Come sono cambiati i gusti musicali, come sono diverse le voci.
Oggi si urla, si parla, si dà spazio all’estetica e poco valore alle voci.
Edith Piaf è stata una delle voci più emozionanti del secolo scorso.
Il “passerotto” parigino che ha incantato il pubblico dagli anni ‘30 agli anni ’60 possiede una voce dalle mille sfaccettature, ora dolce e calda, ora graffiante e ruggente.
La sua carriera ha fatto la storia della musica francese del dopoguerra, per i francesi, e poi per tutto il mondo, le sue parole sono un vero e proprio inno alla vita.
La sua vita e la sua carriera troppo brevi e le sue parole ci narrano della sua infanzia difficile e travagliata, dei suoi amori e delle sofferenze a questi legate.
Ma c’è un sentimento che ricorre, come un fil rouge, nelle sue canzoni, ovvero la speranza: nella sofferenza per un cuore infranto vedere la bellezza dell’amore e nel passato turbolento vedere un futuro senza rimpianti. Il dolore non è mai fine a se stesso, bensì produce un’esperienza.
E che cos’è l’esperienza se non il superamento di una dolorosa questione, al fine di giungere ad una soluzione? Il dolore insegna, aiuta, fortifica.
La canzone della Piaf che preferisco è Inno all’amore.
Il fotografo della foto che le ritrae è Nick de Morgoli.
La Piaf la scrisse in memoria del grande amore della sua vita, il pugile francese Marcel Cerdan, morto nel 1949 in un incidente aereo. Questa canzone dai toni tristi e profondi costituisce uno dei maggiori successi della cantante ed è simbolo di un certo modo di affrontare la vita.
Dopo Edith Piaf questa canzone venne ripresa in tempi successivi da altri cantanti. La canzone è stata anche reinterpretata da vari artisti americani tra i quali:Jeff Buckley, grande ammiratore della chanteuse.
Inno ad un amore anche universale.
Pochi sapranno che la grande Marlene Dietrich amò Edith Piaf per anni. E per anni Edith Piaf non ricambiò il suo amore. Forse se ne approfittò pure.
Marlene per lei fece tutto.
Tutto quello che una divinità può fare per un’altra divinità, se innamorata.
Dall’accompagnarla ai concerti in giro per il mondo, al consolarla nella tragedia, perfino condurla dai suoi infiniti amanti segreti, quelli che riscuotevano quell’amore che a Marlene non toccava.
Una sola cosa fermò l’amore di Marlene. Lo racconta nella sua autobiografia del 1984:
“Quando prese a drogarsi, cessai di esserle fedele. Era più di quanto potessi sopportare. […] Ero disperata. Le droghe non erano pericolose come quelle di oggi – non esisteva l’eroina né altre sostanze altrettanto dannose – ma erano pur sempre droghe e io rinunciai ad aiutarla. Il mio amore per lei persisteva ma era diventato inutile. […] Abbandonai Edith Piaf come una bambina perduta, che si rimpiangerà sempre, che porterò sempre nel profondo del cuore“.
Come scrive lei stessa, l’amore che Marlene aveva per Edith non sparì mai.
E come avrebbe potuto? Era lo stesso che la portò a farsi fotografare inginocchiata ai suoi piedi per sistemarle una scarpa proprio il giorno delle sue nozze.
Lei, diva di tutte le dive, che ai suoi piedi, avrebbe avuto per sempre il mondo. Ma l’amore questo fa, rende uomini tutti gli dei.
Era il 1952, a Parigi.
Come non associare alla canzone della Piaf la poesia di Guillaume Apollinare?
Il canto d’amore” di Guillaume Apollinaire
Ecco di cos’è fatto il canto sinfonico dell’amore
C’è in esso il canto dell’amore di una volta
Il brusio dei baci storditi degli amanti illustri
Gli strilli d’amore delle mortali violate dagli dèi
Le virilità dei mitici eroi drizzate come pezzi antiaerei
L’urlo prezioso di Giasone
il canto mortale del cigno
E l’inno vittorioso che i primi raggi del sole hanno
fatto cantare a Memnone l’immobile
C’è il grido delle sabine al momento del ratto
E anche vi sono i gridi d’amore dei felini nella giungla
Il rumore sordo della linfa che sale nelle piante
tropicali
Il tuono delle artiglierie che attuano il terribile amore
dei popoli
Le ondate del mare dove nasce la vita e la bellezza
C’è il canto di tutto l’amore del mondo…
Morto troppo giovane aveva 38 anni, nel 1918, per l’epidemia di febbre spagnola. Era un poeta surrealista e futurista.
Era anche pittore e nel 1911 venne accusato del furto della gioconda insieme a Picasso, accusa non vera perché chi fece il furto era Vincenzo Perugia, un italiano. I calligrammi sono componimenti poetici il cui testo è stampato in maniera tale da comporre il disegno di un oggetto collegato al tema principale della poesia.
Sebbene vi sia una lunga tradizione di questa arte, che affonda le proprie radici nelle culture arcaiche induiste e dell’antica Grecia, i calligrammi più celebri sono tutti riconducibili al genio di un unico creatore: Guillaume Apollinaire.
Vive la vita tanto intensamente e dedica un canto all’amore.
Angela Amendola
Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:
[…] Inno all’amore […]