La donna più brutta del mondo…

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Su invito dell’ADGI sezione Milano traggo spunto della storia de “la donna più brutta del mondo” per parlare di body shaming.

Ecco la storia!

Mary Ann Webster nacque a Londra nel dicembre del 1874.

Era una bellissima giovane donna, della working class, indipendente, che da subito iniziò a lavorare come infermiera. Si sposò all’età di ventinove anni con un fioraio, Thomas Evan, a cui diede quattro figli.

La vita è una continua sfida per questa famiglia, anche economica.

Nel 1914 il marito muore, senza lasciarle un’eredità. Mary Ann è vedova, madre di quattro figli e lavoratrice, agli inizi del ventesimo secolo.

Il tempo della morte del marito è in uno lo scoccare dell’inizio della sua morte: una metamorfosi della sua vita, molto più profana delle metamorfosi kafkiane, ma certamente accomunata dal tema del diverso, dell’emarginato dalla società e dagli affetti per aspetto, idee e scelte.

Sul volto di Mary Ann si manifestano, come in una tela cubista, i sintomi della acromegalia, una malattia neuroendocrina dovuta a un eccesso di ormoni della crescita, che causa atroci cefalee e dolori muscolari e sintomi gravissimi che intaccano gli organi.

Mary Ann è l’unica fonte di sostentamento per i suoi figli.

Continua la sua vita di sempre, con un volto diverso, con un corpo che si impossessa della sua anima.

I problemi si aggravano e sceglie di compiere un sacrificio d’amore.

Si iscrive, trionfando, al concorso per la donna più brutta del mondo.

Lo spirito di Mary Ann è mascherato da quel volto deforme, ma il premio vinto sfama i suoi figli.

Era l’epoca del circo e delle attrazioni.

Abbandonato il suo volto, la sua bellezza e i sogni, così come il suo lavoro, viene assunta come fenomeno da baraccone, prima nel Regno Unito, poi per esibirsi negli Stati Uniti al “Coney Island Dreamland Sideshow”, come bestia da palcoscenico, dove ha continuato a lavorare fino alla sua morte sopraggiunta nel 1933, a soli cinquantatre anni.

E’ sepolta nella sua Londra. Il suo corpo poteva anche viaggiare per il mondo, ma la sua anima era sempre quella della Londra ove nacque.

Nessuna umiliazione poteva essere così grande da superare la fierezza di aver cresciuto dignitosamente i suoi figli.

Quello di Mary fu un vero caso, di cui si interessò la medicina e la stampa.

Il neurochirurgo Harvey Cushing arrivò addirittura a inviare una diffida alla rivista Time, denunciando un uso improprio dell’immagine deforma della sua paziente per pura ilarità.

Siamo di fronte a una denuncia di body shaming del 1927.

Mary non si allineò al dr. Cushing.

Queste le sue parole a un giornale: Non ha importanza come mi vedono gli altri, è importante come io vedo i miei figli e li vedo con gli occhi dell’amore di una madre”.

A guardarlo bene, il volto di Mary Ann sembra quasi un’opera di Picasso.

Scomposta forse, ma intrisa di emozioni e amore.

Ed ecco il mio articolo!

Mary Ann Webster, la donna più brutta del mondo?

La storia di Mary Ann Webster, la donna più brutta del mondo, mi ha profondamente colpito.

A dire il vero i miei occhi non vedono una donna “brutta”, vedono una donna sofferente che con grande determinazione e coraggio ha deciso che la sua vita non poteva essere vittima del suo aspetto fisico.

A mio parere è stata lei, con la sua intelligenza, la sua dignità e col suo ingegno a “sfruttare” quei piccoli uomini e quelle piccole donne che partecipavano agli spettacoli per deriderla. E non il contrario.

Lei è stata più forte di tutto e tutti e ha realizzato quello che era il suo obiettivo: crescere dignitosamente i propri figli. Questo basta per renderla una grande Donna e una grande Madre.

Il suo amore incondizionato di madre ha vinto ogni ostacolo. L’involucro esterno, d’altra parte, non definisce mai il valore di una persona che è sempre insito in ognuno di noi.

È chi ridicolizza qualcuno, soprattutto per il corpo, che non ha dignità e si definisce per quello che è: un maleducato e un superficiale!

Lei, a ben vedere, bellissima era prima della malattia che l’ha completamente deturpata e bellissima è stata dopo. La sua è la bellezza più importante, la bellezza dell’anima e la si può ritrovare in tutte quelle madri che fanno di tutto per non far mancare un piatto in tavola ai propri figli.

