“La voce del silenzio”

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Esistono circostanze, nell’ambito delle quali, la caratterizzazione paradossale costituisce la vera peculiarità delle stesse.

Le molteplici sensazioni che si avvertono, nel corso di un’esistenza intera, hanno sovente la capacità di rappresentare tutto ed il contrario di tutto, interagendo costantemente ed immancabilmente con i nostri sensi, i quali indirizzano gli istinti nella direzione di mete emozionali disparate.

Nel caso di specie, il paradosso al quale mi riferisco è determinato dal titolo del brano che mi accingo a recensire: “La voce del silenzio.”

Vi invito a soffermarvi, per qualche breve istante, sulla geniale beltà della suddetta espressione.

Come può il silenzio detenere una facoltà di natura sonora?

Sovviene alla mia mente una delle scene dell’indimenticato ed indimenticabile film “La vita è bella” nel corso della quale, un impeccabile e straordinario Benigni tenta di risolvere un astruso indovinello che gli era stato proposto da un medico Tedesco: “Se fai il mio nome non ci sono più.”

Si trattava proprio del silenzio.

In quella occasione si tentò di porre in rilievo l’impossibilità, riguardante qualcosa che manca di sonorità, di approdare al cambiamento radicale della propria natura.

Noi, di contro, ci stiamo letteralmente imbattendo nell’antitesi dell’assunto precedente.

Evidentemente, secondo l’opinione dell’autore del brano, il silenzio può avere la capacità di farci assaporare il gusto dell’impossibile.

“La voce del silenzio” è un brano musicale composto da Paolo Limiti, Mogol ed Elio Isola, presentato al Festival di Sanremo 1968 ed interpretato da Tony Del Monaco e da Dionne Warwick.

Fu lo stesso Limiti a pensare ad un testo che rispecchiasse i nostalgici sentimenti nutriti della madre, in seguito alla triste dipartita del marito.

“E chi ho tanto amato, dal mare del silenzio,
ritorna come un’onda nei miei occhi”.

La donna subisce gli inevitabili effetti nefasti che le perdite importanti sortiscono.

Pensa al grande amore di una vita con estrema intensità, rivanga dei netti e ben precisi particolari che la immobilizzano al ricordo , paragona il suo sentire all’impeto di un’onda che travolge i numerosi pensieri confusi ed in subbuglio.

Non allontana nulla di ciò che ritorna ad esistere in lei in maniera del tutto naturale.

Altresí lo accoglie, lo accarezza con la devozione di una sposa che non si è sottratta minimamente al voler bene, accudisce persino la consapevolezza di un sentimento che non si è mai affievolito, lo nutre, lo accompagna fedelmente per le stanze della rimembranza.

“Volevo stare un po’ da sola per pensare e tu lo sai, ed ho sentito nel silenzio una voce dentro me. E tornan vive molte cose che credevo morte, ormai…”

Ecco la prova tangibile di quanto ho affermato.

E quella voce? Tanto ardita quanto intrisa di puro mistero.

Il suo uomo, sfidando le imposizioni limitative della morte beffarda, si fa sentire in maniera decisa ed inequivocabile.

L’apparente silenzio che circonda una donna affranta ed addolorata, a causa della grave ed irreversibile mancanza, assume le caratteristiche di un “dolcissimo frastuono” che si impone con “pacata e gentile prepotenza.”

“Ed io ti sento amore, ti sento nel mio cuore, stai riprendendo il posto che tu non avevi perso mai.”

È probabile che uno dei meccanismi di difesa che si inneschi inconsapevolmente, per evitare che un’immane sofferenza monopolizzi il trascorrere del tempo, trovi espressione in un tentantativo di rimozione di quanto di più bello e di più vero sia esistito negli anni migliori.

Ma dalla verità non si fugge, il passato è incancellabile, e per quanto la mente sia fautrice di acrobazie decisamente folli del pensiero, tutto torna a rivivere con incisiva vivacità.

Lui c’è, in fondo c’era sempre stato.

