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EUGENE BOUDIN (seconda e ultima parte)
“Porto di Camaret”
Olio su tela, cm 55 X 89
Parigi, Musee D’Orsay
I paesaggi della Normandia e della Bretagna, immortalati nelle diverse condizioni atmosferiche, sono i soggetti più cari all’artista.
Tale attenzione rappresenta infatti una delle caratteristiche principali del pittore normanno e, come dicevo nella prima parte, precursore dell’impressionismo e maestro di Monet.
Osservando la precisione e l’abilità con cui Boudin dipinge il “Porto di Camaret”, è inevitabile accostarlo a Van Goyen, pittore olandese del Seicento, che Boudin studiò nei suoi numerosi viaggi culturali giovanili.
Come Van Goyen, appunto, Boudin, privilegia ritrarre porti, pontili, spiagge e paesaggi marini: tutto è un pretesto per immortalare meteo, nuvole e luce.
Baudelaire, che oltreché scrittore era anche un attento critico d’arte, diceva scrivendo di Boudin: “Guardando un suo dipinto, si può indovinare la stagione, l’ora e il vento…“.
“PORTO DI CAMARET”
Ogni anno, dal 1870 al 1873, Boudin si reca nella cittadina bretone di Camaret per dipingerne il porto, sua grande musa.
L’opera rappresentata ha un impianto cromatico con una ricca gamma di grigi chiari e scuri e di azzurri e blu che caratterizzano l’atmosfera nordica.
Il pittore mette tutto il suo impegno per raffigurare la luce del porto, il suo clima nuvoloso e variabile, instabile e soggetto a ripetuti mutamenti.
Boudin, come sempre, riserva un grande spazio anche all’acqua, lievemente increspata dalla brezza marina, dove i riflessi fuggenti e fluttuanti sono suggeriti grazie ad una pennellata leggera in un’armonia sfumata di tonalità fredde.
I brani di più alta qualità pittorica si rilevano comunque nel cielo e nel porto solcato da piccole e grandi imbarcazioni, che l’artista rende con gusto e tecnica impressionista.
Da notare il chiarore delle case: illuminate da una luce molto intensa, si contrappongono all’aspetto cupo del mare.
Alla fine, la presenza dei pescatori vicini al grande veliero, le cui sagome spiccano in controluce, fanno da armonia all’immensità dei cieli.
Del resto, lo testimoniano i suoi appunti “Nuotare nel cielo; giungere fino alle “delicatezze” delle nubi. Sospendere queste masse in fondo, molto lontane nella grigia nebbia…”.
CONCLUDENDO:
La particolare attenzione ai cromatismi del cielo, intenso e drammaticamente agitato in questo dipinto, fu probabilmente fonte di ispirazione per “Campo di grano con corvi”.
L’ultimo capolavoro, prima del suicidio, di Van Gogh.
Bruno Vergani
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