Lupo mannaro

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Di lui si è detto davvero tanto, tante storie sono state raccontate davanti al fuoco, nelle sere noiose d’inverno, quando fuori la tempesta rendeva tutto più vero e pauroso.

Alla fine dei racconti, tutti, grandi e piccini, andando a letto, si guardavano alle spalle. Qualcuno giurava di averlo incontrato e qualcun altro, raccontava di chi lo aveva visto di persona e messo in fuga con una secchiata d’acqua.

C’era chi invece, si era salvato salendo sui gradini di casa, poiché il “lupo puminario” non poteva salire oltre il terzo gradino! Il rischioso morso del lupo, in un soggetto sano, portava alla nascita di un nuovo lupo, dopo solo tre giorni di incubazione.

Nell’immaginario collettivo, spesso si trattava di un uomo che assumeva le sembianze di un lupo che camminava eretto sulle zampe posteriori, col corpo cosparso di peli lunghissimi e siccome non c’è leggenda che non racconti un po’ di verità, vediamo un po’ cosa si riesce ad estrapolare, se è davvero favola o leggenda o se è esistito mai un uomo capace di trasformarsi in un lupo spaventoso che con le sue unghie, lasciava il segno sulle porte di legno , dove abitava il malcapitato preso di mira.

La licantropia era una vera e propria malattia che rendeva il soggetto, così come chi aveva contratto la rabbia, particolarmente violento. I sintomi erano rappresentati da un intenso calore corporeo, pupille dilatate e difficoltà di respiro.

Anticamente si pensava che fosse una manifestazione demoniaca e si risolveva uccidendo il licantropo con una bastonata in testa oppure bruciandolo vivo, come si faceva con le streghe. Gli studiosi però, con la loro curiosità, hanno scoperto qual era in realtà l’origine della malattia, risparmiando rogo e mazzate a chi, suo malgrado, ne soffriva. Solitamente si è parlato di uomini ma mai di donne, colpite dalla malattia.

La lupa di Posillipo, al secolo Iolanda Pascucci, nata a Roma nel 1921, contrasse la malattia a soli dodici anni. Durante le notti di luna piena, era solita sentire un calore smisurato con conseguente fuoriuscita di bava dalla bocca. Durante gli attacchi, si allontanava dalla sua dimora per non colpire la sua famiglia, fino ad lasciarla in maniera definitiva, per poi essere catturata e condotta nell’ospedale degli incurabili a Napoli, da dove riuscì a fuggire e far perdere definitivamente le sue tracce.

Questo chiaramente è solo uno dei casi raccontati ma sono davvero tanti e dove non ha potuto il ricordo, ha potuto il cinema e l’editoria, con singolari racconti, scaturiti dalla fantasia che ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro e agitato i cuori paurosi.

Ma come si contraeva un simile morbo che rendeva l’uomo simile ad una bestia e come tale aveva bisogno di cibarsi di carne umana e sangue?

Per fortuna oggi, completamente debellata, la malattia altri non era che un disturbo mentale. Quindi nessun morso fatale o eventuali contatti col sangue e la bava del mostro!

All’inizio dell’articolo ho chiamato il lupo”puminario” perché è così che lo chiamavano i nonni della mia città, che pare fosse infestata e appena appariva in cielo la luna piena, si chiudevano le porte a doppia mandata per proteggersi dagli attacchi.

Gli ululati si spargevano paurosi lungo la collina e i bambini si nascondevano sotto le coperte, mentre gli uomini, sapendo che il lupo era idrofobo, tenevano acqua in abbondanza accanto alle finestre, per scacciare il lupo nel caso in cui avesse avuto l’ardire di arrampicarsi o accostarvisi.

Ancora oggi, raccontare certe storie, come già detto non tutte vere, ad alcuni fa venire in brividi altri invece, le ascoltano affascinati. Certo oggi non si usa più lo spauracchio del lupo mannaro, per tenere a bada i bambini più scalmanati, ci vuole ben altro!

 

Clicca il link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

Mio nonno ad Asmara

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