Mamma li Turchi!

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Nei giorni appena trascorsi si è verificato un episodio che è rimbalzato e riportato su tv, giornali, social e ogni altro mezzo di comunicazione.

Una delegazione della comunità europea composta da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione e Charles Michel, presidente del Consiglio si è recata in Turchia per incontrare Erdogan al fine di consolidare e migliorare le relazioni tra Unione Europea e Turchia. Arrivati nel salone del colloquio, le poltrone erano solo due e su di esse si sono accomodati tranquillamente Erdogan e Michel, lasciando l’unica signora presente a doversi cercare un altro posto per partecipare alla riunione.

Nessuno stupore per il comportamento di Erdogan che ha, con la sua politica, ampiamente dimostrato di non amare le donne e dentro di sé si sarà compiaciuto della sua maleducazione nei confronti dell’ospite femminile.

Quello che stupisce è il comportamento del civile, europeo Michel che avrebbe dovuto cedere il posto alla signora e sbattere in faccia ad Erdogan tutto il disprezzo che il gesto avrebbe evidenziato. Invece no, per compiacere il dittatore, o perché sotto l’aria di persona perbene si nasconde il solito uomo, vigliacco e vanesio che si lega sempre al più forte.

Magra e inutile la consolazione che la von der Leyen abbia potuto parlare in difesa delle donne, non credo che abbia convinto alcuno, tanto meno il turco antifemminista e, per la nostra cultura, cafone.

Di fronte a queste scene, per quegli strani giochi associativi che fa la nostra mente, ho pensato: Mamma li Turchi! Espressione usata molti secoli fa e tante volte incontrata studiando e leggendo storia.

L’espressione pare risalga al 1480 quando i turchi sbarcarono in Puglia per saccheggiarla e, di fronte alla reazione degli abitanti, ne uccisero 800. Altre versioni lo riferiscono al grido lanciato dai ragazzi alle madri per avvisarle dell’arrivo dei pirati turchi, ché si preparassero a lanciare dai balconi oggetti su questi, quando fossero passati per le strade.

Nel Medioevo e anche dopo, le scorrerie dei pirati saraceni furono frequenti soprattutto nell’Italia meridionale, mentre in Terrasanta si combatterono le crociate.

I rapporti furono a fasi alterne a favore degli uni o degli altri e, soprattutto nel Medioevo, furono gli europei ad entrare per interessi commerciali nel mondo musulmano piuttosto che viceversa.

Dalla metà del sec. XIII, i turchi si rivolsero verso l’Europa, dopo aver conquistato Costantinopoli, città dell’Impero bizantino, cercarono di giunger a Venezia e Genova senza riuscirci ma alle due città italiane furono chiuse molte vie commerciali verso l’Oriente. In questa fase di espansione turca si colloca il massacro dei pugliesi di cui dicevo prima, e i musulmani, nei loro discorsi, chiamavano il mar Mediterraneo un <<lago turco>>; mentre proseguiva la loro espansione verso l’Europa, sulle coste dei paesi sul mare continuavano incessanti atti di pirateria contro gli abitanti di quei territori.

Nel 1532, passando dai Balcani conquistati arrivarono alle porte di Vienna. Fu quello il periodo di maggior espansione dell’Impero turco, la capitale Istanbul era una delle più grandi città del mondo con i suoi 400.000 abitanti e lasciava ammirati i viaggiatori del tempo per lo splendore dei palazzi e la magnificenza delle sue moschee.

I condizionamenti subiti dalle popolazioni europee spinsero Venezia ad allearsi con la Spagna e costituire la Lega Santa che nel 1571, a Lepanto, nel golfo di Corinto, nella più grande battaglia navale di tutti i tempi, inflisse una dura sconfitta ai turchi che non tentarono più di estendere il loro potere nel Mediterraneo occidentale. La vittoria fu molto celebrata ed è rimasta nell’immaginario collettivo come la battaglia decisiva per allontanare dal mondo cristiano il pericolo costituito dai musulmani.

Probabilmente non fu così, la battaglia aveva provocato numerosi morti da una parte e dall’altra, molte navi furono distrutte, si pensò che fosse meglio deporre le armi e dedicarsi agli scambi e ai rapporti commerciali più piacevoli e redditizi. Dopo pochi decenni, l’Impero turco si avviò verso una lenta ma inarrestabile decadenza fino al crollo definitivo, quando, alla fine della prima guerra mondiale, l’Impero fu dichiarato decaduto. Al suo posto, con un territorio molto ridotto in quanto ad estensione, nacque la Turchia.

