Intanto c’è chi “se la ride”…

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Una maratona nel Consiglio nazionale M5S, una riunione in streaming dei gruppi parlamentari e alla fine, il dado è tratto: i 5Stelle non voteranno la fiducia sul “Decreto Aiuti”.

L’annuncio davanti ai gruppi parlamentari è arrivato da Giuseppe Conte: “Il Paese è sul baratro, siamo disponibili al dialogo ma non a cambiali in bianco. Le dichiarazioni di Draghi non bastano. Non voteremo la fiducia“.

Poi prova a difendersi: “In questa fase qual è il compito di una forza politica responsabile: tacere? O denunciare affinché vengano prese misure strutturali?“.

La Lega sentenzia: “Se non partecipano al voto, la maggioranza non c’è più“.

E Giorgia Meloni: “Subito al voto“.

Dal centrodestra, dopo una telefonata Berlusconi-Salvini, arriva una dichiarazione di intenti: “Prenderemo decisioni comuni“.

Il segretario del Pd Enrico Letta invoca una verifica…la crisi sarebbe aperta, o quasi.

La linea dell’Aventino viene sposata dalla maggioranza dei parlamentari M5S, ma ci sono anche manifestazioni di dissenso: a partire dal Ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà.

Tra il premier Mario Draghi e Giuseppe Conte c’era stata una telefonata. Al centro del colloquio le richieste avanzate dai 5Stelle nel documento consegnato la settimana scorsa e incentrato su 9 punti.

Punti che, aveva sostenuto Draghi ieri in conferenza stampa, coinciderebbero in larga parte con l’agenda di governo.

Passano le ore, la mediazione va avanti ma tramonta l’ipotesi di un nuovo incontro tra i due.

I falchi 5Stelle guadagnano posizioni, e così la situazione precipita.

Matteo Salvini nel pomeriggio sentenziava: “Se i 5S non votano il decreto, si va alle urne“.

Mentre frenavano i governatori leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana.

Enrico Letta durante l’assemblea congiunta dei gruppi del Pd lanciava un “appello alla responsabilità di tutti“. E ancora: “Se il Governo cade si va al voto, è nelle cose, non lo diciamo noi per ripicca nei confronti dei 5 stelle, lo hanno detto Salvini e Berlusconi“.

E nelle stesse ore, il Movimento perdeva un altro pezzo: il deputato Francesco Berti, unico che aveva votato a favore del DL Aiuti alla Camera, passava a “Insieme per il Futuro”, la formazione politica capitanata dal ministro Luigi Di Maio.

L’ennesima ferita per i 5Stelle sull’orlo della crisi.

Il governo Draghi rischia o no?

Votare, ancora una volta, la fiducia così da arrivare a fine luglio e verificare cosa effettivamente verrà inserito nel “corposo” nuovo decreto annunciato da Draghi o strappare subito (uscendo dall’Aula o astenendosi) giovedì sul DL Aiuti, come chiedono a gran voce i senatori del Movimento 5 Stelle?

Il “presunto dilemma” non si è ancora sciolto ma in Senato la pattuglia dei parlamentari pentastellati è sempre più insofferente, a maggior ragione dopo la conferenza stampa del premier Mario Draghi, tenuta al termine dell’incontro con i sindacati sui temi sociali, una conferenza stampa che, secondo quanto si apprende, li ha lasciati insoddisfatti.

Cosa succederà al Governo Draghi?

Qualcuno fa notare che le aperture di Draghi verso i 9 punti del documento che Conte gli ha consegnato sono state timide: Draghi non si è espresso sul reddito di cittadinanza su cui Conte aveva chiesto una parola chiara e definitiva affinché non fosse messo in dubbio ogni giorno; il premier ha chiuso per l’ennesima volta alla possibilità di un ulteriore scostamento di bilancio per aumentare l’entità delle risorse del decreto anti-crisi e il Superbonus (che non era all’ordine del giorno del tavolo di Palazzo Chigi con i sindacati) non è stato neanche nominato.

Per quel che riguarda le aperture sul salario minimo, al sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, che rivendica ai Cinque stelle di essere responsabili e seri, c’è chi fa notare che Draghi non è sembrato così incalzante sul tema e che la direzione non è quella proposta dai Cinque Stelle. Aspettare la fine del mese, quando sarà pronto il decreto annunciato ieri dal premier ai sindacati su salari, costo del lavoro, caro-vita, può essere la strategia temporeggiatrice di Conte.

E va anche bene tutto…ma i soldi ci sono?

Draghi ha ribadito che il suo governo è nato “per fare le cose” e “con gli ultimatum non si lavora” e dunque “perde di senso”. L’ex governatore della Bce risponde in modo vago a chi gli chiede cosa farà qualora M5s abbandonasse l’Aula non votando la fiducia (un’ipotesi sempre più probabile, ora dopo ora).

Ho già detto che per me non c’è un governo senza M5s e che non c’è un altro governo Draghi” oltre a quello attuale, ha detto il premier, che di fatto conferma quanto sostenuto dodici giorni fa. Ribadisce la sua indisponibilità ad andare avanti senza quello che fino al 21 giugno, fino alla scissione di Luigi Di Maio, era il primo partito in Parlamento, e aggiunge che non ci sarà un Bis in questa legislatura.

Oggi Draghi attende un segnale chiaro da Conte. Un impegno a sostenere il governo che potrebbe aiutare a gestire il contraccolpo politico che si attende domani quando i 5 Stelle si asterranno dalla fiducia uscendo dall’aula, in polemica contro la norma sull’inceneritore di Roma inserita nel decreto Aiuti. Per mantenere in vita questa maggioranza bisognerà circoscriverlo e renderlo un no “politico” motivato solo dalla presenza dell’inceneritore nel pacchetto di aiuti, che in qualche modo l’esecutivo aveva già elaborato alla Camera. Al Senato il voto di fiducia al governo e quello sul provvedimento sono – a differenza che alla Camera – coincidenti. Serve la volontà di entrambe le parti per andare avanti.

E alla fine di tutto io penso che, giusto o sbagliato che sia, quanto accade finirà per allontanare sempre più la “gente comune” dalla politica mentre sono tante le imprese edili che si fermano e licenziano perché non riescono ad incassare da Banche e Assicurazioni i crediti dei Super Bonus peraltro già da tempo sui loro cassetti fiscali…

Per governare non servono like ma gente competente…mentre qualcuno “se la ride”… e noi tutti salutiamo commossi Eugenio Scalfari…

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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