Tutto scorre

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Pάnta rhêi. Tutto scorre…

Siamo ancora in casa, così ci impongono le disposizioni del Governo e non riusciamo a capire quando potremo tornare alla normalità della nostra vita. Tuttavia non ci scoraggiamo, piuttosto rassicuriamo noi stessi e gli altri dicendo che questo triste momento passerà così come sono passati altri difficili momenti della storia italiana.

Passerà, sì, perché nella vita sono sempre corsi e ricorsi, tutto scorre…pάnta rhêi.

Pάnta rhêi è una espressione attribuita ad Eraclito, filosofo greco vissuto tra il VI e V sec. a. C. Nei suoi scritti costituiti da molti frammenti, probabilmente ciò che resta di un’opera più importante, non si trova questa espressione che quasi certamente fu usata da altri per esprimere il contenuto della filosofia eraclitea.

Eraclito era un filosofo solitario che sdegnava il popolo, non partecipò alla vita della sua città e fu chiamato <<l’oscuro>> perché il suo linguaggio era oracolare, originale, a volte ambiguo. Gli studiosi hanno molto faticato a ordinare ciò che rimane della sua opera, dai frammenti si comprende, comunque, che Eraclito fu il primo filosofo a porre al centro dell’universo l’uomo; i filosofi precedenti, invece, si occuparono esclusivamente della natura.

Egli notò la perenne mobilità delle cose che sono e per spiegare questo pensiero fece ricorso all’immagine dello scorrere di un fiume:

<<Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte>>.

<<Acque sempre diverse scorrono per coloro che si immergono negli stessi fiumi>>.

Il fiume è lo stesso ma le acque sono sempre diverse perché scorrono ed anche noi uomini siamo diversi se ci immergiamo in momenti diversi. La legge del divenire, del cambiamento, infatti, riguarda tutti, gli uomini e le cose ed Eraclito lo esprime bene in altri frammenti:

<<La stessa cosa sono il giovane e il vecchio, il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente>> Il divenire è quindi una continua trasformazione per cui ogni cosa si converte nel suo opposto, in un continuo conflitto, Eraclito scrive:

<<Polemos <la guerra> è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dei e gli altri come uomini, gli uni li fa schiavi gli altri liberi>>.

Il conflitto di cui scrive Eraclito è guerra ma è insieme pace perché il contrasto produce l’armonia più bella; è la superiore armonia dei contrari che dà senso ad ogni cosa: la malattia rende dolce la salute, la fame rende dolce la sazietà e la fatica rende dolce il riposo.

La molteplicità delle cose si raccoglie quindi in una superiore unità ma solo l’uomo saggio lo comprenderà; solo l’uomo saggio comprenderà che la natura è governata dal logos, da una razionalità profonda che fa cogliere l’armonia nascosta nelle cose mentre chi non comprende il logos vedrà nella vita solo ingiustizia e disarmonia. <<E’ saggio convenire che tutto è uno>>

Eraclito non ha solo spostato l’interesse dei primi filosofi dalla natura all’uomo, ha anche introdotto una nuova concezione dell’anima:

<< I confini dell’anima non li potrai mai raggiungere, per quanto tu proceda fino in fondo nel percorrere le sue strade: così profonda è la sua ragione>>.

In questo frammento, Eraclito sembra dare all’anima una profondità e un’infinità che non troviamo nei primi filosofi, essi, infatti, parlano di psyché ma legata ad un principio naturalistico.

Eraclito, probabilmente, fu influenzato dall’orfismo, un’antica religione greca che sosteneva che l’anima vive nel corpo come in una tomba, solo quando il corpo morirà, l’anima sarà libera. Scrive infatti: <<Dopo la morte attendono gli uomini cose che essi non sperano e neppure immaginano>>.

La filosofia di Eraclito ha superato i confini del tempo in cui visse ed ha lasciato innumerevoli spunti per elaborazioni successive, interessanti e importanti.

Oggi rileggo i frammenti per far passare il tempo e mentre il tempo passa…pάnta rhêi, tutto passa.

