I filosofi e l’amore

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In una discussione simil – filosofica ho sentito affermare che solo pochi dei grandi filosofi sono stati sposati o hanno nella loro vita avuto rapporti, di cui si sappia, con il gentil sesso. Confesso di non essermi mai posta il problema e scorrendo mentalmente e velocemente le biografie dei filosofi, ho verificato che, in effetti, filosofia significa amore per il sapere non amore per una donna, le relazioni affettuose, nell’ambiente, sono rare e spesso molto complicate.

Da cosa derivi questa situazione non saprei dire con certezza, forse la profondità dei pensieri impedisce di cedere alle lusinghe di un sentimento come l’amore che è per sua natura coinvolgente, assoluto, irrazionale, concetti che molti filosofi rifiutano in nome di una razionale, a volte fredda, logica che mal si concilia con la passione d’amore.

Inoltre, molte volte ho notato, leggendo pagine di filosofia, di trovare una velata misoginia che ho sempre spiegato come segno dei tempi in cui i filosofi del passato sono vissuti. I filosofi non sono solo teste pensanti, sono uomini calati in una realtà storico-sociale di cui assorbono e risentono condizionamenti, tradizioni, mentalità.

Un filosofo di cui si conosce anche la moglie Santippe è Socrate, antico filosofo ateniese; secondo le testimonianze del tempo, ebbero tre figli, Lampsaco, Sofronisco e Menesseno.

Santippe è presentata dagli autori del tempo come una donna poco attraente e molto autoritaria, Senofonte la definì:<< la donna più importuna di tutti i tempi >> pare però che ella non fosse molto amata da un amico di Socrate che diffuse maldicenze su di lei. Platone la ricorda molte volte nei suoi scritti ma è nel momento dell’addio a Socrate, raccontato nel Fedone, che appare con il figlio più piccolo in braccio, toccante nel suo pianto silenzioso e dignitosa nell’atteggiamento degli ultimi istanti in cui parla con Socrate che le dà gli ultimi consigli per un futuro in cui lui non ci sarà.

Si parla anche di una seconda moglie, Mirto, ma non si sa se fosse stata sposata con Socrate prima di Santippe o se, notizia data ma non confermata da dati storici, per un certo periodo fosse consentita la bigamia per ripopolare la città che aveva avuto molti morti nelle battaglie contro Sparta.

Nel Medioevo esplode la passione tra Pietro Abelardo, il filosofo e teologo di maggior rilievo del XII secolo, ed Eloisa; era un chierico di trentasette anni quando fu incaricato di istruire Eloisa, una ragazza di diciassette anni, che sarà considerata come la donna più colta della Francia. Come per Paolo e Francesca ricordati da Dante, galeotti anche per Abelardo ed Eloisa furono i libri, classici greci e latini che leggevano insieme.

Il loro fu un rapporto sensuale principalmente, a cui si accompagnò una grande ammirazione intellettuale da parte di Eloisa per Abelardo, ammirazione che durò tutta la vita anche se i molti che li hanno studiati sostengono che la grandezza umana e culturale di Eloisa fosse maggiore di quella di Abelardo e la sua forte personalità abbia tracciato un solco profondo nella vita e nella fisionomia intellettuale di Abelardo.

I due ebbero un figlio, scandalo indicibile per la situazione e per i tempi, contrassero anche un matrimonio tenuto segreto per non danneggiare la fama dello studioso (nelle scuole del tempo i maestri erano uomini e celibi) ma Fulberto, zio e tutore di Eloisa, che li aveva fatti conoscere, fece evirare da sicari prezzolati il povero Abelardo che subì anche, in altri contesti tentativi di avvelenamento. Abelardo decise allora di andare in convento, ferito, umiliato, offeso da un gesto così crudele. Spiegherà egli stesso il motivo: << confesso che fui spinto a cercare il segreto rifugio del chiostro più dalla vergogna e dal pudore che dalla devozione religiosa>>.

Anche Eloisa si ritira in convento. Passano anni senza che abbiano alcun contatto finché Abelardo viene a sapere che Eloisa è priora di Saint Denis. Inizia così un rapporto epistolare che gli dà molto conforto spirituale, Eloisa gli rivela di aver amato solo lui e di amarlo ancora, i voti sono un paravento dietro il quale si è nascosta ma non ha nessuna vocazione religiosa. Solo dopo la morte i loro corpi saranno sepolti vicini.

