Intervista all’artista Giacomo Casaula

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A Libri, Arte e quant’altro arricchisca l’anima,

l’ospite di oggi è Giacomo Casaula.

Un esempio di come la creatività,

la voglia di imparare non hanno mai fine,

 quando i sogni volano alto.

 

 

C’è la voglia di ripercorrere sentieri di menti aperte, dissacranti, dove ritrovare quella ribellione sana, giusta, che aiuti a creare una società migliore, più comunicativa e reattiva a ciò che la circonda. Spesso è proprio dal passato che arriva quel giusto messaggio per ritrovare valori, oggi, dimenticati.  

L’ospite di oggi appare aver intrapreso questa strada.

Un artista poliedrico che spazia tra Musica, Teatro e Scrittura. Un giovane uomo dalla faccia pulita e una mente in continua evoluzione che lo porta ad impegnarsi in vari campi artistici. Cresciuto in un contesto famigliare dove ha potuto fin da piccolo assaporare la magia del Teatro e, dietro le quinte, innamorarsene tanto da farne oggi parte.

Ascoltando la sua musica, i suoi testi si evince l’affinità a grandi nomi che hanno fatto la storia della musica italiana.  Da Gaber a De André, Rino Gaetano… che Casaula nelle sue performance ha voluto omaggiare e rendere spesso parte integrante della sua vita artistica.

Un bagaglio di esperienze culturali rilevanti! Leggendo la sua biografia mi chiedo come possa un giovane aver già alle spalle così tante esperienze che lo hanno portato a maturare successi importanti. E i suoi sogni li avrà già tutti realizzati o qualcuno è ancora nel cassetto? Chiediamolo direttamente a lui…  

 Innanzitutto ti ringrazio di essere qui, la tua generazione, anni 90, è cresciuta con modelli musicali diversi da quelli che invece tu sei affine, da dove è nata la tua passione per Gaber, Rino Gaetano, De André e altri artisti di quel periodo?

 Ho iniziato con Rino Gaetano a 15 anni, gli altri sono arrivati naturalmente, come una continua scoperta. Devo molto ai miei genitori che mi hanno naturalmente indirizzato a questi grandi autori.

 Nella tua tesi di Laurea, in Letteratura italiana, scegli di parlare dello scrittore Pier Vittorio Tondelli, (1955-1991). Cosa ti ha affascinato di questo scrittore? Tra i suoi libri quale hai amato di più?

È  difficile da spiegare. Direi una terribile compartecipazione emotiva. Ogni parola centrava uno stato d’animo diverso, caratteristica della grande letteratura. Ho letto praticamente tutto di Tondelli, probabilmente il romanzo che ricordo con maggior affetto e trasporto emotivo è ‘Rimini’ del 1985, quello paradossalmente più commerciale e meno apprezzato dalla critica.

Giovanissimo inizi i tuoi primi approcci teatrali, ricordi la tua primissima volta sul palco? Chi hai interpretato?  Quali sono state le tue emozioni quando si è aperto il sipario?

 La ricordo benissimo, era il saggio finale del laboratorio teatrale del mio liceo (il Marco Galdi di Cava de’ Tirreni), giugno 2007. Ho interpretato il padre de ‘I sei personaggi in cerca d’autore’ e ‘Cecé’, entrambi di Pirandello. Un’emozione devastante ed elettrica, ricordo di aver pensato di fuggire. Per fortuna poi sono salito sul palco.

L’amore per il teatro ti è stato trasmesso da tua nonna, Anna Maria Ackermann, attrice teatrale di successo che ha debuttato a fianco del grande Eduardo De Filippo. Quale è stato il suo primo insegnamento in campo teatrale?

La dedizione, il sacrificio, il rispetto nei confronti dei compagni di lavoro. Una grande meticolosità per la dizione.

Hai tenuto un corso di Storia del Teatro per il laboratorio teatrale del teatro “Totò” di Napoli. Un tuo pensiero su questo artista indimenticabile.

