“La madre” di Maria Cristina Adragna

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LA MADRE

Invano tentò
il soliloquio del vento
d’aizzare boati
dal gelido impatto,
mai nulla discosta
la salda attenzione
di docili puerpere
in preda alla gioia.

L’amor ridondante
sopprime gli stenti,
salvifica notte
guarnita di speme…

Beata la mano,
pacifica e cheta,
che impresse
carezze sul capo dell’Unto.

Il sacro colostro,
dai seni grondanti,
impregna la bocca
assetata del Santo,
oriente dannato,
che gran privilegio!
Eppur fosti emblema
di corta memoria.

Bambina stremata,
prescelta dagli astri,
l’umana viltà
non intacchi il divino!
Beffardo, il destino
corrode l’idillio,
un giorno vedrai
ansimare tuo figlio.

La Madre assapora
un istante d’eterno,
accorrono infanti
a donar pane e miele,
spalanchi le porte
il buon Dio, dell’altrove,
a chi, del suo Cristo,
non chiede le prove… 

Maria Cristina Adragna 

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

3 COMMENTS

  1. Tàntu béddra
    la to prièra:
    arrimòddra
    ànchi lu ma còri,
    dùru e frìddu
    cuàmu un fiàrru
    stuàrtu
    ma, sta vòta,
    na ùccia d’àcqua
    mi facìsti
    nèsciri,
    pi sciògliri
    tùttu lu sàncu
    di to Fìgliu,
    ca mi vìnni
    a sarvàrmi
    cu lu so sàncu
    e cu li to làcrimi,
    béddra Màdri
    adduluràta,
    pìgliami
    sùtta
    lu to màntu
    òra, dumàni
    e sèmpri
    vuàgliu
    èssiri to figliu
    e frati
    di lu to Figliu.

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