Ricordi

198702

Siamo in estate, un’estate infuocata che piogge occasionali non riescono a rinfrescare e come in ogni estate arriva più tempo per leggere o per dedicarsi alle attività più piacevoli trascurate per impegni vari durante il resto dell’anno.

Proprio cercando qualcosa da leggere mi capita tra le mani un libro di Umberto Eco, saggista e intellettuale scomparso nel 2016, La misteriosa fiamma della regina Loana.

È un libro letto una decina di anni fa e allora mi aveva fatto pensare che l’autore si fosse divertito a scriverlo perché aveva inserito nel libro molte simpatiche immagini di draghi, principi e principesse che popolarono la nostra mente di bambini, ma anche foto della guerra e le prime immagini pubblicitarie, e ancora i personaggi dei fumetti dal Corriere dei piccoli a Topolino all’Uomo mascherato. E anche La misteriosa fiamma della regina Loana che era il titolo di un albo delle Nuove avventure di Cino e Franco e che Eco userà come titolo del libro.

C’è tanto altro e le immagini sono corredate da commenti e spiegazioni. Tutto questo è coerente alla storia narrata.

Nel libro, infatti, si racconta di un uomo che, a causa di un incidente stradale, perde la memoria “autobiografica”, quella che appartiene al singolo, e quindi dimentica il nome della moglie e delle figlie, non ricorda nulla di loro né le riconosce così come non riconosce i genitori né sa nulla della propria infanzia. Conserva invece la memoria “semantica” formata da conoscenze generali sul mondo, sui contenuti appresi a scuola e conosciuti da coloro che parlano la stessa lingua.

Gli viene suggerito di tornare nella casa di campagna dove ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza e dove, in una soffitta ritroverà quaderni di scuola, raccolta di francobolli, dischi che ascoltava.

Nella solitudine della vecchia casa, nel luogo dell’anima tra le Langhe e il Monferrato l’uomo rivive anni passati che lentamente riemergono alla memoria, ci sono però due pensieri che non si riempiono di contenuto e restano impigliati in una nebbia che non fa vedere che piccoli flash: un’esperienza atroce, risalente forse agli anni della guerra e il volto di una ragazza amata a sedici anni e perduta.

Rileggo qualche pagina e guardo le immagini che riportano a tempi lontani e penso quanto sia importante il ricordo nella vita di ognuno.

Lo comprese bene Henri Bergson filosofo francese che nel 1896 compose Materia e memoria, un’opera in cui sostiene che il mondo degli oggetti è come noi lo percepiamo, non ha esistenza in sé né al di fuori di noi, ma è l’immagine che noi percepiamo, portiamo nella coscienza e custodiamo nella memoria.

Non possiamo custodire tutto; il soggetto che percepisce ritaglia, elimina le croste esteriori, le parti superficiali, ritaglia ed elimina secondo ciò che lui è, secondo ciò che il suo corpo è.

È soprattutto nel sogno, quando è abolita ogni finalità pratica, che il contenuto della nostra coscienza emerge anche se è una parte piccolissima del passato quella che può varcare le soglie della coscienza.

Le affascinanti tesi di Bergson furono riprese dai neurofisiologi che proseguirono a studiare e ad approfondire tali fenomeni. Le tesi di Bergson si ritrovano anche nelle opere di Marcel Proust.

Anche in Proust, infatti, una situazione o un oggetto può richiamare alla mente un insieme di ricordi legati a quella situazione o a quell’oggetto.

<< Potrà accadere che una rappresentazione musicale in un teatro di provincia, un ballo giudicato ridicolo dalle persone di gusto, gli rievochino dei ricordi e si colleghino nel suo spirito a un ordine di fantasticherie e di inquietudini molto più di una splendida esecuzione all’Opera e di una serata ultra elegante a Faubourg Saint-Germain>>.

Il passato può risorgere incontrando casualmente un amico, guardando il paesaggio dal finestrino di un treno o mangiando una fetta di pane dal sapore antico.

Gli scritti di Bergson e di Proust sono indipendenti l’uno dall’altro nonostante le somiglianze che derivano dalla loro appartenenza al clima di critica della cultura del positivismo che aveva influenzato molto la cultura di fine Ottocento, inizio Novecento con la sua pretesa di sottoporre ogni conoscenza al vaglio del rigore scientifico.

All’inizio del Novecento, infatti, si affermano le avanguardie artistiche che frantumano tempo e spazio e adottano poetiche nuove ed espressioni artistiche inusitate considerate talvolta scandalose.

Mi piace molto la teoria di Bergson e mi piace la serie di rimandi che collegano una cosa con l’altra. Piacere provato giorni fa quando, parlando con un amico mi tornò in mente la casa dei miei nonni di cui lui disse di un particolare da me dimenticato. Ci ho pensato molto per ricordare e intanto pensavo a quella casa, a quegli anni, alla felicità che provai, alla felicità che ogni bambino prova quando va dai nonni, a come batte il cuore salendo le scale sapendo che troverà braccia che lo accoglieranno con affetto.

La fine del libro di Eco è sorprendente e non la rivelo, la fine dei nostri ricordi è nota. Sappiamo che senza ricordi e senza una storia da raccontare la nostra vita diventa poca cosa fino a spegnersi completamente.

Gabriella Colistra

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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