Per chi suona la campana

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<< Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso;

ogni uomo è un pezzo del continente,

una parte del tutto.

[…]

La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché

io sono parte dell’umanità.

E dunque non chiedere mai per chi suona

la campana: suona per te >>.

I versi che ho riportato sono di John Donne (1572 – 1631) poeta inglese, si trovano nella Meditazione XVII in Devozioni per occasioni di emergenza.

Da prima delle feste di fine anno, queste parole mi tornavano in mente come se mi dovessero ricordare qualcosa ed invece esse erano state suggerite dalle cronache di quei giorni che parlavano di virus, ricoveri, malati e cose simili che da più di due anni sono argomento preferito di giornali e telegiornali.

Forse è solo stanchezza ma non ho mai dimenticato le terribili file di camion che trasportavano i morti di covid in paesi vicini perché non c’era più posto in città.

Dopo aver trascorso un’estate quasi normale, ho la sensazione che stiamo scivolando verso situazioni tutt’altro che normali.

Il numero dei morti inizia a salire in modo preoccupante e quindi il pensiero torna a quelli che non ci sono più e in ogni assenza sento ciò che diceva J. Donne, che facciamo parte di una umanità e perdiamo qualcosa ogni volta che un pezzo di essa si allontana.

La morte in sé non fa paura, sappiamo tutti di dover morire ma la noncuranza che circonda queste morti provoca dolore e la paura che intorno a noi ci sia tanta indifferenza.

Le file indecorose che si formano per fare i tamponi per poter andare ai cenoni o ai veglioni sono, per me, il segno di questa indifferenza.

Come si può fare festa in un momento come questo in cui tanta gente soffre? Come si può avere il cuore leggero in un momento in cui non abbiamo nessuna prospettiva di felicità futura o di certezze?

Forse le risposte le avrei avute ma in quei giorni non mi sentivo la maestrina che impartisce lezioni. Poi, queste sono solo parole, la notte del 31 dicembre arriva e si fa festa.

Non io, coerentemente con i miei pensieri, non ho partecipato ad alcuna riunione né ho trovato grande entusiasmo nei partecipanti a spettacoli televisivi che ho appena intravisto.

Alla fine “l’anno vecchio se ne va e mai più ritornerà” recitava una vecchia filastrocca. Siamo, infatti, nell’anno nuovo da appena tre giorni.

I problemi sono sempre gli stessi. Ai nostri, che appaiono niente a confronto di quelli di altri, si aggiunge il pensiero delle povere persone che passano il loro inverno nei boschi, all’aperto ai confini dell’Europa; dei popoli non raggiunti dal vaccino; dei migranti che sfidano il mare per inseguire la speranza e il sogno di una vita migliore; delle donne violentate e uccise; del clima impazzito e tanto altro…

Il filosofo francese Blaise Pascal (1623 – 1662) sosteneva che l’uomo è capace di “miseria” che gli consente di compiere azioni malvage ed errori, ma ha in sé anche una “grandezza” che gli consente di sfidare l’infinito, di compiere opere ammirevoli e, nell’anno appena iniziato, spero che l’uomo scopra la scintilla divina che è in lui, si alzi e agisca per il bene di tutti.

Il 3 gennaio del 1925, qualche mese dopo l’uccisione del socialista Giacomo Matteotti, Mussolini tenne in Parlamento un duro discorso in cui esprimeva il suo disprezzo per quel luogo istituzionale e per le persone lì presenti. Fu quello l’inizio di una dittatura che l’Italia dovette subire per venti anni.

Quando sento, oggi, parlare di dittatura per i decreti del governo di fronte alla pandemia, penso che pochi conoscano la storia e, soprattutto non sappiano che le parole oltre al suono hanno anche un significato con una pregnanza che ne definisce i contorni.

Diciamo allora, con chiarezza che la libertà è quella che hanno espresso, scegliendo, coloro che si sono vaccinati e che oggi sono liberi di muoversi. I non vaccinati sono prigionieri delle loro paure, dei pregiudizi, della faciloneria, di ciò che viene diffuso per confondere le idee.

Allora, per chi suona la campana? Di questi tempi suona per coloro che non confidano nella scienza, ma la campana ha un suono felice quando risveglia gli altri, quando ricorda ricorrenze .

Nel Medioevo, la campana era fondamentale per la vita di una cittadina. I suoi rintocchi scandivano il giorno e la notte, le attività quotidiane e annunciavano feste o raduni; le campane suonavano per chiamare a raccolta gli uomini del paese per andare a lavorare o per fare la guerra, in ogni caso per agire.

Sarebbe bello che oggi suonasse non per ricordare la morte di qualcuno ma la vita di tutti gli altri che continua, produce, protegge.

 Gabriella Colistra

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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