Fortunatamente nel tempo ci sono stati molti progressi nel campo della prevenzione e della cura dell’acromegalia (una malattia relativamente rara, poiché colpisce circa 40 individui su 1 milione, con un rapporto maschi/femmine di 1 a 1), tuttavia, ancora oggi il corpo umano è oggetto di insulti e derisioni.

Tale condotta oggi ha un nome: body shaming, che significa “far vergognare qualcuno per il proprio corpo” e che è a tutti gli effetti una vera e propria forma sia di bullismo che di cyberbullismo.

È un fenomeno molto serio e radicato, un comportamento a volte feroce e per questo motivo va combattuto con fermezza. Devo dire però che, ultimamente, grazie alla crescente consapevolezza sul tema è sempre meno socialmente accettato.

Si manifesta con commenti o critiche inopportune e gratuite con le quali si insulta, si offende o si ridicolizza qualcuno per il proprio aspetto fisico.

Si tratta di pratiche deplorevoli che fanno stare malissimo chi le subisce e che sono sempre esistite ma che oggi vengono reiterate 24 ore su 24 e hanno una cassa di risonanza maggiore per via dei social.

Praticamente la vittima viene scelta tra chi non rientra nei rigidi canoni che ci vengono imposti da tv o riviste patinate e presa in giro sistematicamente e ripetutamente, sia nella realtà che in rete, per il suo aspetto o per qualche disabilità fisica.

L’impatto su chi lo subisce è sicuramente devastante: la vittima può sviluppare patologie depressive e pensieri suicidari, comportamenti autolesivi, può non aver voglia di uscire o di andare al lavoro o a scuola, pensa di non valere nulla, si sente rifiutata e per gli adolescenti, soprattutto i più sensibili, questo rappresenta un vero e proprio incubo.

L’obiettivo del body shaming è di rendere le vittime meno sicure di loro stesse.

Ma perché?

Le ragioni del comportamento degli aggressori sono le stesse che spingono i bulli: si tratta di motivazioni banali: essenzialmente la ricerca della visibilità ed il bisogno di attrarre l’attenzione su di sé. È chiaro che si tratta di persone non empatiche, frustrate e invidiose.

L’autore dell’aggressione non pensa che dall’altra parte dello schermo c’è una persona reale, in carne ed ossa, con emozioni e sentimenti che soffre. Lo schermo de-responsabilizza l’autore delle azioni, lo fa sentire protetto ma in realtà lo espone a possibili reati.

Da un’indagine di Skuola.net emerge che quasi 9 adolescenti su 10 hanno subito body shaming almeno una volta nella vita. Infatti, questo fenomenoInizio modulo colpisce più gravementeFine modulo soprattutto gli adolescenti almeno per due ragioni:

  1. la prima è relativa alla fisiologica insicurezza sulla propria identità sia psichica che fisica a causa del corpo che cambia, a volte rapidamente, e per ogni adolescente farsi accettare, per com’è, è fondamentale. Spesso fanno fatica ad accettarsi loro stessi…
  2. La seconda ragione è che sono sempre connessi ad internet, magari hanno più profili, confondono il reale con il virtuale, per loro essere “seguiti” sui social ed accettati è simbolo di valore.

E’, dunque, facile immaginare quanto sia potenzialmente devastante per un adolescente ritrovarsi insultato o deriso su un social network.

Questa pratica riprovevole, infatti, si concretizza mettendo in evidente imbarazzo la vittima con insulti, volgarità, allusioni, sarcasmi, doppi sensi e perfino ingiurie.

Vittima di body shaming può però essere chiunque, a prescindere dal sesso e dall’età e per qualsiasi particolare: dal colore dei capelli all’apparecchio ai denti, dagli occhiali da vista ai tatuaggi, dall’altezza alla corporatura.

Pertanto, tale condotta può colpire sia le donne che gli uomini, sia i giovani che gli anziani.

Le donne sono spesso prese di mira per la pancia, il fondo schiena, il peso, gli uomini per la muscolatura, gli adolescenti per l’abbigliamento, l’imperfezione della pelle e così via.

Ciò perché canali web e televisione ci propinano modelli dal fisico scultoreo, corpi perfetti, che non invecchiano mai,

Un confronto senza pari che genera quasi sempre insoddisfazione, delusionefrustrazione soprattutto tra gli adolescenti.

Ma è proprio così?

Esistono davvero questi fisici perfetti senza rughe né cellulite?

O è tutta una finzione?

Qui vorrei fare due ordini di considerazioni:

1) la perfezione non esiste e non esiste nemmeno tra i personaggi che abbiano una certa popolarità.

