L’eclissi dell’arcobaleno

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Credo che la capacità di provare amore, amore inteso come predisposizione sentimentale nei confronti delle molteplicità offerte dalla vita e percepito con diversa intensità, sia un privilegio concesso a qualsiasi entità esistente.

Per natura, le creature presenti sulla terra tendono spontaneamente alla ricerca del piacere fisico e spirituale, un’esigenza che si traduce nella costante volontà di attingere a disparate forme di bellezza.

E così ci innamoriamo di un mandorlo in fiore, dello scodinzolio di un cane, del canto del mare, del sorriso mite di un bambino, di un uomo, di una donna, dell’azzurro del cielo, del verdeggiare di un prato, delle sonorità musicali.

Si potrebbe proseguire ad oltranza, persino in merito a ciò che concerne i sentimenti provati dai non umani.

Esistono, infatti, molte manifestazioni riscontrabili nei comportamenti degli animali che mal si conciliano con un mero e riduttivo concetto di istinto.

Dunque, pare proprio che l’amore stesso non ponga limiti alla sua naturale capacità di travolgere l’universo.

È dunque possibile che le concezioni radicate nella mente dell’uomo, che sono frutto di stereotipi assimilati nel corso del tempo, possano tenere a freno l’impeto sentimentale?

È ammissibile che esista un amore universalmente riconosciuto ed un altro che desti indignazione?

Credo proprio di no, poiché se la bontà dell’amore viene unanimamente accolta non si rivela possibile scindere l’amore stesso in elementi diseguali.

L’amore è uno solo, è un motore potentissimo e non è soggetto ad interpretazioni nè a giudizi.

A tal proposito sovviene spontaneamente un chiaro riferimento all’annosa questione che riguarda il problema dell’omofobia.

Negli ultimi tempi, l’attenzione della stampa e dei media si è focalizzata sulle evidenti spaccature generate dal ddl Zan.

Il ddl Zan è stato approvato alla Camera il 4 novembre 2020 e fa chiaramente riferimento alla legge Mancino che ha l’obiettivo di perseguire i reati di razzismo e che prevede la reclusione da uno a quattro anni per il reato di istigazione alla violenza di carattere omofobico.

Un’altra parte del ddl, in linea coerente con quanto riportato, si occupa della diffusione di una cultura improntata sulla piena tolleranza dell’altro.

Viene, inoltre, istituita una data italiana, il giorno 17 maggio, quale “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”.

Parecchio discussa è stata, in merito, la posizione assunta dalla Chiesa, che ha posto in evidenza un tentativo netto di voler contravvenire al contenuto di alcuni aspetti inerenti ai cosidetti Patti Lateranensi.

Avendo maturato una personale idea sulle motivazioni che avrebbero spinto la comunità ecclesiastica alla contestazione, non troppo tempo addietro, sul mio profilo Facebook, mi esprimevo così: “Il quesito si fa strada in modo spontaneo, in seno ad un pensiero critico e tutt’altro che bigotto: in merito alla questione ddl Zan, di grazia, sotto quale aspetto verrebbe violata l’eventuale libertà di espressione della Chiesa? Si ha forse timore che i discorsi pubblici ed esplicitamente omofobi di alcuni “servi del Signore” possano essere perseguiti dalla legge? È questo tipo di libertà che si intende difendere? Avete dimostrato, ancora una volta, che la chiesa è un affare ben distante da Dio.
Cristo incarnò una delle personalità più rivoluzionarie della storia. Se vi sentisse non si esimerebbe dal prendervi a calci nelle terga!!!“…

Questo è quello che scrivevo con molta convinzione, un’opinione della quale mi faccio portavoce anche a distanza di svariati giorni.

Ma, ahimè, il verificarsi di accadimenti decisamente discutibili, ha fatto in modo che una necessaria imparzialità avesse la meglio sulle mia capacità critiche.

In occasione del recentissimo Roma pride, a capeggiare un corteo composto da gente che difendeva i propri diritti, si è inevitabilmente notata la presenza di un uomo travestito da Cristo che sorreggeva una croce di legno e che indossava dei vistosi tacchi a spillo.

La difesa di una libertà che lede quella altrui, in relazione alla quale argomentavo poc’anzi, è sicuramente e non di meno riscontrabile in seno ad una manifestazione che si avvale del ricorso a messaggi errati.

E siccome si rivela indispensabile un’analisi degli aventi “super partes”, riporto, allo stesso modo, il mio pensiero relativo all’accaduto, anch’esso condiviso sul mio canale social: “Condanno l’omofobia, ma mi dissocio dalla blasfemia. Rendere ridicolo Cristo non spalanca le porte verso l’acquisizione di alcun diritto. Manifestazioni di questo tipo incarnano il concetto più infimo di teatralità di bassissimo profilo. E ve lo dice una che ha un rapporto molto intimo con Dio e che spesso entra in una chiesa priva di entusiasmo perché crede nel Signore, ma non negli uomini. Spettacolo assolutamente deplorevole. Scendete, anzi, scendiamo in piazza con cognizione di causa, accompagnati da buon senso, da sobrietà, serietà, chiarezza di intenti, dignità. Che all’occorrenza Cristo non si scaglierebbe solo contro i suoi sedicenti” seguaci “, ma prenderebbe a calci nel sedere anche esibizionisti come questo!“…

L’atto che prevede il disquisire in merito a condotte degne di biasimo, probabilmente, conferisce a queste ultime una visibilità immeritata.

Ma generalmente non amo tacitare.

Si tratta di un fatto accaduto, del quale è corretto prendere atto, ed è anche giusto che questo solleciti le coscienze e che indirizzi l’opinione pubblica verso un pensiero critico.

La censura, a mio parere, non serve.

È necessaria la comprensione dei fenomeni e l’eventuale presa di posizione nei confronti degli stessi.

Non sono di certo mancati i sistenitori “purchessia” di tale forma di protesta.

Ma sapete a chi fa male un Cristo in gonnella e con i tacchi a spillo?

Fa male a chi lotta costantemente per i propri diritti e lo fa avvalendosi di argomentazioni valide e corpose.

Sono la prima a sostenere il ddl Zan perché trovo indegna qualsiasi forma di negazione, persino violenta verbalmente o mediante le azioni, della libertà di “essere”.

Ma ci si avvale della protesta in maniera seria, non ricorrendo alla messa in scena di queste ridicole pagliacciate che sortiscono il solo effetto di far perdere di credibilità.

Per queste ragioni, la condanna dell’ingiusto deve avvenire ad ampio spettro.

Il marcio è facilmente riscontrabile a vari livelli, ed io ne vedo tanto in un’immagine che si prende gioco di Cristo.

L’amore, come abbiamo ampiamente ripetuto, è meritevole di essere salvaguardato, in nome della somma concezione di rispetto.

Purtroppo, in seguito alla divulgazione di immagini che hanno posto in evidenza un modo di dissentire che si è “imbellettato” con metodi inopportuni, si è corso l’ingiusto rischio che venisse fatto di tutta l’erba un fascio.

Abbiamo assistito “all’eclissi dell’arcobaleno” , e di questo mi rammarico fortemente.

Dimenticavo: mi sarei indignata anche se fosse stato deriso in questo modo infantile e teatrale Allah…

Maria Cristina Adragna

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

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