Mancano soli cinque giorni al via, e la settantesima edizione della kermesse canora più attesa dell’anno aprirà rigorosamente quegli imponenti battenti, incontro all’implacabile ondata dei suoi appassionati seguaci e degli agguerritissimi detrattori.
Asperrime critiche e disparate attestazioni d’approvazione si mischiano costantemente in un vorticoso e destabilizzante bailamme, alternando di continuo i rispettivi ed antitetici momenti di turnazione perentori , a seconda di chi detenga il provvisorio predomio sul “Viva Sanremo” o sul “Fuori Sanremo dalla tradizione italiana”.
Ma questa volta, nella fattispecie, vorrei focalizzare l’attenzione su un aspetto puramente sentimentale della questione.
Poiché, vedete, sinceramente ed in tutta onestà , il Festival di Sanremo non può essere relegato ai margini di in un effimero andirivieni, da un palcoscenico, di esibizioni canore e di belle donne, curate ed agghindate in maniera assolutamente impeccabile (sebbene, in alcune occasioni ed onor del vero, il loro look appaia alquanto discutibile).
Ma questa è un’altra storia.
Sanremo, in realtà, è un’enorme bolgia di ricordi, di testi corposi dai contenuti indimenticati ed indimenticabili, un’ampia finestra sulla memoria emozionale collettiva, la dimora storica di “ugole pregiatissime”.
Ci sono stati interpreti dal valore straordinario ed inestimabile, che nostro malgrado abbiamo smarrito nel corso di questa imprevedibile avventura chiamata vita.
L’esistenza sa essere incredibilmente generosa ma anche terribilmente crudele.
E nel tentativo di provare ad accantonare per qualche istante gli effetti nefasti delle interminabili polemiche che si abbattono sul festival di Sanremo, vorrei ricordare ed annoverare, nella cerchia dei migliori e dei più grandi interpreti di sempre, l’intensissima e straordinaria Mia Martini.
Nel lontano 1982, nacque un prestigioso riconoscimento in seno al Festival.
Quest’ultimo fu destinato ad essere attribuito, da lì in avanti, alla canzone e all’interprete che avessero avuto il grande merito di convincere appieno una severa giuria di esperti.
A partire dal 1996, il suddetto premio fu intitolato proprio a Mia Martini, scomparsa tragicamente l’anno precedente.
L’immensa Mia fu l’artista che fino a quel momento si era aggiudicata più volte quell’importante riconoscimento, oltre ad essere stata la prima, in senso assoluto, ad aver avuto il grande onore di vincerlo.
Oggi non si può prescindere dalla tenerezza del ricordo, dall’immagine di un’artista che dominava il palcoscenico del teatro Ariston con dolcezza, con estrema tenacia e con profondo trasporto emotivo.
La coesistenza di evidenti slanci appassionati e di una delicatezza sofferta e tormentata, rendevano le esibizioni della Martini degli autentici capolavori di disarmante sensibilità.
Mia, nel corso di una performance canora, stringeva con forza i suoi occhi scuri, quasi a voler contenere un dolore inconfessabile, quasi a voler rendere latente gran parte del dissidio che forse la sovrastava.
Ma lei era unica anche e soprattutto per questo, per l’incapacità di mascherare un’intima tribolazione che le conferiva vigore.
Affascinante, eclettica, magnetica, profonda, assolutamente cosciente delle consistenti ripercussioni dei macigni.
Ci sono anime inquiete, destinate a volare alto per tutta la vita, persino oltre la vita stessa.
Perché l’inquietudine é il viatico fondamentale per un incessante dinamismo, è la principale nemica dell’immobilita’ del pensiero, un aspetto congenito che permette di porsi in una situazione di costante riflessione sul tutto e sul niente.
L’inquietudine non è l’anello debole della personalità, è un punto di forza che sottende mille consapevolezze.
E l’inquietudine di Mia, congiuntamente ad una forza “screziata” di fragilità, rendeva l’artista una perla rara.
La Signora Martini sarà a Sanremo anche quest’anno, com’è sempre stato, com’è naturale che sia.
Non salirà sul palcoscenico solo ed esclusivamente durante l’assegnazione del Premio della critica, ma aleggera’ con benevolenza nel corso dell’intera manifestazione.
“E non finisce mica il cielo”.
E chi l’ha detto?
Sono quasi venticinque anni che il “cielo dell’arte” mostra i suoi nettissimi confini e dei limiti evidenti, privato di un fondamentale frammento d’eccellenza che mai nessuno riporterà indietro.
Non è tutto vero, però, perché l’immortalità ha il suono della sua voce.
Ed inoltre, la fisicità è talmente effimera al cospetto dell’eterno da rendere vano ogni sentimento di arrendevolezza.
Soli cinque giorni…
Mia, ci sarai?
Certo che ci sarai!
Maria Cristina Adragna
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Purtroppo è stata e lo è tutt’ora una mosca bianca. Personalmente non mi piace Sanremo, vuoi per mia impostazione musicale che è agli antipodi “del bel canto italiano”, vuoi perché nel 90 per cento dei casi trionfa la mediocrità fatta sistema e infatti poi lo si vede nelle vendite. Faccio ovviamente un augurio di buona riuscita ma non sarò certo traglia ascoltatori. Un buon film o un buon libro sonoolto meglio. Senza offesa e buona giornata.
Nessuna offesa, caro Francesco. Ciascuno di noi è libero di accostarsi ai programmi che più gradisce, ci mancherebbe. Un saluto