Il tempo è uno dei tempi più affascinanti che la filosofia abbia affrontato, lo ha fatto in modi diversi giungendo a risultati diversi e ognuno interessante per la riflessione che ha generato.
I filosofi più antichi pensavano che il tempo fosse ciclico, così suggeriva l’alternarsi delle stagioni, il movimento degli astri che potevano essere osservati ad occhio nudo e questo in fondo era utile all’uomo che sulla base della circolarità e del ritorno di ogni cosa organizzava la propria vita.
A questa visione del tempo si oppose molti secoli dopo la visione del cristianesimo che propose un tempo lineare, un tempo iniziato con la creazione del mondo e che si sarebbe concluso con il raggiungimento della vita eterna.
Nel ‘600, Newton ritenne che il tempo esistesse come elemento indipendente delle cose.
La spiegazione che ritengo più interessante è quella di H. Bergson, filosofo francese vissuto tra Ottocento e Novecento che notò nei fenomeni e negli oggetti differenze qualitative e di natura e queste differenze si colgono anche nel tempo che può essere spazializzato o vissuto.
Il tempo spazializzato è quello scandito da un orologio le cui lancette muovendosi percorrono uno spazio sempre uguale. È questo il tempo utile per fissare un appuntamento, prendere un treno, svolgere un compito. È questo il tempo di cui si serve la nostra intelligenza.
Il tempo vissuto è quello interno alla nostra coscienza che vive, a volte un’ora difficile come se non finisse mai e un giorno felice come se durasse un istante. La coscienza conserva passato e futuro nel presente e questi tre elementi, scrive Bergson:
<< si fondono tra loro come cristalli di neve al contatto prolungato della mano >>.
Per questo motivo il tempo vissuto è chiamato durata, perché non può essere identificato con uno spazio definito.
In tempi più recenti gli scienziati hanno sostenuto che il tempo non esista come realtà ma come dimensione ideale che l’uomo utilizza per sua comodità o per esigenze interiori come nel caso della durata in cui il nostro essere trova nella propria interiorità il senso del vivere.
Da un tempo contenitore di eventi si passa, quindi, ad un tempo definito e determinato dall’uomo che con le sue azioni determina il tempo storico, la storia. Ed è uno storico, Ferdinand Braudel, che nel Novecento parlò di lunga durata.
Braudel (1902 – 1985) è uno storico francese appartenente alla “École des Annales”, una scuola storiografica che rifiuta la tradizionale storia politica e militare e mira ad un ampliamento dei contenuti che riguardano il discorso storico attraverso antropologia, sociologia, psicologia, economia che devono contribuire a formare un quadro più ampio e innovativo nella metodologia storiografica.
Ricordo che in una vecchia intervista, Braudel, a cui fu chiesto di spiegare cosa fosse la lunga durata, rispose che era un concetto semplice ma come ogni concetto semplice, difficile da spiegare. La spiegazione fu invece semplicissima e la ripropongo.
Braudel ritiene che l’uomo tenda a considerare solo gli avvenimenti più vicini nel tempo e quelli che lo riguardano direttamente e pensi, inoltre, che tali avvenimenti sommandosi costituiscano la storia. Per Braudel, invece, la storia è costituita di elementi di lunga durata, di strutture che permangono per infinite generazioni, realtà che il tempo stenta a logorare e porta con sé molto a lungo.
<<La vita è fatta di correnti che scorrono a velocità diverse: alcune mutano di giorno in giorno, altre di anno in anno, altre di secolo in secolo >> Braudel, Storia, misura del mondo
Per chiarire, ha ricordato il mondo greco – romano che non esiste più da tanto tempo ma dura nella radice delle parole che usiamo, nei detti che citiamo, nei modi di fare alcune cose, negli elementi del diritto e altro ancora.
Un altro esempio di lunga durata è il cristianesimo, un evento che da due millenni è presente nella cultura e nell’agire di tanti uomini che conservano parole e gesti antichi. La lunga durata impegna il presente e molti avvenimenti si legano ad essa.
Ancora, il permanere di popoli in uno stesso luogo per un lungo periodo che fa nascere consuetudini, usanze, legate anche al clima e alla geografia del posto.
<< Tra i diversi tempi della storia, la lunga durata si presenta come un personaggio ingombrante, complicato, spesso inedito. […] Tutti i livelli, tutti gli innumerevoli livelli e rivelazioni del tempo della storia possono essere compresi a partire da questa profondità, da questa semi immobilità. Tutto gravita attorno ad essa >> Braudel, Scritti sulla storia
Non è quindi l’uomo a fare, giorno dopo giorno, la storia ma è la storia che determina l’agire dell’uomo.
Questa posizione sembra portare ad una filosofia della storia ma la lunga durata di Braudel mi affascina forse perché, in fondo, mi sento vicina alle sue posizioni. Sento vivo il mondo greco dei miti e degli eroi, sento ancora la voce dei filosofi antichi e dei poeti che parlano al presente, e i luoghi, i reperti archeologici così numerosi nel nostro paese contribuiscono a conservare la memoria di epoche passate che oggi suscitano meraviglia.
IL mondo odierno, al contrario, sembra scadente e povero, chiuso in un asfittico egoismo che fa pensare solo al proprio particolare interesse e mi soccorre ancora Braudel: << Il tempo breve è la più capricciosa, la più ingannevole durata >>.
Ingannevole perché forse illude gli uomini di passare alla storia per qualche azione compiuta e ritenuta importante e si tornerà, invece, in quel buio dal quale si è venuti, ignorati dalla storia.
D’altra parte non vedo perché dovrebbero passare alla storia quelli che si ubriacano e provocano inutili risse quasi ogni sera. Non vedo il merito, non vedo il fine, vedo solo stupida violenza. Non credo che passeranno alla storia i bulli che nelle scuole disturbano in vario modo i ragazzini più timidi o più deboli. E non passeranno alla storia i genitori che non sono capaci di vedere i figli ubriachi o violenti e, se se ne accorgono, tendono a giustificare.
Il tempo non esiste ma parlare del tempo porta lontano perché il tempo è anche la vita e non amiamo nulla quanto il nostro essere. Parlando del tempo affiorano i ricordi, un passato felice e un futuro incerto ma anch’esso felice secondo Braudel. Se non ci fosse il futuro, argomenta, non potremmo essere felici perché ci mancherebbe l’aspettativa del domani e forse è proprio nell’aspettare che risiede la felicità.
Gabriella Colistra
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