Gabriella Colistra

5 COMMENTS

  1. Eraclito, giustamente prof.ssa Gabriella Colistra, fu soprannominato ( o scoteinòs ) l’Oscuro: sibillino (a mò di oracoli), snobista (perché disdegnava il volgo, da aristocratico) o, semplicemente , ermetico/l’Oscuro anche ai dotti moderni?
    Nacque ad Efeso circa l’anno 530 a. C.
    Compose un’opera ( perì fùseos ), suddivisa in tre parti (Cf. Diog. Laert., IX, 7. Le citazioni sono prese dall’opera perì tù bìu, dogmàton cài apoftegmàton en filosofìa eudochimesànton – ed. Cobbet, Paris, 1850, che è attribuita a Diogene Laerzio. Cf. Solovine, Héraclite d’Ephèse, Paris, Alean – : la prima, perì tù pantòs; la seconda, ( lògos ) politicòs e, la terza, ( lògos ) teologhicòs.
    Dei frammenti, giunti a noi molto pochi, si possono assegnare alla seconda parte e meno ancora alla terza. Quelli esistenti offrono molta difficoltà a chi li voglia ordinare ed interpretare, sempre più crescente per il fatto che molti autori secondari non sono affidabili.
    Le dottrine di Eraclito rassomigliano alle credenze fondamentali degli Stoici, rassomiglianza che i loro storici qua e là a volte esagerano.
    Accanto ai frammenti ricordati, abbiamo per fonti d’informazione gli scritti di Platone e di Aristotele che ci danno un racconto passabilmente completo dei suoi insegnamenti.
    Eraclito, contrariamente alla dottrina eleatica, si oppone anche ai dati della coscienza comune irriflessiva. Gli uomini in generale, e vi comprende non solo Pitagora e Senofane, ma anche Omero ed Esiodo, non vedono che le forme sensibili, né riescono a comprendere la Ragione che tutto discerne: (Fragm. 1. Le citazioni sono prese dal Mullach, Fragmenta Philosophorum – Parisiis, Didot, 1875 – Si ritiene però la citazione dell’originale inglese presa da Burnet il quale segue Bywater, Her. Eph. Reliquiae – Oxford, 1877 – ; a questa è aggiunta anche la citazione di Zeller il quale segue Schuster, Heraclit von Ephesus, 1873. Byw. 18.; Sch. 3,4 ) per cui noi dobbiamo seguire solo questa.
    ” Molto imparare non ammaestra lo spirito ” (Byw. Fragm. 16; Mullach fr. 14, polumatìe nòon u didàschei “.
    Ora la prima lezione che la Ragione c’insegna è che nulla al mondo intorno a noi è permanente; e quando i sensi attribuiscono alle cose una permanenza che non possono avere, s’ingannano, dando così origine al massimo di tutti gli errori, la credenza della immobilità. La verità è che tutto cambia, pànta korèi; ogni cosa è avvolta nella corrente della mutazione; dalla vita viene la morte; dalla morte la vita; alla vecchiaia succede la gioventù, il sonno si muta in veglia, la veglia in sonno. Nel mondo nulla è, tutto DIVIENE.
    Platone (Teet., 160 D, e Cratil., 401 D) ed Aristotele (Met., IV, 5, 1010 a, 13, e De An., I, 2. 405 a, 25) contrassegnarono la dottrina della universalità della mutazione, come la più caratteristica degli insegnamenti di Eraclito; il primo, inoltre, ne ricorda espressamente il paragone con la corrente in cui onda segue onda.
    E’ notevole, però, che l’espressione ” Tutte le cose scorrono “, che riassume così bene la dottrina della mutazione universale, non può provarsi con una citazione dell’opera di Eraclito.
    Succintamente: ” Il fuoco divino che tutto governa “: per fuoco Eraclito – più che il risultato della combustione – intese una materia invisibile calda, dotata di vita o almeno di poter DIVENIRE ” Tutte le cose si scambiano con l’oro e l’oro con le mercanzie (scambio in natura)”:
