19 luglio 1992

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Salute, tempo, amore e… passione.

Una vita senza passione è una vita senza alcun significato, senza senso, senza destinazione.

Il 19 luglio del 1992, ormai ben trent’anni fa, a poco meno di due mesi dalla strage di Capaci e dalla morte di Giovanni Falcone, un nuovo colpo della mafia al cuore dello Stato.

Una Fiat 126 imbottita di esplosivo viene fatta saltare in aria sotto casa della madre di Paolo Borsellino mentre sta passando il giudice: insieme a lui muoiono cinque agenti della scorta (Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina).

L’unico sopravvissuto è l’agente Antonino Vullo, primo testimone a raccontare la vicenda: “Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno“.

Dopo Capaci, il magistrato palermitano sapeva bene di essere nel mirino di Cosa Nostra e ripeteva spesso la frase “Ora tocca a me“.

Stava indagando sulla morte di Falcone, annotando tutto sulla sua agenda rossa, sparita dalla sua 24 ore pochi minuti dopo la strage.

Una delle cose più importanti della vita è dare significati, scoprire, capire qual è il significato vero, decidere cosa fare e seguire quella passione con forza.

Quella forza diverrà spinta e ragione stessa per alzarsi dal letto, per la quale continuare il cammino malgrado le difficoltà.

Salute, tempo, amore, passione e…  onestà; non si tratta di cose materiali ma “gli alimenti quotidiani dell’uomo saggio”.

Si tratta di cose necessarie per poter essere felici e godere del rispetto nondo che ci circonda, unica cosa che davvero ci è data anche oltre ogni morte.

Esistono nell’uomo diversi istinti, diverse facoltà e il dovere di ogni individuo sta nel coltivarle tutte, nel perfezionarle quanto più è possibile. Fra le altre è in lui anche l’istinto sociale, il quale gli apre tutto un nuovo campo di cultura, quello che ha per scopo la società stessa, ed in pari tempo gli agevola notevolmente la cultura in genere…perciò ogni individuo è solito scegliere per sé un ramo determinato della cultura generale, lasciando gli altri rami agli altri membri della società;…” (J. G. Fichte – “ Sulla missione del dotto”).

E quindi ogni passione fine a se stessa non ha senso se non come mezzo per diventare socialmente riconoscibili, riconosciuti, ricordati e taluni “anche immortali”.

Purtroppo noto che “di veri saggi” nella nostra società ce ne sono sempre di meno, che l’amore si compera, si scambia e cambia facilmente, mentre sempre più passione fa rima con soldi facili, consumismo sfrenato, inquinamento e influencer ignoranti.

Ai miei vent’anni in paese, dopo i compiti si andava “dal mastro” (il maestro) un qualsiasi artigiano tipo calzolaio, fabbro, sarto,… a imparare un mestiere.

E l’unico vero mestiere che si imparava davvero dal “mastro” era quello della vita, quella impostazione mentale, filosofica, che “ti fa toccare con mano” come si affronta in modo serio, competente e, direi, ecocompatibile (termine da intendere anche sotto il profilo etico), questo mondo.

Il sarto ti raccontava dei tessuti, ti insegnava a sceglierli in funzione delle stagioni, a tagliarli giusti e cucirli bene per fare un pantalone.

Quello stesso sarto tagliava gli scarti a pezzi regolari e li cuciva trasformandoli in un plaid variopinto.

Don Michele “Scaquecchia”, un distinto signore che andava in campagna a fare innesti in giacca a quadri e cravatta,  mentre “operava”, ti spiegava perché su quel tralcio di vite, in quel terreno rosso, argilloso, occorreva innestare proprio quella “pezzotta” di vitigno aglianico o malvasia nera per fare un buon grappolo e quindi un buon vino…30 di aglianico, 30 di malvasia nera, 30 di coltammurro e 10 di quello che viene…diceva Don Michele.

Saperi importanti e soprattutto sapere con passione, competenza, rispetto e saggezza, ad ogni livello, dall’umile sarto al coraggioso VERO Magistrato.

Saperi e doveri annichiliti se non annullati dall’abito usa e getta, dalle scarpe cinesi in plastica che durano manco una stagione, dagli imballaggi usati il tempo di una bibita e poi gettati dove capita, dalla diffidenza per l’altro, dalle “praterie deserte dove prosperano le varie mafie“.

 

E in Italia da qualche anno crescono solo “consumatori viziati”, gente che vive di instagram, che abbandona bottiglie di birra vuote sui muretti attorno ai pub durante presunte movide senza mascherine, che non sa di Falcone e Borsellino a 29 anni dal loro sacrificio e sempre pronta a lamentarsi non appena il gioco si fa duro…

30 anni…ma quando rinasce davvero questa Italia?

Vita difficile quella dell’uomo saggio!

E’ il giorno del ricordo, a Palermo. Il giorno in cui si commemorano IN SILENZIO il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta, uccisi nella strage di via D’Amelio il 19 luglio del 1992 e anora oggi SENZA ALCUN COLPEVOLE!

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

 

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