9 domande 9 a Tania David e il suo amore per la poesia
Eccomi stamani a pochi passi dalla città di Brescia, precisamente a Gussago, importante cittadina della Franciacorta, ricca di bellezze paesaggistiche e siti storici e culturali.
Un luogo meraviglioso, un luogo poetico dove incontro Tania David, laureata in psicopedagogia, nonché insegnante d’italiano e animatrice alla lettura, arte e immagine in pensione, per rivolgerle 9 domande 9 sul suo amore per la poesia che ho scoperto essere il suo debole, anche se sinora non ha mai pubblicato raccolte in quanto rifugge dalla notorietà e dalla ribalta.
E vi confesso che non è stato facile intercettarla e convincerla a dedicarmi qualche minuto del suo tempo…
Fiore – Una persona o un evento della tua vita, che ti ha spinto tra le braccia della poesia… chi era e come è accaduto?
David – Buongiorno a te, grazie per questa intervista che mi permette di esprimermi in una piacevole conversazione Da piccola amavo le filastrocche, recitate in dialetto siciliano da mio padre L’arte dei cantastorie e dei pupi siciliani mi affascinava per la loro enfasi narrativa.
La persona che mi ha fatto veramente amare la poesia è stato il mio bravo professore di italiano alle superiori con il suo approccio coinvolgente e attoriale alle liriche dei grandi poeti.
“La poesia non va tradotta in prosa, va ascoltata e interpretata secondo il proprio sentire,” così lui affermava. Non ci spiegava il contenuto, ma leggeva magistralmente la poesia e ciascuno di noi doveva farne oggetto di un tema, secondo la nostra sensibilità e intuizione.
Fu così che iniziai ad amare la poesia. Lo ricordo ancora con stima e affetto.
Fiore – Il primo autore, uomo o donna, che ti ha colpito come poeta?
David – Ho amato fin da subito Leopardi, in particolare le sue poesie della raccolta “Canti”. Come lui stesso la definì, la sua poetica è la storia di un’anima. È il poeta che, negando a sé la sua vita più d’ogni altro, insegnò ad amarla. Quanto immenso era il suo desiderio di vita tanto limitato era lo spazio umano che questo gli consentiva. Sgomento e dolcezza è quella “siepe” che non gli permise di vivere oltre l’orizzonte nell’Infinito.
Con lui condivido il seguente aspetto: “Se la felicità non è un bene posseduto essa tornerà nella dolcezza del ricordo o si profilerà nella febbre delle speranze”. Molte mie poesie si richiamano a questo concetto.
Fiore – Il primo libro di poesia che hai acquistato o cercato in una biblioteca?
David – Il primo libro di poesia acquistato è stato una raccolta della poetessa Emily Dickinson. Ero curiosa di approfondirne le tematiche, amavo l’intensa brevità delle sue poesie, ma densa di significati di amore per il creato e le piccole cose.
Fiore – Quando e in quale occasione hai scritto i primi versi?
David – Da adolescente ho scritto i primi versi. Era il momento delle grandi domande, delle delusioni, del non piacermi fisicamente e affidavo ai versi la mia malinconia, il mio disagio, i miei timori… chiusa nel mio mondo.
Fiore – Cos’è per te la poesia?
David – Tempo fa ho scritto questo acrostico che risponde alla tua domanda.
P arole d’impellenza espressiva.
O ltre il presente, il ricordo di un momento.
E mozioni riemerse, a lungo trattenute.
S entimenti che bruciano l’anima o allietano il cuore.
I mmenso il fluire di pensieri e immagini.
E il tempo del dire travolge e rompe gli argini del silenzio.
Fiore – Come e perché ci si appassiona?
David – Ci sono aspetti del creato, il cielo, la luna, il mare, delle emozioni, dei momenti della vita che non possono essere ignorati o sminuiti da poche parole, proferite in fretta.
Occorre usare l’idioma del cuore, il sentire dell’anima, ricco di immagini poetiche e figure retoriche. Bisogna però leggere tante poesie, per amarle, vederne la bellezza e acquisirne lo stile espressivo.
Fiore – Sembra che il silenzio sia il grembo idoneo per la nascita della poesia… sei d’accordo?
David – Sì, senza il silenzio, senza la sana meditazione su te stessa e i problemi del mondo non arriva l’ispirazione. A volte è durante i risvegli notturni che i versi ti vengono a cercare ed è mia abitudine annotarli per la successiva scrittura della mia poesia.
Fiore – Da cosa trai l’ispirazione per le tue liriche?
David – È la natura che mi circonda, i luoghi, le persone ad ispirarmi. Amo la fotografia, sono una cacciatrice di albe e tramonti di panorami, dei prati fioriti, di alberi maestosi o anneriti dal tempo. Un’immagine, un dipinto, un ricordo, un sentimento, un dolore si trasformano in poesia.
Scrivo di getto quando arriva l’emozione, difficilmente correggo ciò che ho scritto. Non mi ritengo un poeta, sono una che scrive… e questo mi basta.
Fiore – La poesia si legge poco… di chi è la responsabilità?
David – Si è da sempre imposto ai bambini di studiare le poesie a memoria o di memorizzare parti di poemi, finendo per rendere la poesia un atto ripetitivo e difficile per alcuni alunni con scarsa memoria. Inoltre l’esercizio della riduzione in prosa rende arida la lettura della poesia privandola del suo significato emotivo.
Forse si inizia così a non dare valore alla poesia per quello che dovrebbe essere: pura emozione. Ognuno dovrebbe, a piacer proprio, mandare a memoria le parti che più hanno colpito la propria sensibilità.
Si è ritenuto inoltre che la poesia fosse una parte letteraria prettamente femminile e non universale nella produzione e nella fruizione. Ultimamente invece si tiene a divulgare e a valorizzare di più questa forma d’arte.
Fiore – Conclusione… ti chiedo di offrire ai lettori di ScrepMagazine 3 tue liriche…Grazie e buon tutto!
David – Eccole… e grazie a te per questa opportunità offertami…
Dolce alba
È bacio
su gli occhi
assonnati
quel roseo
affacciarsi
dell’alba.
Dolci note
in silenzio
sussurra
in un palpito,
lieve,
comune respiro.
Di rugiada
e di resina
il vento
profuma,
della veglia
i sensi
rapido
ridesta.
Pomeriggio d’estate
Pomeriggio
di quelli che si ricordano
per la sabbia rovente
per la luce d’estremo
per l’aria sazia
dell’azzurro cielo.
E l’onda che avanza
che spruzza
che bagna,
refrigerio
per la pelle
arsa dal sole,
bianca di salsedine.
Fermi nell’immoto
istante
di cose non dette,
muti respiriamo
la nostra speziata
essenza di garofano
e inebriante gelsomino.
E questa, è vita.
Piovosa sera
Un altro giorno
della mia vita
s’ è spento
in questa
piovosa sera.
Vuote le strade,
unica lanterna
l’insegna di fronte.
Una goccia sul vetro
si fa lacrima,
brucia l’occhio,
mentre lo sguardo
si spande altrove.
Mari neri per la via,
di porpora il tuo amore,
unico angolo
di beata follia.
Vincenzo Fiore
Clicca il link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:
“a tu per tu con…” Elena Saviano e i suoi “Naviganti di passaggio”
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