Alcuni giorni fa ascoltavo un affascinante racconto sulla tragedia greca. Ad un certo punto ho iniziato a seguire il corso dei miei pensieri e mi sono ritrovata nel 1871, anno in cui il filologo F. Nietzsche (1844 – 1900) pubblicò il libro La nascita della tragedia dallo spirito della musica.
Nietzsche era professore di filologia all’università di Basilea ed iniziava a diffidare di questa disciplina che gli sembrava incapace di osservare il mondo classico nel suo autentico significato poiché la filologia ufficiale considerava quel mondo un insieme di oggetti ormai irrigiditi e senza vita.
Per il giovane filologo il mondo greco è decadente ma lo si può trovare ancora nella musica e nel sentimento religioso popolare.
Condizionato fortemente dalla lettura di un’opera di Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, che lo spingerebbe ad un radicale pessimismo, accetta da questi l’idea che il mondo sia dolore e rinuncia ma se ne oppone con un disperato amore della vita.
Negli stessi anni è molto attratto dalla musica di Wagner che considera la musica l’arte per eccellenza, l’unica capace di esprimere l’interiorità inesprimibile, quella più lontana dal concetto; per Nietzsche, infatti, il concetto blocca la vita nell’esteriorità, frena la creatività che esprime l’essenza del mondo.
Amore per la musica e visione tragica della vita si legano nella tragedia che diventa per Nietzsche la chiave interpretativa degli enigmi dell’essere e della vita. Per esprimere, quindi, la concezione estetica Nietzsche ricorre al mito greco dove ritrova due divinità: Apollo e Dioniso.
Apollo è il dio della luce, della misura e della forma, simboleggia l’arte classica che trova la sua espressione nella scultura e nell’architettura greche.
Dioniso è il dio della notte, dell’ebbrezza, dello smisurato e caotico; è espresso dalla musica che genera passione. Apollineo e dionisiaco si fondono mirabilmente nella tragedia greca ed esprimono i due aspetti della vita che cerca armonia ed equilibrio ma viene interrotta bruscamente dal caos e dall’irrazionale.
È proprio l’irrazionale che domina nella tragedia, il dionisiaco prevale portando sofferenze e morte, ma la vita continua con il suo bisogno di ordine per ricadere nel caos, nell’imprevedibile.
La tragedia viene uccisa da Socrate che vuole chiudere l’esistenza nel concetto facendo così prevalere la ragione. Sulla scena è Euripide che introduce il dibattito teorico e il realismo quotidiano nella tragedia che non rappresenta più la tensione tra due principi ma cerca di dare forma razionale ad ogni aspetto della vita. All’uomo tragico si contrappone e si sostituisce l’uomo teoretico che prevarrà nella filosofia dei secoli successivi.
L’opera di Nietzsche non fu accolta bene dai filologi, in effetti il filologo Nietzsche era diventato ormai un filosofo che aveva espresso la sua visione della vita, condizionata da un gioco di forze che governano l’uomo. L’apollineo, il sogno che pure serve ad accettare la vita con il suo carico di dolore portato dal dionisiaco che è vita anch’esso perché dopo il dolore, la vita riprende.
Il dualismo che troviamo in Nietzsche troveremo qualche decennio dopo in S. Freud che parlerà di eros e thanatos, pulsioni di vita e di morte presenti in ogni individuo.
Eros è vita, socialità, comunità; thanatos è conflitto, distruzione ed autodistruzione. I due principi condizionano la vita come già facevano apollineo e dionisiaco e contribuiscono a creare, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento quella tendenza alla distruzione di certezze fondamentali che resero più incerti e più insicuri gli anni fino ad allora dominati dall’ottimismo positivistico.
Vita e morte, armonia e caos sono i principi presenti in noi e operanti ognuno in modo diverso, lo penso spesso in questo tempo in cui sembra che prevalga la contrapposizione su ogni cosa.
Certo è thanatos con il suo potenziale di distruzione che prevale nella guerra che si sta combattendo alle porte dell’Europa. Le tragiche immagini, le morti inutili e inaccettabili, il caos che si è scatenato perché in qualcuno si sono accesi vecchi sogni di gloria destinati a finire ingloriosamente. Vengano pure distinguo e precisazioni per spiegare e capire, ciò che accade non ha senso; è facile immaginare che al vincitore resteranno solo macerie, morali e materiali.
Gabriella Colistra
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