TikTok: Angelo o Demone?

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TIK TOK è una delle App per cellulari più famose al mondo: a dicembre 2020 segnalava un record di download pari a 2 miliardi e mezzo (fonte ANSA).

Difficile non conoscerlo, sia perché è un “must” tra gli smartphoner (adolescenti ed adulti senza distinzione), sia perché è salito alla ribalta delle cronache solo pochi giorni fa in seguito alla morte di una bambina di 10 anni a Palermo.

Ma cosa è TIK TOK?

TIK TOK è un social network cinese, che consiste in una App che permette agli utenti di creare brevi clip musicali di durata variabile tra i 15 e i 60 secondi, con la possibilità di editare effetti speciali, aggiungere video e applicare divertenti doppiaggi. L’utente ha a disposizione migliaia di audio ricercabili tramite #hashtag ed una serie di strumenti di editing.

Gli account sono pubblici e “sarebbe consentito” (il condizionale è d’obbligo) ai maggiori di 13 anni.

Viene usato per divertirsi, suscitare risate ma anche per auto-promuoversi.

Perlomeno quello è l’obiettivo dichiarato, e basandosi sul numero dei milioni di utenti connessi ogni giorno si può dire raggiunto, anche se non ci si mostra né vecchi né anti-tecnologici ad analizzare la App con occhi più critici.

E’ indubbio che è una vetrina per narcisisti, che ci propone teatrini danzanti, esperimenti ed esperienze disgustose, a volte al limite della decenza, in una competizione infinita a cercare l’idea più stravagante o la prova o sfida più originale.

Tutto deve diventare strambo, ogni atto quotidiano dal vestirsi al mangiare, dal fare footing al tagliare un wurstel o mangiarsi una pizza. Per non parlare degli animali, costretti alle cose più bizzarre e contro la loro natura.

L’apparenza è quella di ricercare di quel momento di gloria, suggellato dal numero di like o follower, che può ergere la persona ad eroe o a buffone di turno, a seconda delle interpretazioni.

Si potrebbe intravedere in tutto ciò anche un richiamo storico, alle vecchie Candid Camera (che perlomeno godevano dell’effetto sorpresa e non così palesemente studiate come nei video postati) o, per chi c’era negli anni ’90, un richiamo agli atteggiamenti delle stelline di “Non è la RAI”, con balletti infiniti e inquadratura studiate.

La sua STORIA

Conosciuto come Douyin in Cina, TIKTOK nasce dalle ceneri della piattaforma Musical.ly,

famosa App cinese fondata nel 2014 da Alex Zhu e Luyu Yang con lo scopo di unire musica e social. Prima i due autori avevano creato un social network a scopi educativi dove gli utenti potevano imparare mediante piccoli video di 3-5 minuti ma non ebbe grande successo.

Nel 2016 Musical.ly ha lanciato Live.ly, una piattaforma streaming video live da trasmettere ad amici e interagire con loro in tempo reale grazie alla possibilità di lasciare dei commenti.

E’ l’intuizione dell’imprenditore cinese Zhang Yiming, laureato in ingegneria informatica e detentore di una quota di Bytedance (colosso cinese che gestisce piattaforme Internet e sviluppo app su sistemi di machine learning), che ha portato al TIKTOK attuale, avendo deciso nel 2018 di acquistare Musical.ly per la modica cifra di circa 750 milioni di euro,  “far sì che chiunque nel mondo possa dare libera espressione alla propria immaginazione” dichiarò. Va ricordato anche che TIKTOK utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare gli interessi e le preferenze manifestate dagli utenti dell’applicazione, in modo tale da poter personalizzare singolarmente i contenuti ad essi proposti. il che ne fa una ambita risorsa pubblicitaria.

I ricavi di TIKTOK

Sempre secondo i dati di Sensor Tower riportati da tgcom24.mediaset.it, TikTok sarebbe leader nei ricavi. L’introito del secondo trimestre del 2020, infatti, ha avuto un incremento del 32% rispetto allo stesso periodo del 2019, passando da 22,2 miliardi di dollari a 29,3 miliardi di dollari.

La questione della privacy

L’applicazione consente agli utenti, detti TikTokers, di configurare i propri account come “privati”. 

Il contenuto di questi account rimane a disposizione di TIKTOK, ma è visualizzabile solamente dagli utenti autorizzati dal titolare, che, come in altri social, possono scegliere se rendere il profilo pubblico ovvero se interagire soltanto con gli amici, tramite commenti, messaggi o video di “feedback”.

Una App controversa

Possiamo sorvolare sulla questione “orwelliana” sollevata da il gruppo di hacktivisti Anonymous che ha denunciato la pericolosità dell’App identificandola come un vero e proprio malware usato dal governo cinese come strumento di spionaggio di massa (con tanto di appello-tweet allarmante alla sua disinstallazione), suffragata però anche a livello europeo dove è stata chiesta una task force per valutare i rischi del social cinese nella sicurezza dei dati e il loro controllo da parte del governo cinese.