    (Frag. 22) perciò il fuoco è ciò che Aristotele chiamerebbe causa sia materiale sia efficiente di tutte le cose.
    Inoltre, poiché tutte le cose procedono dal fuoco, esso si chiama Zeus, Divinità, Lògos, Giustizia.
    “La lotta è la madre di tutte le cose e di tutte la regina “: pòlemos pànton mèn patèr estì, pànton de basiléus, essa ha fatto alcuni dei, altri uomini (Frag. 44; Sch. 75; Hippol., Reful., IX, 9): lotta eterna come il fuoco. Contraria alla lotta (l’odio), che diede origine alle cose per la separazione, è l’armonia, che le riconduce al fuoco da cui derivarono. Questi paragoni, però, mentre hanno un senso dualistico (odio/amore), non si devono intendere che semplici metafore della dottrina di Eraclito, perché il fuoco, ed esso solo, è la causa di ogni mutazione.
    Il Big-bang spiegato da Eraclito: mondo prodotto da trasformazioni del fuoco eterno.
    Dallo spegnimento del fuoco (sbénnustai) diventa acqua e terra; dall’accensione (àptestai) la terra torna acqua e questa fuoco. L’una è la via inversa dell’altra (odòs àno càto mìa) – Fragm. 69; Mull. 32, 91 – .
    L’armonia contrasta la lotta ( l’amore l’odio ), ed un giorno sarà sopraffatta (l’amore prevarrà sull’odio); allora, quasi per gioco (Fragm. 79. Cf. nota apud Fairbanks, p. 42), il fuoco darà inizio all’eterna lotta fra i contrari (concordia/lotta; amore/odio).
    Dall’uno può venire il tutto, e dal tutto l’uno.
    Aristotele criticò Eraclito (Met., IV, 3, 1005, b, 25), per aver negato il principio di non contraddizione; Hegel, invece, crede che Eraclito sia stato il primo a riconoscere la unità, la identità dell’Ente (Cf. Hegel, Gesch. der Phil., I, 305. Werke, XIII, 305).
    Eraclito, tuttavia, non merita né la critica di Aristotele, né il plauso di Hegel: egli, infatti, non afferma predicati opposti dello stesso soggetto nello stesso tempo e sub eodem respecta.
    Questa, poi, è una teoria fisica, non logica; affermare, perciò, la unità dei contrari in concreto, non è lo stesso che sostenere la identità dell’Ente e del non-Ente in astratto.
    “L’anima più secca è la più saggia e la migliore” (Fragm. 74; Mu. 72; Sch. 54, 55). Se il fuoco dell’anima è estinto dall’umido, la ragione è perduta. Come tutte le cose in natura, l’anima varia di continuo; si nutre di fuoco, o di materia calda che entra come fiato ed è ricevuta attraverso i sensi. Ciononostante, Eraclito scrive in molti frammenti del premio futuro e del fato dell’anima nell’Ade (Cf. Zeller, op. cit., franc. II, p. 199 n; ted. I, p. 678 n; ingl. II, 85).
    Eraclito mette in guardia dalla conoscenza sensitiva: “Occhi ed orecchie sono cattivi testimoni agli uomini, se le loro anime non ne intendono il parlare” (Fragm. 23; Byw. 4; Sch. 14). Solo la conoscenza razionale merita fede.
    Tuttavia non si provò a determinare le condizioni della conoscenza razionale.
    ” Il carattere di un uomo è la sua divinità che lo custodisce” (Fragm. 121). Soddisfazione od equità (euaréstesis) è per Eraclito la suprema felicità dell’uomo.
    Fin dall’antichità, Eraclito meritò il titolo di fusicòs; fu, infatti, uno dei più grandi fisici, perché ebbe il merito di studiare la natura come un tutto, sotto un aspetto universale.
    Michele dr. DI GIUSEPPE.

