La filosofia dell’avvenire

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Alla morte di G. Hegel, avvenuta nel 1831, i suoi discepoli iniziarono a dividersi per pareri diversi nell’interpretazione delle opere del filosofo.

Fu così che uno di loro, David Strauss, nel 1837, prese a prestito la tradizionale divisione del parlamento francese in Destra e Sinistra e così furono definiti i due gruppi dei filosofi hegeliani.

Il problema che divise Destra e Sinistra fu soprattutto quello religioso.

Nel sistema hegeliano, religione e filosofia esprimevano ambedue la verità più alta a cui potesse giungere l’uomo, solo che la religione lo faceva in forma “rappresentativa”, la filosofia in forma “speculativa”.

La Destra sosteneva che, essendo la verità unica, religione e filosofia si potessero conciliare, come era avvenuto nel Medioevo quando la filosofia di Aristotele era stata usata per difendere e giustificare la fede.

La Sinistra sosteneva, invece, che Hegel avesse differenziato religione e filosofia perché esse non erano identiche, inoltre, ponendo sul gradini più alto la filosofia, aveva decretato il superamento della religione.

Tra gli esponenti della Sinistra, un posto di rilievo è occupato da Ludwig Feuerbach (1804 – 1872) che opera una critica dell’hegelismo pur conservando la dialettica che per Hegel rappresentava la struttura della realtà, e il concetto di alienazione che indica il diventare altro da sé.

Feuerbach definisce la filosofia di Hegel una teologia in quanto in essa vede la derivazione di tutti gli esseri da un’Idea che potrebbe essere paragonata alla divinità: l’Idea crea la natura, Dio crea la natura; l’essere materiale è posto dall’Idea, l’essere materiale è posto da Dio; quindi, nella filosofia di Hegel, l’Idea ha il posto che nella teologia ha Dio.

Feuerbach ritiene che si debba operare un rovesciamento della situazione: non deve essere l’Idea, il pensiero che pone l’essere ma l’essere che pone il pensiero, l’Idea. In altre parole, bisogna compiere il passaggio dalla teologia all’antropologia. Con ciò, Feuerbach pone l’uomo al centro di tutto, non è più l’essere finito che deve migliorare sé stesso fino a raggiungere l’infinito ma è l’infinito che entra nel finito.

L’uomo, nel suo sentire si accorge che pur avendo un corpo, come gli animali, si distingue da questi per avere una diversa natura:

<<La bestia è sensibile solo al raggio di luce necessario alla vita, l’uomo invece, gode anche del raggio inutile della stella più remota. Solo l’uomo ha gioie ed affetti puri, intellettuali, disinteressati.>>

L’uomo quindi non è solo corpo, ma anche pensiero, sentimento, sogno, desiderio, volontà e attraverso ciò che prova, sente l’infinito dentro di sé.

L’infinito, Dio non è altro che una proiezione dell’uomo che nel suo desiderare, volere, sognare, supera i limiti dell’esperienza e si sente proiettato in un infinito a cui ha dato il nome di Dio. E’ questa l’alienazione, termine usato anche da Hegel per indicare ciò che diventa altro. Quindi, la coscienza che l’uomo ha di Dio non è altro che la coscienza che l’uomo ha di sé. La religione, in effetti, rivela l’intima natura dell’uomo, è la << pubblica professione dei suoi segreti d’amore >>.

Feuerbach ritiene di costruire così quella che chiama filosofia dell’avvenire, liberata dalla teologia. La teologia e le religioni affondano le loro radici nel mondo primitivo quando gli uomini provarono paura per i fulmini ed altri fenomeni naturali che provocavano disastri e terrore. Ma la natura era anche necessaria all’uomo perché forniva il cibo per il proprio sostentamento e fu proprio la natura ad essere considerata la prima divinità.

Nel tempo l’uomo sentì nascere il desiderio delle cose e, nella difficoltà di realizzarle, diventò consapevole di propri limiti, ma non riusciva a comprendere ciò che la filosofia dell’avvenire di Feurbach gli ha fatto capire: che l’infinito è in lui, che la sua immortalità è nella sua specie, nell’unione agli altri.

<< Hegel pone l’uomo sulla testa, io lo pongo sui suoi propri piedi, riposanti sulla geologia>>.

IL rovesciamento operato da Feurbach porta ad una visione materialistica tale che nei suoi scritti si trova la frase curiosa: l’uomo è ciò che mangia.

<< I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello, in materia di pensieri e sentimenti. Se volete fare migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia >>.

Al materialismo di Feuerbach si aggiunge l’esigenza che l’uomo non viva isolato ma si formi come uomo attraverso il dialogo e l’interazione con un altro uomo.

<< Le idee scaturiscono soltanto dalla comunicazione, solo dalla conversazione dell’uomo con l’uomo. L’uomo si eleva al concetto, alla ragione in generale, non da solo, ma insieme con l’altro >>.

Nella conversazione con l’altro, l’uomo allarga i propri orizzonti, impara cose del mondo che l’altro gli comunica, confrontandosi con l’altro, conosce meglio sé stesso, la propria interiorità. Comprende anche che non è avendo paura di una dannazione eterna, prospettata dalla religione, si potrà diventare esseri morali perché sarà solo la paura del castigo a non farci agire male e non una convinzione interiore.

E’ l’amore che unisce gli uomini e distrugge l’egoismo, l’unione tra gli uomini, però, avverrà solo se si sarà consapevoli che Dio siamo noi, che è dentro di noi la legge morale e umana che ci libera dal bisogno di Dio.

Potrebbe quindi nascere un umanesimo filosofico che si basi sul passaggio dall’amore per la fede all’amore per l’uomo e per il mondo. Si costruirà così una religiosità laica che avrà un orizzonte storico e non trascendente. Si rinuncerà alla beatitudine celeste ma si contribuirà all’incivilimento delle comunità, non ci sarà l’agàpe cristiano ma l’amore sensuale. Feuerbach è convinto che ciò sia possibile perché crede fortemente ad una innata bontà dell’uomo.

Siamo in pieno Ottocento, quando si inizia a pensare che l’uomo debba emanciparsi e prendere coscienza, attraverso la filosofia, che la società borghese e l’industrializzazione avanzano e si prospettano progresso e un magnifico destino per tutta l’umanità.

L’ottimismo ottocentesco si infrangerà nella prima guerra mondiale che farà scoprire agli uomini che un progresso illimitato produce anche rischi e non solo felicità e la “spagnola”, la terribile epidemia di influenza iniziata nel 1918, proprio l’anno in cui finì la guerra, fece addirittura pensare che fosse vicina la fine del mondo.

Lo scoppio della guerra fu determinato, anche, dal fallimento delle diplomazie, le pandemie si ripetono nella storia, eppure sembra che sia sempre la prima volta. Non impariamo nulla dal passato, forse per questo mi piace il dialogo di cui parla Feuerbach, un dialogo sincero, solidale, costruttivo come sembra tante volte che gli uomini non sappiano fare.

Anche in un contesto facilmente accessibile, quello dei social, accanto a chi tenta di costruire reti di amicizia e solidarietà, che ritengo importanti in momenti in cui siamo prevalentemente isolati e distanti, si trovano i censori dei pensieri altrui, i giudici delle parole dell’altro, i falsari dell’informazione.

Dobbiamo invece parlare, parlar chiaro, dialogare e insieme costruire un futuro migliore del tempo passato.

Gabriella Colistra

Clicca il link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

Etica della comunicazione

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