Kant, Dio e il sommo bene

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Nel precedente articolo, ho cercato di riassumere gli elementi cardine della proposta etica che Kant elabora nella Critica della Ragion Pratica e siamo giunti all’idea centrale secondo cui la ragione è l’unica guida e l’unico fondamento delle azioni umane perché si possano ritenere moralmente valide.

La ragione, nel suo uso pratico, si identifica con quello che comunemente chiamiamo la “voce della coscienza” (in fondo è il grillo parlante di Pinocchio), che ci impone, sotto forma di imperativo categorico, di compiere il dovere per il dovere!

Giunti a questo punto, però, Kant (e ciascuno di noi se segue il suo interessantissimo e fondato percorso intellettuale) si trova di fronte ad una grande difficoltà:

il saggio (cioè colui che si impegna quotidianamente a compiere il proprio dovere seguendo strenuamente i dettami della ragione) il più delle volte non è mai felice!

Il mondo sembra essere molto spesso il regno dei furbi, dei prepotenti e le persone “cattive”, moralmente eccepibili primeggiano in tutti gli ambiti della società.

Ma allora essere onesti, comportarsi bene è proprio una gran fregatura!

Che fare?

Kant non ha dubbi: bisogna seguire il dovere per il dovere!

E allora la felicità che fine fa?

Detto in termini più filosofici, il sommo bene, che consiste nell’unione di felicità virtù, qui sulla terra sembra essere destinato a rimanere una meta irraggiungibile.

Che frustrazione! 

Il discorso kantiano, a questo punto, cambia direzione ed ecco spuntare i postulati della ragion pratica.

La parola “postulato” potrebbe essere tradotta con “è altamente ragionevole ammettere che …”:

  1. Dio esiste
  2. possediamo un’anima immortale

1. Dio esiste

La ragione deve ammettere l’esistenza di DIO, cioè dell’Essere supremo, come garante dell’ordine morale del mondo. Dio è colui che ricompenserà con il sommo bene i giusti e punirà i malvagi; l’uomo che compie il suo dovere qui sulla terra sa che, grazie a Dio, il suo agire morale non sarà stato vano.

2. Possediamo un’anima immortale

La ragione nell’eternità potrà realizzare compiutamente la propria libertà e l’uomo raggiungerà la perfezione morale.

A questo punto, mi preme fare due osservazioni:

  • IL PRIMATO DELL’USO PRATICO DELLA RAGIONE

La Dialettica trascendentale della Critica della Ragion Pura si era conclusa con l’impossibilità per l’uomo di pronunciarsi sulle questioni fondamentali. La libertà, l’immortalità dell’anima, l’esistenza di Dio non rientrano nell’ambito del saper certo dell’uomo (cioè il campo fenomenico della fisica e della matematica).

La ragione nel suo uso teoretico (=conoscitivo) deve arrestarsi su posizioni agnostiche.

Invece, sul piano della praxis le cose cambiano: la ragione può ammettere con un forte grado di ragionevolezza (postulare) l’esistenza della libertà, dell’anima immortale e di Dio, per coerenza con l’edificio morale che ha costruito con le sue sole forze.

  • LA RELIGIONE VIENE FONDATA SULLA MORALE

Kant inverte il rapporto che tradizionalmente gli uomini hanno stabilito tra la religione e la morale (il Cristianesimo parte dall’esistenza di Dio e poi sui suoi comandi fonda l’agire morale).

È la morale a fondarsi in piena autonomia e a postulare l’esistenza della religione.

Kant è contrario ad ogni forma di fanatismo: la vera religione è quella fondata sulla morale della ragione (è la convinzione comune di tutto l’Illuminismo).

Sapere aude!

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