più giovani, che fosse adatto a riconoscere e contrastare nei più disparati ambiti relazionali, famiglia, coppia, scuola, lavoro, quel genere di comunicazione così tanto diffusa ma molto poco riconosciuta. Nella mia attività di formatrice avevo creato un format, diversi anni fa, che ho portato in giro per tutta Italia per insegnare alla gente a difendersi dai prevaricatori e gli abusanti verbali. L’idea ha funzionato al punto da doverne fare numerose repliche. Ho voluto condensare nel mio ultimo lavoro l’attività svolta in aula corredandola di numerosi esempi e casi pratici che possano aiutare i lettori a identificarsi più facilmente.

Che consigli dai alle donne e agli uomini che vivono la quarantena in modo non felice perché aggravata dall’avere al fianco un carnefice?

Suggerisco di approfittare di questo momento difficile per tutti per osservare più attentamente e da vicino quello che sono costrette o costretti a subire nel quotidiano onde imparare a prenderne un poco alla volta le distanze. Viviamo da più di un mese in una dimensione tempo estremamente dilatata. Ascoltatevi, osservatevi da fuori e domandatevi se vale la pena trascorrere quello che resta della nostra vita, la cui caducità è stata palesemente evidenziata da una colossale quanto inaspettata tragedia come quella che stiamo vivendo, a farci maltrattare e a dover subire.
Sono convinta che dopo questo periodo moltissime cose cambieranno. Sono tempi di una maggior presa di consapevolezza e questo vale per tutti ma a maggior ragione per quelli che sono insoddisfatti della propria vita. E’ il tempo di raccogliere il coraggio ed amarsi di più. E’ il solo modo che abbiamo per imparare ad amare anche gli altri. Partendo da noi e imparando a dire no a quello che non ci va più bene.

Angela Amendola 

Grazie dottoressa per le spiegazioni che ha dato. Ricordo a tutti che il 18 aprile ci sarà la presentazione online del nuovo libro della Dottoressa “Le parole per difenderci“.

Per chi volesse avere notizie dettagliate visitate il sito  www.cinziamammoliti.it.

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