L’invito a fare sogni bellissimi…

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Vorrei ogni giorno avere l’occasione di conoscere la dolcezza della tua pelle, anche se ti conosco da anni, e spetta solo a te cercare di conoscerti meglio.

Come un funambolo mi ritrovo adesso a camminare su un filo tra la necessità e il desiderio, e rientro a casa con la smania di trovare una cartolina e commuovermi, e conservare con assiduità i colori e i profumi della stagione che ti detta le parole.

E ti vedo rimettere nel mazzo le carte del destino che mi vuole lontano, mentre la tua bocca che sospira condensa emette un filo di fumo che rimane nell’aria e si appiccica alla finestra.

È una vita insolita la nostra?

Ma su, è tutto in regola, no?

Per strapparla al suo nuovo inizio dovresti creare un inconveniente e per me sarebbe un dramma, dovrei tornare a essere un impavido senza contratto.

E dovrei tornare a non lasciar trasparire lo scoraggiamento e indossare quella sorta di gaia tristezza apparente e la barba di una settimana e quei vestiti che esitano i colori.

Tu hai la capacità di fermare la terra che mi gira sotto i piedi e che mi scorre sotto mentre le cose più futili precipitano addosso; ed è come vivere tra le rovine se sono sola, scrivi tu, ed è come rovistare tra le ore perfette da vivere, ti rispondo io.

Ci sono due giovani gatti sotto il portico, non annunciano ancora partenze, ma hanno fretta di lasciarsi e ritrovarsi, come noi che non riusciamo a ritrovarci negli occhi e nelle labbra se non attraverso sguardi e sorrisi dentro foto leggere a bassa risoluzione.

Mi dirigo verso i treni, ma non è per la mia partenza, è per ispirarmi a trasformare le parole in una strana canzone in cui piove spesso, e non c’è neppure un albero a offrire riparo a una donna corrucciata che saluta frettolosamente i viaggiatori.

Come se non sapesse nulla di loro, come se niente avesse preceduto il viaggio, non si ricorda nemmeno come si sono detti addio. Ha le braccia incrociate e cammina curva come per proteggersi dall’aria gelida, il suo corpo emana un’idea di estrema fragilità.

Tutto si è dissolto nell’aria umida, ma improvvisamente si ricorda che non è mai stato un addio, ma solo l’invito a fare sogni bellissimi.

Pasquale Allegro è nato a Lamezia Terme. Si è laureato in filosofia con una tesi sulla scrittura di Elie Wiesel. Insegnante in un liceo, collabora come editor per diverse case editrici e scrive di cultura, di libri in particolare, per alcuni giornali, riviste e blog. Ha pubblicato la raccolta poetica “Baco da sera” (Controluna, 2018) e il romanzo “La portata dei sogni” (Il seme bianco, 2019). Ha ricevuto riconoscimenti dalla critica e diversi premi letterari.

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