2) Non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno per essere accettati per come siamo. Ogni persona è unica e questo la rende speciale.

Non dobbiamo mai fermarci all’apparenza, dobbiamo essere consapevoli che quei fisici perfetti a cui tanto aneliamo spesso sono frutto di filtri, luci, photoshop, ritocchi e quant’altro.

Basterebbe solo questo per far capire a chi ha una scarsa autostima che si tratta solo di un mondo finto.

Tuttavia, la realtà viene ignorata e si preferisce soffrire pensando di non essere perfetti.

Per contrastare questo fenomeno, molti personaggi famosi hanno deciso di non essere giudicati per il proprio aspetto fisico e hanno “denunciato” pubblicamente episodi di body shaming.

Sotto attacco c’erano quasi sempre le loro forme.

Vi ricorderete “la gamba importante” di Emma Marrone e gli attacchi del haters su Vanessa Incontrada perché faceva sport e secondo “i leoni da tastiera” una bellissima donna  non deve fare nulla per mantenersi in salute.

Ecco perché si stanno formando dei veri e propri movimenti che puntano all’accettazione di sé (body neutrality), vale a dire la volontà di non associare più la felicità al proprio corpo ma di vivere più tranquillamente il rapporto con sé stessi.

Quello che vorrei comprendessero gli adolescenti è che il valore di una persona non passa né dal corpo né dal rapporto che si ha con esso, bensì dalla persona nella sua interezza.

E credo che le imperfezioni che un corpo, femminile e maschile, può avere, non devono essere oggetto di discussione. Mai.

Purtroppo, però, moltissime sono le vittime ed il fenomeno, ancora sottovalutato, è trasversale: esiste al nord come al sud, tra ricchi e poveri tra adolescenti o donne adulte. Potenzialmente, chiunque può esserne vittima perché troppo in carne o troppo magro oppure troppo alto o troppo basso.

Ovviamente questo fenomeno provoca nelle vittime un vortice di emozioni (che vanno dal disagio momentaneo a situazioni molto più gravi) e stati di ansia, angoscia, vergogna, rabbia oltre alla paura di essere rifiutati e non accettati.

In alcuni casi i bullizzati si ammalano di anoressia e bulimia, in casi più drammatici le vittime arrivano al suicidio, poiché incapaci di accettare il proprio corpo o perché non sopportano più di essere offesi pubblicamente.

Il corpo, l’apparenza, diventano tanto importanti da non prendere nemmeno in considerazione ciò che conta davvero, vale a dire il carattere, il talento e l’intelligenza della persona.

Ad ogni modo affrontare il body shaming si può, anzi si deve.

Per quanto, al momento, non ci siano ancora leggi specifiche, in certi casi il body shaming può configurarsi come reato. In particolare, si può parlare di:

Diffamazione: che consiste nel ledere la reputazione di una persona attraverso offese pubbliche e commenti irriguardosi detti in assenza della vittima e giunti a conoscenza di almeno due persone.

Se gli insulti sull’aspetto fisico sono fatti attraverso l’uso dei social network, la diffamazione sarà aggravata. Nella sentenza n. 50 del del 2 gennaio 2017, la Corte afferma:

la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma cod. pen., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone;[…] ampliando e aggravando in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica

In questo caso, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, oppure la multa non inferiore ad euro 516.

Stalking: si ha quando questo comportamento viene portato avanti per lungo tempo, con condotte idonee a creare nella vittima uno stato di ansia o di paura persistente spingendola a modificare le proprie abitudini di vita (ad esempio a non uscire dalla propria abitazione per la vergogna o a non frequentare alcuni ambienti per paura di essere insultata).

Per tutelarsi è necessario denunciare alle Forze dell’Ordine quanto sta accadendo portando elementi di prova, quali ad esempio screenshot dei commenti denigratori.

Negli episodi più gravi, infine, il body shaming può integrare il reato di istigazione o aiuto al suicidio.

Se ci si ritrova in una di queste casistiche si può sporgere querela presso l’autorità competente e se le indagini porteranno al rinvio a giudizio dell’aggressore la vittima potrà costituirsi parte civile e chiedere un risarcimento per danni.

Un altro modo di tutelarsi, se le offese avvengono sul web,  è  quello di utilizzare gli strumenti previsti dalla legge contro il cyberbullismo.

In particolare, si potrà:

  • chiedere l’oscuramento dei siti internet sui quali avviene il body shaming;
  • fare reclamo al Garante per la privacy;
  • fare segnalazione ai genitori del cyberbullo;
  • chiedere l’ammonimento del questore, nel caso in cui il body shaming costituisca anche reato.