Un genio, non c’è bisogno di aggiungere altro. Un genio che continua a sorprenderti malgrado sia andato via da tempo.

 Tra i grandi artisti di tutti i tempi con quale avresti voluto lavorare?

 L’elenco sarebbe lunghissimo. Il primo d’istinto è Giorgio Gaber.

 C’è un personaggio che hai dovuto interpretare con malavoglia?

 No, al momento no.

 Oltre al teatro la tua grande passione è la musica; è uscito il tuo nuovo album: “Amore Sintetico”.  Un titolo che apre vari spazi d’interpretazione, qual è il tuo?

Indubbiamente un progetto che indaga e si interroga sulla liquidità e la precarietà, sociale e sentimentale. L’individuo prova a uscire fuori a differenza del lavoro precedente (Nichilismi & Fashion-week) ma si ritrova spesso inerme e sempre privo di punti di riferimento. Tutto è liquido, non ci sono più tessuti forti, solo sintetici. 

Rino Gaetano in una delle sue canzoni diceva: “Cerco in tutte le canzoni e in un passero sul ramo uno spunto per la rivoluzione”. (Cerco, 1978). Nella tua musica quanta rivoluzione interiore porti?

Credo molta. Soprattutto nella musica e nel Teatro-canzone è una commistione che non  faccio mancare mai.

La comunicazione fa parte della tua anima e ne consegue anche la scrittura. Nel 2019 con Edizioni Mea pubblichi il tuo libro d’esordio: Scie ad andamento lento. Di che tratta?  

 Uno scrittore con una profonda crisi di identità, un luogo che torna ad essere protagonista dopo molto tempo, un elogio aperto e diretto nei confronti della lentezza.

“C’è un luogo solitario e spaventoso, dove accadono cose terribili e dolorose; dove la solitudine può diventare insopportabile, e i ricordi fanno male come coltellate. Un luogo fragile e pieno di nostalgie, anche del futuro … Un luogo che può essere triste e insostenibile, dal quale tuttavia nessuno riesce a fuggire, e dove paradossalmente non si può evitare di tornare: perché è l’unico luogo dove si può trovare la salvezza. E una parvenza di felicità.  Maurizio De Giovanni descrive così il concetto di famiglia che tu narri nel tuo secondo libro: “Siamo Tutti Figli Unici” (Guida Editore). In questa descrizione si intuisce quanto la famiglia possa essere, anche, un luogo difficile in cui vivere e la solitudine è in agguato perfino nelle mura di casa…  Qual è il messaggio che porta questa tua opera?

È una storia che ha come protagonista la solitudine, il resto lo lascio ai lettori. Dico solo che l’ho scritto con un’urgenza impellente, senza filtri.

 Quale testo musicale del passato avresti voluto scrivere?

Anche qui l’elenco sarebbe lungo, d’istinto dico proprio ‘Mio fratello è figlio unico’ di Rino Gaetano.

 Solo 31 anni ma con un percorso artistico davvero rilevante. Un consiglio per i ragazzi di oggi che spesso vediamo indifferenti, annoiati. Senza più sogni.

Seguire quello che davvero ti brucia dentro, senza pensare a un’immediata contropartita economica. Tutto arriverà nei tempi e nei modi giusti, almeno spero.

   Progetti futuri?

Ce ne sono tantissimi. Continuare a fare quello che sto facendo allargando sempre di più orizzonti e pubblico. Aprirmi anche verso altri campi d’azione, come cinema e Tv.

 E giungo alla mia curiosità iniziale e ti chiedo: hai realizzato tutti i tuoi sogni o qualcuno è ancora in attesa nel cassetto?

Assolutamente no! Bisogna sempre avere sogni nel cassetto. Sono la nostra linfa, la nostra vita.

Ringraziando Giacomo Casaula per il tempo dedicatomi, ricordo ai nostri amici lettori il link del suo Canale Spotify 

Potete leggere la mia recensione a Siamo tutti figli unici cliccando qui

 

Intervista a cura di Monica Pasero

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