Radici

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Giorni fa parlavo con un amico di “radici”, quell’insieme di usanze, di culture, di consuetudini che costituiscono l’appartenenza ad un gruppo, ad una civiltà, e si mantengono nel tempo.

Mi tornò allora in mente che molti anni fa lessi Radici, un romanzo di Alex Haley, nel quale veniva raccontata la storia di una famiglia africana in cui Omoro Kinte, il capostipite, felice di aver avuto Kunta, il primo figlio, per di più maschio, nel giorno della nascita:

<< Al chiar di luna, quella stessa notte, da solo con suo figlio, Omoro completò il rituale dell’imposizione del nome. Stringendo il piccolo Kunta tra le braccia robuste, si portò fino al confine del villaggio e qui, sollevatolo al cielo, gli sussurrò: <<Guarda: l’unica cosa più grande di te >>.

Il gesto viene ripetuto per sette generazioni alla nascita del primo figlio e il rituale diventa la radice che tiene unita la famiglia per secoli, finché un brillante scrittore, figlio dell’ultima generazione, decide di scriverne tutta la saga.

Scrivendo le ultime righe del libro, l’autore pensa di aver dato voce ai perdenti della storia che di solito non possono farla sentire, ma questa voce è forte, è mantenuta viva dalle radici che ne sono alla base e che hanno legato le diverse generazioni.

Per quelle strane combinazioni che a volte capitano, la sera, scorrendo i social mi imbatto in un articolo dal titolo Rooting: il turismo delle radici.

Leggo, e penso sia uno dei tanti articoli che giocano sui sentimenti e sull’emotività umana infatti insiste molto sulle trasformazioni rigeneratrici che produce insieme ad uno scambio ricco e memorabile, finché nell’articolo c’è un link che rimanda al nostro Ministero degli esteri, clicco e…sorpresa!

Il ministero sostiene il turismo delle radici, soprattutto riferito alla conoscenza della storia familiare e della cultura d’origine, offerto agli italiani residenti all’estero. Tutto ciò ha un ritorno non solo culturale ma anche economico perché coinvolge molti operatori formati per gestire tale forma di turismo che si orienta soprattutto verso i piccoli borghi che sono i luoghi che, soprattutto, custodiscono le storie familiari.

In tal modo si rivitalizzano anche i luoghi che si sono progressivamente spopolati e che sembrano i più apprezzati dal turista delle radici.

Continuando a leggere noto, ancora più sorpresa, che i dati di coloro che lo praticano cresce negli anni.

È bello avere radici, riconoscersi in un humus comune, poter tracciare la storia della famiglia e verificare se è come quella che i nonni hanno raccontato ai nipoti. Scoprire com’è il viso di quello zio che manda pacchi dono dall’America, come sono i figli di quel figlio che partì appena diciottenne per far fortuna e la fortuna racconta di averla fatta.

La vita è varia, non sempre tutto è come sembra. Ci sarà pure qualcuno che non gradisca guardare il proprio passato, magari ha lasciato con rabbia e rancore un mondo che non lo aveva accettato e che non ha voglia e piacere di rincontrare.

Ricordo le polemiche che si fecero sulle radici dell’Europa, se fossero cristiane o no. Oggi, si combatte una guerra in cui vere o presunte radici vengono poste come causa e come fine di un’azione. Ritengo che, se conducono alla guerra, quelle radici sono un pretesto; se non lo sono, non si può obbligare alcuno a piegarvisi.

La vita è varia, le cose cambiano. Quello che era vero ieri, oggi non lo è più; sentiamo meno i legami, amiamo il nostro nucleo familiare allargato ai nonni e ai bisnonni e questo può bastare a renderci felici, ad ascoltare storie e fantasticare.

Le radici poi, non hanno lo stesso valore per tutti, ci sono quelli più concreti, razionali che sono convinti che importante sia la propria vita e le relazioni che, nel corso di questa, riesce a coltivare.

Se manca il paesello in cui tornare, pensiamo che siamo cittadini del mondo, che non abbiamo limiti e confini se non quelli che noi stessi ci poniamo. E se le radici pesano, non facciamoci sopraffare da esse, abbiamo dentro di noi una ragione sufficiente per vivere ed essere felici.

Non ho parenti emigrati o per qualche motivo dispersi, il turismo delle radici ha solo sollevato la mia curiosità su un problema che esiste e ha una sua pregnanza.

Un viaggio, però, vorrei farlo. Meta sconosciuta, il mio miglior compagno di viaggio; significherebbe che la pandemia è finita e che la guerra non c’è più; avremmo ali per volare e felicità per andare.

Gabriella Colistra

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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