  2. Gentile dott. Michele,come sempre i suoi commenti eruditi e colti forniscono interessanti materiali per approfondimenti e riflessioni. Eraclito, mi consenta l’osservazione, è stato tirato per la giacchetta da tanti studiosi e filosofi che sono andati, forse, oltre le intenzioni dello stesso Eraclito. Dico questo perché, come ho scritto, il filosofo di Efeso si compiaceva, in fondo, di essere oscuro, oracolare, per pochi iniziati.
    Il problema delle fonti è, d’altra parte, di difficile soluzione per quanto riguarda i primi filosofi vissuti in tempi in cui la cultura veniva trasmessa per lo più oralmente, per questo troviamo tante e diverse interpretazioni e soluzioni proposte, anche perché ognuno giudica dal proprio punto di vista stravolgendo, anche, ciò che l’altro ha scritto. Mi riferisco soprattutto a coloro che, rifacendosi ad Eraclito, sono giunti alle conclusioni a cui volevano giungere, vedi gli Stoici.
    Credo che, per gli antichi filosofi, Platone e Aristotele siano le fonti più sicure, a loro mi rifaccio, solitamente, quando tratto aspetti della filosofia più antica. Certo Eraclito è, tra i primi filosofi, quello che attrae di più per la profondità e la ricchezza del suo sentire soprattutto rivolta alla ricerca del principio delle cose, l’archè.
    La ringrazio ancora per le sue interessanti considerazioni.
    Gabriella Colistra

  3. Grazie, Prof.ssa Gabriella Colistra, temevo di “fuorviare” con lo scrupolo delle citazioni delle fonti; ma credo che la Sua attenta lettura mi ha ripagato dell’impegno d’aver voluto documentare ogni asserzione non puramente denotativa.
    Nella Sua leggiadra esposizione vi sono tutti gli elementi connotativi del pensiero di Eraclito, che spero Lei vorrà approfondire prossimamente poiché ritengo pregnanti di conseguenti logiche conclusioni attualissime, grazie alla profonda lungimiranza eraclitea.
    Il fuoco, meglio, il lògos armonizza il dinamismo del divenire unificando tutte le cose in uno.
    In particolare, la connotazione dell’anima è profondissima: non ha confini, è immateriale…è,
    dunque, spirituale e, per questo, eterna e meritevole di ricongiungersi con il fuoco da cui proviene.
    La terza parte del “Perì Fùseos” (purtroppo pervenutaci solo in frammenti), (lògos) teologhicòs
    immagino avrebbe illuminato alquanto e sul Fuoco/Zeus/Divinità/Lògos/Giustizia e sull’anima.
    Infine, splendida la distinzione da Lei, Prof.ssa Gabriella, messa in risalto, tra la conoscenza sensitiva e quella razionale, sola meritevole di fede: tutti “materiali” preziosissimi per approfondimenti e riflessioni, come giustamente da Lei auspicati.
    A rileggerLa sempre con interesse e vivo apprezzamento.

    Michele dr. DI GIUSEPPE.

  4. Gentile dr. Michele, citare le fonti dà sicuramente più valore alle tesi sostenute e questo in molti casi è necessario. Nella scrittura di un articoletto si tacciono però è necessario consultarle altrimenti il dire di filosofi lontanissimi nel tempo potrebbe essere falsato. Il fuoco, come lei scrive è principio e vita per tutto ciò che esiste. Così era la ricerca filosofica al tempo di Eraclito, ricerca volta a trovare un principio capace di spiegare tutto. Molte risposte sono chiaramente insufficienti a tale fine, tuttavia sono piene di suggestioni e contengono semi che daranno frutti copiosi più tardi. Sono d’accordo con lei che la concezione dell’anima di Eraclito lasci aperte tante questioni e dell’anima nel mondo greco probabilmente scriverò nei prossimi giorni.
    La ringrazio per la sua cortesia, cordialmente Gabriella Colistra

  5. Ancora grazie, gentilissima prof. Gabriella, farò tesoro del Suo consiglio.
    Deferenti ossequi, Michele DI GIUSEPPE.

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