Il nuovo Stato conobbe un periodo di riforme quando fu guidato da Mustafà Kemal detto Atatürk (padre dei turchi) che, nonostante esercitasse un potere autoritario, si impegnò a realizzare una politica di occidentalizzazione e di laicizzazione che lo portò a scontrarsi con i musulmani tradizionalisti ma riuscì ad imporre riforme più liberali.

Dopo la sua morte, avvenuta nel 1938, gruppi a lui vicini riuscirono a mantenere lo stato laico e moderno finché nelle elezioni del novembre del 2002 si affermò un partito islamico – moderato guidato da un certo Recep Tayyip Erdogan che fu confermato nel 2007, nel 2011 e ancora oggi è al potere.

Una difficoltà vissuta dalla Turchia, nel Novecento, è stata la contrapposizione tra coloro che vorrebbero una Turchia laica, libera dal condizionamento religioso e quelli che vorrebbero uno stato islamico. Erdogan è scivolato consapevolmente da un atteggiamento moderato ad uno più radicale. Un primo segno è la repressione sanguinosa del movimento separatista curdo, da qui un progressivo andare verso un atteggiamento di limitazione delle libertà a danno soprattutto delle donne che arretrano quanto più il radicalismo islamico avanza.

Nel 2011, la Turchia aveva firmato la Convenzione di Istanbul, un accordo tra gli Stati che vietava la violenza sulle donne, questo accordo era stato condiviso quando Erdogan era al potere, ed è stato lui a ritirare di recente l’adesione con la motivazione che danneggerebbe l’unità delle famiglie in Turchia, favorendo il divorzio e l’omosessualità. Ciò fa temere un incremento della violenza sulle donne che già conta due donne al giorno, uccise dal marito o da un familiare, e violenze di ogni tipo che vengono esercitate sulla parte più debole della società.

Erdogan ha cambiato idea nel tempo? Non credo. Gülseren Onanc, mediatrice politica, in una intervista ha ricordato che Erdogan << proviene da un villaggio conservatore e conserva quella visione del mondo: le sue radici politiche sono fondate su valori radicali islamici, ottomani>>.

Nella sua ascesa politica ha vestito panni di agnello, nascondendo la sua vera natura, per guadagnare l’ingresso nella comunità europea, ingresso di cui non si parla più dopo le recenti iniziative. Per fortuna, mi viene da dire, ma non ho sempre pensato così. Fino a poco tempo fa ero favorevole all’ingresso della Turchia nella Comunità Europea perché pensavo che pur attraverso le difficoltà si potessero trovare motivi di accordo su temi fondanti una possibile unione politica.

Non pensavo così mentre leggevo i bellissimi libri di Orhan Pamuk, uno scrittore turco che nel 2006 ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Nei suoi libri le contraddizioni del mondo che racconta sono vive, Oriente ed Occidente, tradizione e modernità, convivono, si scontrano e si addolciscono nel racconto. Istanbul, la città di cui parla è reale ma sembra fiabesca, attraversata da una grande malinconia, i giardini hanno colori e profumi, gli uomini hanno sentimenti e passioni, dolori come ogni uomo del mondo. La luce del mare, del sole, la vita raccontata rendevano quel mondo vicino, familiare, condivisibile.

Oggi non è così, lo stesso Pamuk è stato perseguitato in Turchia e credo che ora viva negli Stati Uniti. Bene ha fatto il presidente Draghi a definire Erdogan un dittatore, perché lo è, motivo per cui non credo sia possibile, al momento, un dialogo costruttivo. Un dittatore che ha fatto con l’Europa gli accordi per il respingimento dei migranti che vengono dai Balcani e da alcune zone dell’Est.

Non voglio pensare ai metodi con cui il dittatore respinge i migranti che usa, quando serve, come arma di ricatto nei confronti di un’Europa impaurita e balbettante che ha anche i suoi scheletri nell’armadio. Ma questo è un altro discorso.

Continueremo a fare accordi e avere rapporti con la Turchia, digeriremo l’arroganza di chi sostiene che non possiamo dare lezioni di democrazia ai Turchi (!) e lo faremo perché la politica è compromesso e come ogni rapporto avrà alti e bassi, luci ed ombre.

Intanto sentiamoci felici di essere nati in questa parte del mondo, piena di difetti e problemi ma che consente ad una donna di dire ciò che pensa e vivere come crede senza dover chiedere il permesso ad alcuno.

Gabriella Colistra

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

La filosofia dell’avvenire

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