Un philosophe

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Quando non ho voglia di letture troppo impegnative, mi rifugio nella filosofia del Settecento, soprattutto quella dei filosofi dell’Illuminismo che, forse, perché mossi dal desiderio di farsi comprendere e per fondare opinioni, non conoscenze, usano termini più semplici e concetti più accessibili.

Uno dei miei preferiti è Francois-Marie Arouet (1694- 1778) più noto come Voltaire; ha uno stile irruento, combattivo, non sempre coerente ma sempre ironico e pungente.

Figlio di un notaio e quindi borghese si fece conoscere giovanissimo negli ambienti mondani parigini diventando amante di una nobildonna e scrivendo versi irriverenti che ebbero grande diffusione ma suscitarono pure le ire degli offesi che lo portarono in carcere per un breve periodo. Dopo questa disavventura preferì trasferirsi in Inghilterra che considerò <<nazione di filosofi>> e dove incontrò i più noti filosofi del tempo.

Per il giovane intellettuale, il soggiorno in Inghilterra si rivelò un’esperienza culturale profonda, notò che il fanatismo e la superstizione imperanti in Francia erano state superate grazie ad una politica e ad una società molto aperta; nacque in lui il desiderio di far nascere in Francia l’opinione pubblica, una forza che consente di vedere le cose da punti di vista diversi.

Da questa esperienza nascono le Lettere filosofiche, chiamate anche Lettere inglesi in cui tratta vari aspetti della realtà, dal problema religioso all’economia, alla scienza, alla filosofia. Riporto un passo della terza lettera che fa comprendere stile e pensiero di Voltaire:

<< Entrate nella Borsa di Londra, luogo più rispettabile di tante corti; vi trovate per la comune utilità i rappresentanti di tutti i popoli. Là l’ebreo, il maomettano e il cristiano trattano l’uno con l’altro come se fossero della medesima religione, e chiamano infedeli soltanto coloro che fanno bancarotta; là il presbiteriano si fida dell’anabattista e l’anglicano accetta la cambiale del quacchero. Uscendo da tali pacifiche e libere riunioni, gli uni si recano alla sinagoga, gli altri vanno a bere; uno va a farsi battezzare in una grande tinozza nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; un altro fa tagliare il prepuzio a suo figlio e fa borbottare sul bambino parole ebraiche che non capisce affatto; altri ancora vanno nella loro chiesa col cappello in testa ad attendere l’ispirazione divina; e tutti sono contenti. Se ci fosse in Inghilterra una sola religione, ci sarebbe da temere il dispotismo; se ve ne fossero due, si scannerebbero a vicenda; ma ve ne è una trentina e vivono felici e in pace>>.

Emerge in questo passo il tema della tolleranza religiosa che sostenne in vari momenti e illustrò nell’Enciclopedia. La Francia viveva in quel periodo gli ultimi anni di vita dell’Ancien Régime che sarà spazzato via dalla rivoluzione. Voltaire non pensa alla rivoluzione, pensa che con scritti feroci e pungenti si possano cambiare le cose, con essi si possono eliminare modi di pensare superati che parlano di improbabili astratti concetti e rimandano a parole ugualmente vuote e insignificanti.

La sua critica radicale, nei confronti della società e della cultura, investe i grandi filosofi francesi come Cartesio che considera superato dal brillante Newton, se la prende anche con Pascal che accusa di presentare l’uomo sotto una luce odiosa e dipinge tutti come bricconi o infelici. Orgogliosamente afferma:<< Io oso prendere le difese dell’umanità contro quel sublime misantropo>>.

Pascal aveva scritto Pensieri, un’opera in cui aveva mostrato un forte pessimismo nei confronti dell’uomo oscillante tra grandezza e miseria umana. Per Voltaire, invece, l’uomo è un composto di passione e ragione, di bene e male ed è proprio la contrastante natura umana capace di spingere all’azione e, nello stesso tempo, governare le azioni.

<<Perché >> si chiede Voltaire << dovremmo avere paura del nostro essere?>>

Attraverso queste critiche, Voltaire tende a sfaldare un sistema di valori e di abitudini, le Lettere filosofiche sono un proiettile lanciato verso l’Ancien Régime e ciò compresero anche i conservatori del tempo che condannarono al rogo il libro ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico, al carcere l’autore del libro.

Voltaire riesce a fuggire e continua a scrivere e lo fa sapendo di rischiare la censura ma sa che scrivendo può erodere un potere ingiusto e straripante quale era l’assolutismo dei sovrani francesi. Continua a scrivere Voltaire, saggi filosofici e tragedie, sempre con il suo stile corrosivo e provocatorio.

Mi piace il carattere di Voltaire, irriverente e sempre sopra le righe, spinge ad agire, a guardare avanti, a combattere fanatismi e superstizioni. Fu un apripista, accese una luce nella filosofia del tempo, un lume che rischiarò menti, illuminò strade, indicò direzioni che portarono alla libertà, all’uguaglianza.

Ci vorrebbe uno spirito così nei nostri grigi giorni, uno spirito luminoso che indicasse vie da percorrere, obiettivi da raggiungere. Non un navigare a vista aspettando che il ministro di turno ci riporti indietro, che l’altro tolga un po’ di libertà, che un altro ancora fermi le navi di disperati in cerca di salvezza e che striscianti discriminazioni si affaccino all’orizzonte.

Gabriella Colistra

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