Shining di Stanley Kubrick compie 40anni. Il film è un vero e proprio mistero ancora per molti, con scene entrate a far parte dell’immaginario collettivo di ogni amante del Cinema.
Tratta dall’omonimo romanzo del 1977 del Re dell’horror Stephen King (che ha sempre ammesso di non condividere del tutto la trasposizione cinematografica di Kubrick), la pellicola, definita spesso “un enigma visivo”, è ancora oggi un cult intramontabile.
In una sua analisi del grande e geniale regista, lo scrittore Enrico Ghezzi parla di “vedere e stravedere” Shining, giocando sulla parola stessa Overlook, che è anche il nome dell’Hotel della morte che libera la follia in Jack e la lascia esplodere nella ferocia manifestata poi alla fine.
E bisogna guardarlo quindi tante volte il film, ricco di rimandi, richiami simbolici, allegorie, alcune rimaste irrisolte altre interpretate in molteplici modi (il coniglio inginocchiato nella camera da letto) e che hanno contribuito a creare l’alone di leggenda intorno alla pellicola.
La storia ormai nota racconta di Jack (uno straordinario Jack Nicholson) che accetta il lavoro di custode invernale all’Overlook Hotel in Colorado e vi si trasferisce con la moglie Wendy e il figlioletto Danny.
Danny è in realtà un bambino dotato di poteri particolari: riesce ad avvertire se c’è qualcosa di sovrannaturale che lo circonda.
Intanto nell’hotel col passare dei giorni iniziano ad accadere cose strane: Jack viene immerso nelle sue fantasie, circondato da fantasmi che vivono nel luogo, Wendy comincia a dubitare della stabilità mentale del marito mentre Danny stesso fa degli “strani incontri” nei suoi giri in monociclo fra i lunghi e disturbanti corridoi dell’Overlook. Fino al finale anche un po’ aperto.
Definire Shining un mero horror sarebbe molto riduttivo: psicologia, dramma, melodramma, fantasy, thriller, giallo. Anche un po’ di leggera commedia, se vogliamo, in alcune scene girate al Bar, mentre Jack chiacchiera allegramente con un barman inesistente.
Sta di fatto che la tensione è palpabile e quasi immediatamente si viene risucchiati nella dimensione altra in cui Kubrick ci vuole condurre, là dove Jack scrive a macchina frasi che sembrano non aver nessun senso (il mattino ha l’oro in bocca).
Wendy terrorizzata comincia a temere per la sua vita e per quella di Danny e una fitta coltre di neve circonda l’hotel degli orrori.
La paura che si avverte è fatta anche di un solo “frame” sovrapposto nella scena (si pensi all’inquadratura delle due gemelle in corridoio), di una porta socchiusa che lascia intravedere una vecchia immersa in una vasca da bagno, o di una semplice ruota che scivola via rapida su un tappeto a rombi, ma è l’abilità del regista a montare le scene a fare la differenza, con l’aggiunta di una straordinaria colonna sonora e di luci disturbanti che creano l’effetto che conosciamo.
Si tratti di fantasmi, di reminiscenze di una vita passata, di premonizioni o “semplici visioni” in realtà non lo scopriremo mai perché tante cose restano inspiegate e inspiegabili in Shining ma, in fondo è quanto voleva King primo e poi Kubrick: creare una coltre di mistero che avrebbe dovuto circondare tutta la vicenda, i personaggi, l’albergo e il film, rimasto fino ad oggi, nonostante i suoi 40 anni, tra i capolavori più imitati e amati del Cinema.
Sandra Orlando
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