L’Italia ha preso seri provvedimenti il 22 gennaio scorso, quando il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto il blocco dell’uso di TIKTOK da parte degli utenti per i quali non sia possibile accertare l’età anagrafica, a seguito della recente morte della bambina siciliana di soli 10 anni avvenuta dopo l’esecuzione di una challenge condivisa tra gli utenti della piattaforma che prevedeva il tentativo di strozzamento dell’utente tramite una cintura attorno al collo.

Nel Regno Unito, a febbraio 2019 l’Information Commissioner’s Office, così come spiegato dal commissario per l’informazione Elizabeth Denham, ha avviato una indagine per capire come avviene da parte dell’azienda della App la raccolta dei dati privati, la tipologia dei video raccolti e condivisi dai bambini e soprattutto sul sistema di messaggeria considerato non sicuro perché consente a qualunque adulto di contattare qualsiasi bambino. A tal proposito ha anche chiesto all’azienda di fornire diversi servizi e protezioni che tutelassero i bambini e seguissero il GDPR.

L’India dal 2019 al 2020 è passata da un divieto provvisorio, con la motivazione che l’App “incoraggiava la pornografia” e mostrava “contenuti inappropriati” e la conseguente rimozione di circa oltre 6 milioni di video (poi revocato), ad un “divieto a tempo indeterminato”, essendo bandito dal Ministero dell’Elettronica e della Tecnologia dell’Informazione insieme ad altre 58 App cinesi perché rappresentava una minaccia alla sovranità e alla sicurezza del paese.

Dibattiti sulla sua pericolosità

Dopo la recente tragedia siciliana, la squadra degli anti-social si è subito fatta avanti, così come si sono fatti sentire sociologi e psicologi che da anni studiano l’impatto dei nuovi media sulla società e sull’età evolutiva.

E’ innegabile il ruolo-babysitter che i device rivestono all’interno delle famiglie moderne, “intrattenendo” i bambini (specie iperattivi) laddove i genitori stanchi ed indaffarati sono sempre più in difficoltà a ritagliarsi del tempo da dedicare a loro e a trovare diversi stimoli ludici e educativi.

Oltretutto i giovani genitori sono proprio i primi a dare il cattivo esempio, dimostrando grande dipendenza dallo smartphone in qualsiasi momento o occasione della giornata.

Anche la società non è incline a demonizzare i social, laddove Facebook batte in velocità anche l’Ansa e le relazioni umane si sono ampliate in forma reticolare.

I social hanno solo amplificato in modo esponenziale la platea e i palchi, rendendo sempre più fragile l’unica risorsa-ancora dell’uomo: la sua capacità critica.

I social hanno reso naturali e quotidiane (purtroppo non condannabili più di tanto), una serie di bufale, fake news e catene di Sant’Antonio (peraltro sempre esistite), allargando la schiera dei partecipanti a competizioni e sfide (anche pericolose).

Anche queste ultime sono sempre esistite, la ricerca adrenalina dell’uomo si è sempre manifestata o con una macchina spinta all’impazzata o salti nel vuoto appesi ad un elastico, sfida alla roulette russa o l’asfissia come atto estremo di estasi sessuale: sono il gioco della vita contro la morte e sono indipendenti dai social. Hanno ancora una volta a che fare con le proprie insicurezze e fragilità, non con lo strumento utilizzato per metterle in atto.

Oltre alla tutela da parte dello Stato, norme più rigide sull’identità (con il digitale è possibile) e una maggiore sensibilizzazione del ruolo genitoriale, il fattore decisivo rimane la scuola, ormai disillusa e tormentata, dove regna ancora la speranza (vana?) di riuscire a formare menti critiche in chi dovrà costruire il futuro.

Daniela Marzano

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Daniela Marzano
Sono docente di ruolo da vent'anni, in congedo per Dottorato di RIcerca. Gli approfondimenti e la curiosità mi spingono sempre ad andare oltre. Sono giornalista iscritta all'ODG Toscana e scrivo per il quotidiano "Il Tirreno". Mi occupo da trent'anni di tecnologie per la didattica, editoria, grafica e comunicazione digitale, facendo formazione per molti enti e categorie professionali, principalmente per il personale scolastico. Dopo una laurea in Formazione Multimediale, ho acquisito una laurea specialistica in Cinema, Teatro e Produzione Multimediale e il Diploma di Laurea in Tecnologie per l'arte e culture digitali all'Accademia di Belle Arti di Carrara. Ho conseguito diverse specializzazioni e master nel campo del digitale, ma il cinema, la musica, l'animazione e l'arte sono i settori per i quali nutro una grande passione. Sono Presidente dall'APS Apuania Film Commission - ETS iscritta al RUNTS, che ho fondato per promuovere il patrimonio artistico, paesaggistico e culturale del mio territorio attraverso gli audiovisivi e con la quale organizzo eventi di spettacolo e di promozione culturale. www.danielamarzano.it - www.apuaniafilmcommission..it

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