Pedro Salinas e Il cielo capovolto di Vecchioni

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I cieli sono uguali.
Azzurri, grigi, neri,
si ripetono sopra
l’arancio o la pietra:
guardarli ci avvicina.
Annullano le stelle,
tanto sono lontane,
le distanze del mondo.
Se noi vogliamo unirci,
non guardare mai avanti:
tutto pieno di abissi,
di date e di leghe.

Abbandonati e galleggia
sopra il mare o sull’erba,
immobile, il viso al cielo.
Ti sentirai calare
lenta, verso l’alto,
nella vita dell’aria.
E ci incontreremo
oltre le differenze
invincibili, sabbie,
rocce, anni, ormai soli,
nuotatori celesti,
naufraghi dei cieli.

Pedro Salinas

Mi sono sempre piaciute le storie d’amore, specialmente quelle impossibili.

Una di queste è la storia d’amore tra Pedro Salinas e Katherine Reding.

È nell’estate del 1932 che il poeta Pedro Salinas incontra la donna che sarà il grande amore della sua vita, Katherine Reding.

Lui, già padre e marito di Margarita, sta tenendo una lezione all’Università.

Lei, una professoressa americana in visita in Spagna per studiare la letteratura, arriva in ritardo a lezione e si siede in fondo all’aula.

Ma Pedro la vede e si innamora, subito.

Un colpo di fulmine improvviso.

Proprio di quelli che fanno dimenticare il dove, il come, il quando e perché.

La invita a pranzo, e la accompagna a visitare la città, e a visitare i musei.

E più si conoscono e più si innamorano, più si mancano quando sono lontani.

Ma dopo un periodo insieme, alla fine dell’estate Katherine torna in America, Pedro resta in Spagna, con la sua famiglia.

L’allontanamento getta i due nello sconforto più totale.

E per sopperire alla mancanza si scrivono lettere, si inviano foto, cartoline, telegrammi.

Il loro amore è vero, puro, è potente, e va oltre le distanze, oltre la paura di perdersi, oltre il non potersi vivere ogni giorno.

Katherine per lui è la musa, la salvezza, il faro in un mare in tempesta.

Una fiamma che non si consuma, ma che consuma, poco a poco, senza che i due se ne rendano conto.

Nel 1933 Pedro pubblica “La voz a ti debida” (La voce a te dovuta), una raccolta di ’70 poesie, tutte dedicate a Katherine e al loro amore.

Un amore che è ricordo, è tempo che scorre con la distanza tra loro, è sogno, è ansia di perdersi, è desiderio di incontrarsi. Un amore che si nutre e si consuma nel dolore, nella gioia e nel dubbio.

Nel 1934 Margarita, la moglie di Pedro, venuta a conoscenza del tradimento tenta il suicidio ma si salva per miracolo.

Katherine non ce la fa più, non può reggere il peso della distanza, né quello della responsabilità visto ciò che è successo.

Da quel momento per lei fu più lo stesso, il dolore per il gesto compiuto da Margarita, la riportò alla realtà.

E si rese conto della natura della relazione.

Sentiva che stava facendo del male ad altri.

Non c’era più equilibrio in quell’amore, così sospeso nel nulla, senza luogo e senza tempo.

E mentre Pedro non trovava alcun motivo per chiudere quella relazione, dal momento che Margarita era sopravvissuta e Katherine le era necessaria tanto quanto la sua famiglia, per Katherine, quella era invece la fine.

Anche se in cuor suo sentiva di essere incatenata a lui.

Conosce mesi dopo, Brewer Whitmore, un uomo più grande di lei, vedovo. Inizialmente racconta di Pedro, del loro amore impossibile, della Spagna.

Lui la ascolta e la comprende. Decidono di sposarsi e vivono sereni fino alla morte di lui.

Intanto Pedro lascia la Spagna. Il suo esilio prima negli Stati Uniti, poi in Messico, gli permette di avvicinarsi ancora a Katherine.

Una Katherine ormai lontana da lui, ma ancora innamorata.

Una Katherine che riceve e che aspetta con impazienza le sue lettere d’amore, ma alle quali non risponde più.

Una Katherine sempre innamorata di Pedro ma ormai lontana.

Si incontrano per l’ultima volta a Northampton, nella primavera del 1951, pochi mesi prima della morte del poeta.

Katherine sapeva di essere stata tanto bramata e desiderata, da Pedro, e che sapeva di essere fortunata per questo.

Ma si sentì davvero mai amata?

Pedro riuscì a dimostrarle il suo amore?

Pedro fu certamente innamorato di lei per tutta la vita. Innamorato della sua intelligenza, della sua bellezza, della sua delicatezza.

Innamorato di quella distanza che nutriva la loro relazione, di quel contatto di poche briciole di tempo, di cui dovevano accontentarsi, innamorato di quel colpo di fulmine che gli aveva stravolto la vita.

Innamorato, lo era, tremendamente innamorato.

Ma non seppe, come molti, amare sul serio Katherine come invece amò se stesso, la sua poesia e la sua famiglia.

Il tema del distacco da chi si ama, lo ritroviamo in una canzone di Vecchioni : Il cielo capovolto.

Ne Il cielo capovolto (Ultimo canto di Saffo) del 1995, Roberto Vecchioni traduce i versi di dolore e di distacco, in una fondamentale differenza del sentire dolore per amore .

Uomini e donne sentono, vivono l’amore e le emozioni in modo diverso.

“Gli uomini son come il mare:
l’azzurro capovolto che riflette il cielo;
sognano di navigare
ma non è vero”.

Vecchioni invece, immagina di essere lei, la poetessa Saffo, che canta il suo lamento d’amore, accompagnato dalla lira in onore di una delle sue ragazze che erano con lei nel tiaso, e appena promessa e data in sposa.

“Che ne sarà di me e di te,
che ne sarà di noi?
L’orlo di un tuo vestito,
un’unghia di un tuo dito,
l’ora che te ne vai.
Che ne sarà domani, dopodomani
e poi per sempre?
Mi tremerà la mano,
passandola sul tuo seno,
cifra degli anni miei…”.

All’apparenza è lei a muoversi, ma è un falso movimento, il suo.

Per lei non c’è partenza, è ferma nel suo amore per Saffo.

Questo dolore cantato da Vecchioni, si muoveva nel petto di Saffo la notte in cui salutò Anattoria, la bella achea, e le intrecciò l’ultima ghirlanda perché ricordasse lei, anche con quell’uomo, nella nuova vita che l’aspettava.

Un uomo gliela portava via. Un uomo e una nave…

Angela Amendola

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

Lacrime, Sol Levante e l’ikemeso

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