Era dappertutto e la seguiva ovunque ella si recasse.

Sì, poiché il vero amore non svanisce di certo in seguito ad una fine insostenibile, anche se spesso tendiamo a credere solamente nella condizione di irreversibilità della morte tanto temuta.

Quell’uomo era solo stato offuscato dal disperato desiderio di provare a stare meglio.

Ma era lì, perdio!

E seguitava a vivere in lei, in contemplazione meramente spirituale, in una dimensione della quale non è concessa conoscenza alcuna.

La “voce”, quella che si riesce ad accogliere con serenità e con piena accettazione, si palesa agli orecchi solo quando è avvenuta la completa elaborazione del lutto.

Paolo Limiti lascia intendere che tale processo ha trovato compimento nella sua totalità e che adesso anche il silenzio possiede la sua voce.

E da questo momento in avanti ce l’avrà sempre : nei momenti d’allegria, negli istanti di pianto feroce, quando si ha la sensazione di non potersi più rialzare, persino nell’attimo in cui si avvertirà l’esigenza di fuggire da se stessi.

E se per un attimo ci discostassimo dall’idea della morte?

Se non fossimo coscienti delle reali motivazioni che indussero l’autore alla realizzazione del brano?

Potremmo tranquillamente estendere il suo significato a circostanze ben differenti.

Un ripensamento, per esempio.

Si ritorna con il cuore ad un antico amore che si credeva si fosse smarrito nell’oblio oscurante e che invece non ha mai abbandonato quel suo famoso posto d’onore, nel vano più recondito ed intimo della passione.

È proprio questo che rende i testi straordinari: offrono l’opportunità di essere modellati sulle emozioni e sulle esperienze di ciascuno.

“La voce del silenzio” fu quasi condotto per mano, al successo, dalla straordinaria Mina, seppur magistralmente interpretato da svariati cantanti.

Massimo Ranieri e Andrea Bocelli, per citarne qualcuno.

Abbiamo tutti una voce dentro, una di quelle che ci sveglia nel cuore della notte e che non ci consente di riprendere sonno.

Urla con benevolenza perché appartiene a chi non vuole essere dimenticato.

Ascoltiamola, accogliamola, gioiamo in maniera incontenibile per aver avuto la fortuna di riuscire a percepirla.

“Ed improvvisamente ti accorgi che il silenzio ha il volto delle cose che hai perduto.”

Io credo di essere riuscita, finalmente, ad ascoltare serenamente la voce di mio padre, vivendo un’esperienza molto simile a quella della genitrice dell’autore del brano.

È incredibile come, nonostante i momenti di forte smarrimento, si riesca a riemergere sempre in superficie.

La vita… Meravigliosa e brevissima!

LA VOCE DEL SILENZIO

“Volevo stare un po’ da sola
Per pensare e tu lo sai
Ed ho sentito nel silenzio
Una voce dentro me
E tornan vive troppe cose
Che credevo morte ormai
E chi ho tanto amato dal mare del silenzio
Ritorna come un’onda nei miei occhi
E quello che mi manca nel mare del silenzio
Mi manca sai, molto di più.
Ci sono cose in un silenzio
Che non m’aspettavo mai,
Vorrei una voce
Ed improvvisamente
Ti accorgi che il silenzio
Ha il volto delle cose che hai perduto
Ed io ti sento amore,
Ti sento nel mio cuore
Stai riprendendo il posto che
Tu non avevi perso mai,
Che non avevi perso mai,
Che non avevi perso mai.
E quello che mi manca nel mare del silenzio
Mi manca sai,
Molto di più,
Ci sono cose in un silenzio
Che non m’aspettavo mai,
Vorrei una voce
E improvvisamente
Ti accorgi che il silenzio
Ha il volto delle cose che hai perduto
Ed io ti sento amore,
Ti sento nel mio cuore
Stai riprendendo il posto che
Tu non avevi perso mai
Non avevi perso mai
Non avevi perso mai.”

Maria Cristina Adragna

“Adoremus” di Maria Cristina Adragna

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

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