Qualche tempo fa lessi su un periodico una considerazione di G.B. Johnson il quale affermava che le donne con il burqa sembrano “cassette per le lettere“.
Rimasi molto colpita da questa affermazione e iniziai a chiedermi: ma come sarà la vita di queste donne chiuse in un tale tugurio?
Si può esprimere ugualmente la piena identità anche se ci si trova confinati in una situazione così angusta?
Immagino per un attimo di essere coperta da capo a piedi dallo scomodo drappo che mi concede solo una piccola apertura all’altezza degli occhi… giusto uno squarcio abilmente architettato, in modo che il campo visivo risulti frastagliato da un ricamo a rete fittissima.
Ebbene, sì… perché la visione dell’esterno non deve essere nitida. L’apparato visivo deve mostrare una limitata efficienza.
Si tratta, insomma, di una “finestra retata sul mondo”, una semplice presa d’aria.
È risaputo che gli occhi siano lo specchio dell’anima e sappiano raccontarsi meglio delle parole: si guardano intorno, con curiosità e circospezione, sono sgranati quando vogliono esprimere stupore, meraviglia, o anche paura, si chiudono sotto le palpebre quando sono pronti ad andare incontro ad un viaggio onirico…
A queste donne viene concesso solo uno spiraglio di luce per osservare tutto ciò che ruota intorno a loro.
Hanno le mani celate tra le pieghe dei drappeggi e non possono toccare nè avere piena consapevolezza delle cose.
Non percepiscono il vero profumo della vita che pulsa, vibra, al di là di quell’oscuro esilio.
Tutto ciò che riescono a sentire e fare, è alterato in quanto filtrato dalla loro veste.
A loro viene preclusa la possibilità di cogliere l’intera realtà nella sua nudità.
Di essa possono solo avere una parvenza.
Chissà quante fantasie attraverseranno la loro mente quando si soffermeranno a pensare come sarebbe potuta essere la loro vita se fosse stata baciata costantemente dal sole!
Vite anonime, senza volto, vite chiuse nei loro silenzi, vite che non mostrano gaudio né tristezza, vite che celano sorrisi e lacrime, vite con tanti bei sogni che non hanno mai spiccato il volo.
In questo particolare momento storico è doveroso rivolgere un pensiero alle donne afghane, soprattutto a quelle donne disperate di Kabul che giorni fa senza burqua, a viso scoperto, si sono lasciate immortalare dagli obiettivi fotografici e dalle telecamere, mentre chiedevano aiuto ai soldati americani affinché le liberassero dalle rappresaglie dei talebani.
A tutte queste donne auguro di tutto cuore di trovare il coraggio di resistere, per difendere la loro libertà e i loro diritti, continuando ad urlare per scuotere le coscienze di un mondo indifferente alle loro richieste di aiuto.
Non vogliamo che diventino donne invisibili, senza speranza…
“Se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare, a rendere un po’ più intelligente cioè meno bigotto o addirittura non bigotto”. (Oriana Fallaci)
Piera Messinese
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