Le lettere d’amore

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L’assenza attenua le passioni mediocri ed aumenta le grandi, come il vento spegne le candele e ravviva il fuoco.

François de La Rochefoucauld

Che beatitudine per l’amore è la lontananza.

Non c’è miglior termometro per misurarne l’ardore, né megafono più potente per amplificarne le parole. «La lontananza, sai, è come il vento, spegne i fuochi piccoli, accende quelli grandi», cantava Domenico Modugno.

E una volta che la fiamma avvampa e brucia, il fumo ha bisogno di uscire.

Fino a qualche decennio fa la corrispondenza era affidata alla lettera, che accoglieva parole toccanti, slanci, patimenti, appassionate confidenze.

Erano le lettere d’amore.

Come dire, reperti archeologici oggi che messenger, sms, mts, email e ancor prima il telefono fisso hanno reso più veloce la comunicazione e tolto all’amore il pathos dell’attesa e i tempi da piccioni viaggiatori e diligenze.

Adesso che il vocabolario d’amore si è ridotto a poche frasi, piccole variazioni sul tema del “mi manchi” e del “ti amo”, sempre che non siano abbreviati in sigle, non è poi così strano considerare lontana anni luce l’epoca in cui il codice amoroso era fatto di fugaci scambi di sguardi, batter di ciglia, sfarfallio di ventagli, fruscii di vestiti che si sfiorano, e anche una goccia in più di profumo poteva far girare la testa a un uomo.

Ed ecco il messaggio spuntare, recapitato in modo da sfuggire al controllo di parenti troppo ligi nella difesa della virtù filiale oppure per aggirare i sospetti di consorti gelosi ma in procinto di essere beffato. 

Come capire lo struggimento nell’attesa di un segno di vita, di una risposta, o immaginare gli innamorati che maledicono i giorni, le settimane, i mesi che li mantengono in quello stato di sospensione e tormento?

La missiva finalmente arriva, viene aperta, letta e riletta, tra sospiri, sorrisi e lacrime.

«Tutte le lettere d’amore sono ridicole. Non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole» pensava il poeta Fernando Pessoa, senza dimenticare di precisare che lui stesso si era prestato spesso al gioco inebriante e talvolta doloroso della corrispondenza amorosa…

Tutti ricordiamo a memoria una lettera d’amore scritta, ricevuta o semplicemente letta.

Spesso vengono ricordati momenti desiderati o vissuti insieme esternando in essa sentimenti unici e irripetibili.

Si scrivono lettere forse sperando di riprendere una relazione interrotta o mai nata.
Il foglio ci evita l’imbarazzo, evita ansie e insicurezze, soprattutto quando manca fiducia nelle proprie potenzialità.

Il rossore, il pallore del volto, le mani fredde o sudate e il tremolio della voce si trasformano in introspezione e riflessione.

Mi è capitato di leggere lettere definite poesie, ma non sempre si è trattato di lettere di Kafka a Milena in cui poesia e letteratura si manifestano nel senso e nel linguaggio.

È proprio l’utilizzo del linguaggio, che rivela la poesia della lettera d’amore.

Più facile, è scrivere pagine di diario personale che, molti poeti, chiamano poesia.

Il linguaggio, per essere poetico, dovrebbe mostrare visione della realtà rifiutando interpretazioni e pareri esclusivamente soggettivi.

Ma così non è mai. Sono tante le lettere d’amore di personaggi, non solo letterari, che ho letto e fra tutte riporto quella di Napoleone alla sua Giuseppina.

Lettera di Napoleone Bonaparte a Giuseppina Beauharnais nella primavera 1797:

Non ti amo più; al contrario, ti detesto. Sei una disgraziata, realmente perversa, realmente stupida, una vera e propria Cenerentola. Non mi scrivi mai, non ami tuo marito; tu sai il piacere che le tue lettere gli procurano eppure non riesci nemmeno a buttar giù in un attimo una mezza dozzina di righe.
Che cosa fate tutto il giorno, Signora? Che tipo di affari così vitali vi privano del tempo per scrivere al vostro fedele amante? Quale pensiero può essere così invadente da mettere da parte l’amore, l’amore tenero e costante che gli avevate promesso? Chi può essere questo meraviglioso nuovo amante che vi porta via ogni momento, decide della vostra giornata e vi impedisce di dedicare la vostra attenzione a vostro marito? Attenta Giuseppina; una bella notte le porte saranno distrutte e là io saro.
In verità, amor mio, sono preoccupato di non avere tue notizie, scrivimi immediatamente una lettera di quattro pagine con quelle deliziose parole che riempiono il mio cuore di emozione e di gioia.
Spero di tenerti tra la braccia quanto prima, quando spargerò su di te milioni di baci, brucianti come il sole dell’equatore.

Bonaparte

Angela Amendola 

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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