Attesa

210628

Credo che poche persone, oggi, abbiano voglia di leggere ciò che scrivo. Immagino tutti incollati alla televisione o al pc per conoscere i vincitori delle elezioni e in questa attesa si consumano speranze e delusioni.

Quelle che probabilmente agitavano l’animo di I. Kant, filosofo tedesco, quando fu visto camminare in fretta per andare alla posta della sua città per avere notizie della rivoluzione francese. Nel 1789 il filosofo era già anziano e il suo passo affrettato colpì l’immaginario perché egli, metodico oltre misura, per tale evento aveva abbandonato l’usuale metodicità, sentiva che nel mondo stava per succedere qualcosa di importante e da lui fortemente sostenuto.

Oggi, in tempo reale, siamo informati di tutto e tutto viene ripetuto più volte nel caso non avessimo capito.

Una volta non era così, l’attesa si viveva in modo diverso, ricordo appuntamenti mancati per pochi minuti di ritardo, l’altro se ne era andato. Ricordo l’arrivo di lettere attese, l’attesa del portalettere, la delusione se questi passava senza fermarsi, le cartoline che arrivavano da località visitate settimane prima.

La leggera ansia che accompagnava l’attesa si scioglieva poi nel piacere del compimento dell’evento desiderato.

E così oggi nell’aspettare il risultato a noi gradito o sgradevole, secondo i casi. Sognare il futuro sperato o temere un presente pieno di incognite, nel momento in cui scrivo, non so ancora nulla delle elezioni e quindi su quelle non mi soffermo.

Non posso tuttavia ignorare che mentre noi votiamo in Italia, votano anche alcuni ucraini per un referendum falso e falsato, controllato e illiberale, irrispettoso della volontà delle persone. Ci penso tanto in questo momento e non posso fare a meno di pensare alla differenza tra il rispetto di regole di civile convivenza e la forza brutale, l’arroganza che abitano altrove.

Ci vuole fortuna ad essere nati in un posto o in un altro. È così bello vivere in pace e in armonia, pace che tutti cercano, lo dimostrano le file chilometriche di auto che portano sudditi del tiranno verso un mondo libero, verso una speranza di vivere senza guerra, senza dover andare ad uccidere fratelli.

Vogliamo vivere in un mondo libero, con tanti diritti, vogliamo che sia “scegliere” la parola guida nella nostra società, e che ognuno scelga di vivere come crede. La parola “dovere” sia solo nella nostra coscienza a guidarci saldamente verso un obiettivo da perseguire, un comportamento da tenere, una coerenza di vita.

In giro ci sono tante banderuole in balia del vento che sostengono oggi una cosa, domani un’altra; persone che vestono abiti di perbenismo non essendo perbene, per abbagliare e convincere gli altri. Non tutti hanno capacità di cogliere i dettagli, molti sono superficiali e pressapochisti, ignoranti e presuntuosi vedono meriti dove non ce ne sono, sfruttano la democrazia per affermare principi antidemocratici.

La democrazia lo consente, è giusto così, ma bisogna vigilare e fare come fece Tommaso Campanella, filosofo, che nel suo sigillo impresse il proposito << Propter Sion non tacebo>>.  Un altro filosofo che non tacque fu Giordano Bruno filosofo vissuto nello stesso periodo, condannato dall’Inquisizione, con le sue parole concludo:

<< Ho lottato e già tanto, ho creduto nella mia vittoria. È già qualcosa essere arrivati fin qui: non aver temuto morire, l’aver preferito coraggiosa morte a vita da imbecille>>.

Gabriella Colistra

Clicca sul link qui sotto per leggere un mio articolo precedente:

L’orfismo

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