Louise GlucK: alla poetessa il Nobel alla letteratura

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Visualizza immagine di origineLa poetessa americana è la sedicesima donna a ricevere il Nobel  dopo la scrittrice polacca Olga Tokarczuk, vincitrice del premio per il 2018.

Quest’anno l’Accademia Svedese sta dando grandi soddisfazioni alle donne.

Dopo quello per la Chimica all ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna, e quello per la Fisica alla  ricercatrice Andrea Ghez, ora arriva quello per la Letteratura.

Il Premio Nobel 2020 è andato alla poetessa americana Louise Glück, 77 anni, che vince a sorpresa contro ogni pronostico «per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende l’esistenza individuale universale”.

Super premiata nel suo Paese, conL’iris selvatico”, raccolta di poesie con la quale nel 1993 vinse il premio Pulitzer, in Europa è meno conosciuta, ma l’Accademia l’ha preferita a McCarthy, DeLillo e Marilynne Robinson.

Biografia e temi

Nata a New York, La Gluck insegna letteratura inglese a Yale. Ha  scritto 12 raccolte di poesie, oltre a varie raccolte di saggi di critica letteraria e nel 2014 ha ricevuto anche il National Book Award, un altro importante premio letterario americano.

Uno dei temi ricorrenti delle sue opere (altri personaggi che vi sono citati sono Didone ed Euridice, come Persefone donne tradite), è l’infanzia . Poi la famiglia , i genitori e i fratelli e sorelle e il rapporto con la natura.

Il percorso creativo di Glück è una ricerca della grazia: un viaggio segnato dal dolore e dal desiderio, dalla solitudine e la tristezza.

In uno dei suoi saggi, contenuto in “Proofs & Theories: Essays on Poetry”, del 1994, ha raccontato della sua esperienza con l’anoressia da giovane.

Whatever / returns from oblivion returns / to find a voice”, “qualunque cosa / ritorna dall’oblio, ritorna / per trovare una voce”

I versi sono quelli iniziali di The Wild Iris (1992), la poesia che da il titolo alla raccolta con cui l’autrice aveva vinto il Premio Pulitzer nel 1993 , uscito in Italia per Giano Editore nel 2003, tradotto da Massimo Bacigalupo.

Le prime raccolte di  Glück, Firstborn (1968), The House on Marshland (1975), The Garden (1976), presentano personaggi alle prese con amori falliti, incontri familiari disastrosi e disperazione esistenziale, e il suo lavoro successivo continua a esplorare l’agonia del sé, Descending Figure (1980), The Triumph of Achilles (1985), Ararat (1990), e The Wild Iris, fino alla raccolta “sepolcrale” Averno del 2006 e la più recente Faithful and Virtuous Night del 2014.

Insistente è anche il tema della morte, dell’aldilà, insieme ad uno studio accurato di nfluenze psicanalitiche e sapienze di carattere letterario e mitologico.

Definita l’erede di Emily Dickinson e paragonata a Sylvia Plath la poesia di Glück è affidata a un linguaggio semplice e  visionario allo stesso tempo. In The Wild Iris parla un fiore, un fiore che si fa domande sulla vita e sulla morte:

Alla fine della mia sofferenza / c’era una porta. / Ascoltate bene: quella che chiamate morte / ricordo”.

Francesco Rognoni ha dato la sua interpretazione della produzione della poetessa leggendo un verso della sua poesia Le migrazioni notturne: “Allora cosa farà l’anima per rinfrancarsi?/ Mi dico che forse non avrà più bisogno/ di questi piaceri;/ forse già non essere basta del tutto,/ per quanto sia difficile da immaginare. Ecco, la poesia della Glück è una poesia che immagina il difficile”.

Sandra Orlando

Fine dell’estate

Dopo che mi vennero in mente tutte le cose,
mi venne in mente il vuoto.

C’è un limite
al piacere che trovavo nella forma…

In questo non sono come voi,
non ho risoluzione in un altro corpo,

non ho bisogno
di un riparo fuori di me…

Mie povere ispirate
creazioni, siete
distrazioni, in ultimo,
puri inceppi; siete
alla fine troppo poco simili a me
per piacermi.

E così candide:
volete essere ripagate
della vostra scomparsa,
pagate tutte con qualche parte della terra,
qualche ricordo, come una volta eravate
compensate per il lavoro,
lo scriba pagato
con argento, il pastore con orzo
per quanto non è la terra
a durare, non
queste schegge di materia…

Se apriste gli occhi
mi vedreste, vedreste
il vuoto del cielo
specchiato in terra, i campi
di nuovo nudi, senza vita, coperti di neve…

poi luce bianca
non più travestita da materia.

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