Il pozzo dei desideri

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Platone, filosofo greco vissuto nel V secolo a.C., fa raccontare a Socrate nel Teeteto, uno dei suoi dialoghi, un aneddoto su Talete di Mileto, il primo filosofo che incontriamo quando iniziamo a studiare filosofia:

<< Talete, mentre stava mirando le stelle e aveva gli occhi in su, cadde in un pozzo; e allora una servetta di Tracia, spiritosa e graziosa, lo motteggiò dicendogli che le cose del cielo si dava gran pena di conoscerle, ma quelle che aveva davanti e tra i piedi non le vedeva affatto. La stessa ironia è riservata a chi passa il tempo a filosofare […] provoca il riso non solo delle schiave di Tracia, ma anche del resto della gente, cadendo, per inesperienza nei pozzi e in ogni difficoltà>> Platone, Teeteto, 174a – 174c

Il filosofo Talete guardava le stelle, i primi filosofi, infatti, furono studiosi ed attenti osservatori della natura, per questo motivo furono chiamati fisiologi o naturalisti.

La servetta di Tracia, che nell’idea di Platone è la persona incolta, ride del filosofo prendendolo in giro e dimostrando che i filosofi hanno la testa per aria e sono sempre distratti.

Talete forse non era caduto nel pozzo ma si era calato in esso poiché pare che i primi studiosi di astronomia si calassero nei pozzi perché da quella posizione fosse più agevole e produttiva l’osservazione che, a quei tempi, veniva compiuta ad occhio nudo.

Per Hans Gadamer, filosofo del Novecento, che ha dato questa interpretazione, il pozzo diventa anche il luogo dell’audacia dello studioso che corre dei rischi pur di seguire il suo interesse di studio. Martin Heidegger, filosofo del secolo scorso, invece, ritiene che questo aneddoto riveli il carattere proprio della filosofia che va alla ricerca di ciò che è nascosto e non di ciò che è evidente e palese.

Il primo a dare una spiegazione dell’aneddoto è lo stesso Socrate che lo ha raccontato e per lui il riso della servetta di Tracia è l’orizzonte chiuso dei molti che non sanno elevarsi dalla terra e dalla semplice esperienza per contemplare le realtà superiori che costituiscono la conoscenza.

Questo stesso tema sembra tornare nella Repubblica di Platone quando, raccontando il mito della caverna, si descrive il passaggio dalla ignoranza alla conoscenza. Nel mito, infatti, si racconta di uomini legati fin dalla nascita con il viso rivolto verso il fondo della caverna su cui si vedono solo ombre. Quello che per primo riuscirà a liberarsi e ad uscire avrà subito gli occhi abbagliati dal sole ma poi vedrà la realtà delle cose e correrà a liberare gli altri, ma questi non gli crederanno e cercheranno di ucciderlo.

<< E se qualcuno poi cercasse di scioglierli e di condurli in alto, se potessero avere quel tale tra le mani ed ucciderlo, non lo ucciderebbero? >>

<<Lo ucciderebbero sì! >> rispose. Platone, Repubblica, 517 a

Il riso della servetta di Tracia e l’uccisione del liberatore dei prigionieri della caverna segnano la differenza tra chi riesce a comprendere prima di altri come stiano le cose, e lo comprende perché ha una capacità di pensare più alta rispetto a quella di altri che hanno minore capacità di pensare.

Nella storia sono molti coloro che hanno sofferto perché la loro superiorità aveva colto qualcosa che altri non avevano compreso. Il primo è proprio Socrate, il maestro di Platone, ucciso perché accusato di empietà e di aver corrotto i giovani. Penso ancora a Giordano Bruno condannato al rogo per aver manifestato idee difformi da quelle della Chiesa. Ancora, Galileo Galilei condannato per aver capito di più e prima di altri del movimento dei corpi e dell’Universo, o Cartesio che non pubblica Il Mondo, un’opera scientifica, per non incorrere in ingiuste condanne.

Ho citato solo filosofi ma in ogni campo del sapere e delle attività umane si possono trovare uomini che per la loro capacità, per i loro studi hanno inventato, scoperto o sostenuto qualcosa di vero o di importante e non sono stati creduti.

Quando non è più l’autorità del momento a giudicare del modo di essere e di fare degli individui perché si è affermato il diritto, la libertà di espressione, subentra l’opinione pubblica, la televisione, il web.

Le cose però, non vanno meglio. Grazie all’odierna facilità di diffusione delle notizie, immagini, personaggi, situazioni diventano virali e tutto scade terribilmente anche perché non c’è il tempo, tra una notizia e l’altra, di poter fare le opportune verifiche.

Nei talk show che dalla mattina alla sera trasmettono con grande enfasi l’intervista al politico di turno: che tristezza! Idee … zero, chiacchiere vuote … tante, parole insensate … troppe, buone solo per abbindolare le “servette di Tracia” che andranno nei salotti televisivi a discettare di politica, parola di cui nemmeno conoscono l’alto significato. Per Umberto Eco tutto questo è una <<carnevalizzazione della vita >> che si ha ogni volta che si perde il confine tra ciò che è serio e ciò che è spettacolo.

Mi sembra di sentir risuonare la risata della “servetta di Tracia” quando percepisco il malcelato scherno di cui sono oggetto persone colte e sapienti da parte di interlocutori irrispettosi, cosa ancor più fastidiosa se proveniente da politici improvvisati, occupati, si fa per dire, a risolvere qualcuno dei mali che affliggono l’Italia; in questi giorni due macigni: i vaccini e la crisi politica.

Potrebbe, il mio, sembrare un discorso in difesa di una élite culturale ma non è così, penso solo che ognuno, saggiamente, dovrebbe fare ciò che sa fare e parlare solo di ciò di cui sa dire con competenza. Competenza, appunto, capacità di agire avendo in mente un’idea da realizzare senza la quale non si costruisce nulla.

Per par condicio, concludo con le parole di Michel de Montaigne che nei Saggi ci sorprende sempre con la sua ironia:

<<Mi garba la ragazza di Mileto, la quale, avendo notato che Talete stava con gli occhi in su a contemplar la volta del cielo, piazzò qualcosa che lo facesse inciampare, così da ricordargli che il tempo di mandare i pensieri tra le nuvole arriva solo dopo aver provveduto a quelli che riguardavano ciò che sta sotto i suoi piedi. E lo consigliò molto bene >>.

Gabriella Colistra

Cerco l’uomo!

2 COMMENTS

  1. “(…) dovrebbe fare ciò che sa fare e parlare solo di ciò di cui sa dire con competenza.”: ma l’uomo non è tuttologo per natura? Provando, infatti, e riprovando, da un’ipotesi non ancora confutata…teoria (fino a prova contraria) si perviene – come i cosiddetti scienziati “di mestiere” – alla conquista o scoperta della verità. W la santa umiltà!
    Che una mano combaciata ad un’altra…possano insieme trainar anche me, zavorra di questa umanità.
    Michele DI GIUSEPPE.

  2. Gentile dott. Michele,
    non vedo in contrasto il fare solo ciò che si sa fare e lo scienziato. Sono convinta che oggi gli scienziati convengano che, anche nel loro campo, non si pervenga mai a teorie definitive, ma a teorie considerate valide finché non vengono smentite.
    La saluto cordialmente, Gabriella Colistra

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