C’è una parola finlandese (Kaukokaipuu) che descrive la strana emozione che si prova quando si ha nostalgia di un posto in cui non si è mai stati. La nostalgia è un sentimento piacevole perché ci ricorda un luogo, una situazione vissuta con qualcuno, un’epoca della propria vita lontana in cui siamo stati felici.
Noi possiamo avere la nostalgia dell’adolescenza, o di persone con cui non si può stare insieme nel presente. Ma è possibile anche avere un sentimento di nostalgia per delle epoche che non abbiamo vissuto.
Questo accade spesso a molte persone, anche alla sottoscritta. Ed è perciò strano lo stato d’animo che mi assale, quando ho modo di leggere o di vedere qualsiasi cosa inerente all’Epoca Regency e Vittoriana.
Eppure giuro di essere nata negli anni Sessanta, precisamente nel 1963 e in Italia.
Capirete quindi l’emozione che mi assale se leggo romanzi ambientati in quel periodo o se guardo un film inerente a quell’epoca. In questi giorni sto vedendo una vecchia serie TV che non avevo visto quando è stata trasmessa. La serie è Downtown Abbey.
Dopo aver avuto modo di seguire Bridgertone e le sue storie di amori, di intrighi, ora le mie serate sono calamitate da questa vecchia serie ambientata tra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta. È la storia di una famiglia: quella dei Crawley (i proprietari della tenuta), ma anche quella dei domestici che vivono al piano inferiore della grande casa e che rappresentano un microcosmo separato ma molto simile a quello dei loro padroni per esperienze, gioie e dolori.
Dowton Abbey, oltre a essere girata e recitata splendidamente, affronta diversi temi come l’amore, amicizia, fedeltà, differenze sociali, con garbo e delicatezza. Ottima è la ricostruzione storica che ci catapulta nell’epoca descritta. Molto interessante è uno dei temi fondanti della serie, ovvero le difficoltà per una famiglia nobile, abituata a vivere nel lusso e a rispettare determinate “norme sociali”, di adattarsi a un mondo inesorabilmente destinato a cambiare e ad aprirsi alla modernità.
Quello che mi colpisce di questi periodi storici, è la vita sociale delle giovani aristocratiche. Anche nella serie le vite delle giovani donne è in primo piano.
Tutto iniziava con la presentazione alla regina, in occasione dell’apertura del Queen Charlotte’s Ball, che si svolgeva da aprile a giugno. L’età delle ragazze,delle debuttanti, variava dai diciassette ai ventitré anni. E, se dopo i ventitré anni la giovane non aveva trovato marito, veniva definita zitella e veniva biasimata non solo dalla famiglia ma anche dalla società.
Un ostacolo al debutto era causato dalla presenza di sorelle maggiori: finché queste non si sposavano, la minore non poteva essere presentata in società, e dunque rimaneva “bloccata” rischiando di rimanere a sua volta nubile.
I fidanzamenti duravano diversi anni prima di celebrare le nozze, e non è nemmeno detto che si riuscisse a trovare marito durante la prima stagione. Questo ci fa comprendere la frenesia con la quale si aspettava l’apertura della social season e dei conseguenti fidanzamenti e nozze. Se queste non avvenivano, non solo si arrecava un’onta alla famiglia, ma la stessa sussistenza economica futura era messa in dubbio qualora non si trovasse qualcuno in grado di provvedere al mantenimento.
Il debutto in società prevedeva dunque una serie di eventi, balli, inviti di vario genere che culminava con la presentazione della giovane a corte. Presentarsi a corte era chiaramente molto dispendioso, ma il tornaconto era assicurato, poiché avviava la giovane al bel mondo.
La presentazione della debuttante alla regina avveniva nel corso di un apposito ricevimento, il Queen’s Charlotte Ball, che si tenne per la prima volta nel 1788.
Le giovani facevano il proprio ingresso vestite di bianco una alla volta assieme alla dama che le presentava o alla madre. Non dovevano mai parlare a meno che non venissero direttamente interpellate dalla sovrana e non dovevano mai mostrarle la schiena, nemmeno quando si ritiravano.
Mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se fossi vissuta in quel periodo e sotto quel Regno. Se avessi potuto scegliere dove nascere, chiaramente avrei scelto la dimora di un Lord inglese, ma anche una modista di quel periodo non sarebbe stato da meno, perché era proprio dalle modiste, dalle sartine, che ci si sbottonava facilmente raccontando anche i segreti più intimi.
Certo che non avrei avuto l’autodeterminazione che le donne ora dimostrano di avere ma in compenso svegliarsi in una dimora come Highclere Castle nello Hampshire e avere una decina di persone tra maggiordomi, dame di compagnia e cameriere personali non è nemmeno cosa da poco e ti ripaga da diritti mancanti … O no?
Angela Amendola
Clicca il link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:
[…] Le epoche che non ho vissuto […]