A gennaio 2020 l’allora deputato Filippo Sensi ha raccontato in aula la sua personale esperienza e ha commosso tutti. In quell’occasione la Camera ha approvato con 234 voti a favore la proposta di legge contro il body shaming e il fat shaming. Questo documento prevede 8 articoli che rappresentano un’estensione della legge sul cyberbullismo, approvata nel 2017.

E’ stata prevista infine la creazione, da parte del Ministero, di una piattaforma di e-learning per i docenti, finalizzata all’adozione di strategie anti-bullismo ed è stato inoltre attivato un numero telefonico di assistenza gratuita attivo 24 ore su 24 (il 114) e un’app anti-violenza per permettere alle vittime di ricevere ascolto e supporto.

Si tratta di importanti strumenti di difesa previsti dalla legge sul cyberbullismo e utilizzati anche per il body shaming. Uno dei modi più efficaci di affrontare il body shaming è, tuttavia, la prevenzione.

La speranza è che la sensibilizzazione sul tema possa servire e che le vittime possano ricevere un sostegno sempre maggiore sia da un punto di vista sociale che legale.

Per una buona “difesa” sarebbe anche utile recuperare la propria autostima, amare sé stessi e il proprio corpo. Nei casi più delicati rivolgersi a professionisti del settore, come ad esempio dietologi e psicoterapeuti che possono aiutare a ritrovare un rapporto sereno e sano col proprio corpo potrebbe fare la differenza. Il confronto con gli altri non dovrebbe esistere, sicuramente nessuno dovrebbe sentirsi inferiore. L’ideale di bellezza non può essere limitato solo dalle parole “bello” o “brutto”, esistono invece diverse sfumature e ognuno è bello a modo suo.

Chi critica manca di autostima, non si accetta e spesso è frustrato e ha bisogno di impiegare il tempo per criticare e ferire gli altri.
Non bisogna enfatizzare il valore dei social  e rimanere, invece, a contatto stretto con la realtà, con la rete –  non virtuale  –  dei proprie amici, dei colleghi di lavoro, dei propri familiari, delle persona alle quali siamo autenticamente legati.

Può sembrare banale ma l’autostima è importante in ogni area della nostra vita: a scuola, a lavoro, nelle relazioni, nello sport, a livello estetico, e così via. È il valore che diamo a noi stessi e non riguarda solo l’aspetto fisico ma anche le capacità ed il raggiungimento degli obiettivi. Se pensate di averne poca dovete semplicemente lavorare su voi stessi perché si può acquisire o migliorare e può variare sia nei contesti, sia nel tempo ed è sempre importante per il nostro benessere cercare di migliorarla.

Ad esempio, bisogna prestare attenzione al linguaggio utilizzato nella descrizione di sé stessi, non dobbiamo mai giudicarci severamente ma trattarci come tratteremmo una persona cara e capire che certe cose vanno bene così come sono, semplicemente per il fatto di essere parte di noi.

Suggerisco, per esempio, di gratificarsi  per i  traguardi raggiunti e di circondarsi di persone reali che ci sanno apprezzare.

Ovviamente il body shaming è un fenomeno complesso e richiede interventi su molti fronti, da quello educativo a quello relazionale a quello legale. Un altro fronte importante è quello dell’informazione.

Infine, senza demonizzare l’utilizzo dei  social,  è  importante coltivare interessi e passioni capaci di fecondare il proprio mondo interiore e, come dico spesso, occorrerebbe, anche, regolamentare e normare  l’accesso all’online da parte dei minori, a partire dalle famiglie che  dovrebbero interessarsi maggiormente alle conseguenze del digitale a cui sono esposti quotidianamente i loro figli.

Clicca sul link qui sotto per leggere un mio articolo precedente:

Adescamenti e truffe online

 

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Maria Furfaro
Sono Calabrese. Avvocato penalista, Cassazionista e Professore a contratto presso SSML PM Loria. Esperta della procedura penale, in particolare dei mezzi di prova, di ricerca della prova e delle tecniche di esame e controesame, ho acquisito e sviluppato, attraverso lo studio, capacità di negoziare e mediare per la risoluzione dei conflitti. Particolare cura e attenzione la dedico alla difesa dei minorenni, alle vittime di reati sessuali, ai reati contro la famiglia e stalking. Sono Mediatore professionale presso l'Organismo della Società Umanitaria, Fondatore e Presidente dell'Associazione Professional Speakers, organizzazione non lucrativa di utilità sociale dedicata alla formazione e divulgazione scientifica ed accademica. Sono Presidente AMI, Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, Sezione di Milano

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