Grandi pensatori Eloisa ed Abelardo frenati da ingiusti e feroci comportamenti, i loro scritti sono ritenuti tra i migliori del tempo.

In epoche più recenti, nell’Ottocento, troviamo un altro grande amore infelice. E’ quello del filosofo Soren Kierkegaard per Regina Olsen, una giovane donna che lo ama, ricambiata, ma solo dopo un anno di fidanzamento viene lasciata.

Il filosofo nutriva per lei un vero affetto che continuò, forse più forte ed idealizzato, dopo la rottura. Il motivo è che egli voleva donarsi a Dio e il rapporto con lei, un finito che incontra un altro finito, lo distoglieva e lo allontanava dal suo progetto.

La lascia, ma lei è sempre presente in ogni cosa che lui fa. Per lei scrive Aut-Aut il suo capolavoro, per farle capire le ragioni dell’abbandono per cui lei soffrì molto; attraverso i personaggi del libro, Regina avrebbe dovuto individuare la loro storia e comprendere.

Nel Diario in cui Kierkegaard è veramente sincero con se stesso troviamo espressa tutta la sua sofferenza e la nostalgia per una donna che ama, che gli manca e che ha lasciato perché   consapevole del fatto che non sarebbe riuscita a renderla felice. Mi sembra questo pensiero un grande segno di amore: farsi da parte per non fare male all’altro.

Lei lo ha compreso e per tutta la vita lo seguirà da lontano: leggerà le sue opere filosofiche, gli articoli sui giornali, da come scrive nel Diario, Kierkegaard incontrerà spesso Regine, se davvero o nell’immaginazione non si riesce a capire. Lei è sempre con lui, nella sua mente, nel cuore sofferente e disperato. Alla sua morte lascerà a Regine tutti i suoi beni.

Il diario è una miniera di pensieri sul Regine, ne prendo alcuni:

<< Quando il suo sguardo riboccante di vita e della gioia di vivere, si incontrava col mio… io dovetti partire. E me ne andai, piangendo di amarezza>>

<< Essa non amava l’elegante linea del mio naso, né la bellezza dei miei occhi – né i miei piccoli piedi, neppure la mia intelligenza: no, essa amava me soltanto… e tuttavia non mi comprese!>>

 << Cosa ho perduto io? il mio unico amore […] Pertanto il tormento della mia anima non è da meno di quello del corpo: in questo momento in cui scrivo queste poche righe in una cabina in mare, scosso dal rullio del piroscafo>>. Dopo la rottura con Regine il filosofo andò a Berlino sperando di dimenticarla; tornò dopo qualche mese per rivederla.

 Abelardo ed Eloisa, Kierkegaard e Regine, due coppie dalla vita infelice eppure inseparabili, due uomini, due filosofi che trovano alimento per la loro filosofia nell’amore delle due donne.

Mi torna in mente un altro amore difficile e ambiguo quello tra Martin Heidegger e Hannah Arendt ma forse ne parlerò un’altra volta. Ora voglio tornare al punto da cui sono partita: gli amori dei filosofi sono pochi e tutti complicati, o forse solo quelli complicati fanno clamore così come nella vita quotidiana. La cosa che colpisce è che influenzarono le loro opere come se l’amore fosse la cosa più importante della loro vita, incuranti del successo e della fama.

Credo che non sia per tutti così, bisogna essere filosofi capaci di portare allo scoperto i sentimenti come sono capaci di fare i filosofi esistenzialisti, com’è Kierkegaard. Abelardo era molto riservato, quello che sappiamo di lui è perché i fatti che lo riguardavano furono portati allo scoperto da altri.

Complicati questi amori, ma questa è la vita, bella anche quando è complicata, bello quando l’amore tocca il nostro cuore anche se non è quello che strappa i capelli o fa sentire le farfalle nello stomaco, ma è quello per i filosofi innamorati, per le donne e gli uomini innamorati, per l’umanità intera.

Gabriella Colistra

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