I romanzi di Davide Longo sono ambientati in un Piemonte di atmosfera pienamente noir, che si tratti del le montagne al confine con la Francia, delle campagne o della città di Torino.

L’autore, piemontese DOC, docente della SCUOLA HOLDEN è nato a Carmagnola, piccolo centro non lontano da Torino, nel 1971 è scrittore, documentarista, autore di testi teatrali e radiofonici. Per l’editore Feltrinelli ha pubblicato l’appassionante “Il caso Bramard”, “Il mangiatore di pietre” e “Giocano così le bestie giovani”. Oggi parleremo di questi ultimi due romanzi, due piccoli capolavori del genere.
Il mangiatore di pietre

La storia si dipana nel paesaggio naturale di una valle del Piemonte, al confine con la Francia, splendido ma rigido e aspro come gli abitanti che lo popolano. Il protagonista è Cesare, che tutti chiamano “il francese” perché da piccolo era stato costretto ad emigrare a Marsiglia. Tornato nelle sue montagne, ha proseguito il mestiere dello zio, il passeur: un “mestiere” antico, illegale fatto di notti di cammino sulle vie impervie della montagna, silenzi, fatiche con il suo carico di disperati che desiderano solo attraversare la montagna per poter realizzare il sogno di una nuova vita.

Cesare che ha scelto di vivere in una baita da solo con una lupa, è un personaggio affascinante, a suo modo un eroe al confine tra il bene e il male, investigatore suo malgrado.

La vicenda si apre con un delitto, la cui soluzione sembra scontata ma, come spesso accade anche nella realtà, le ragioni saranno trovate in una direzione del tutto inaspettata e non certo dalla polizia .
Sarà proprio Cesare a ritrovare fra le acque di un torrente il corpo del giovane Fausto. Tutti in paese si chiudono a riccio, non vogliono parlare con il commissario deciso a scoprire la verità. Cesare viene costretto così ad uscire dal suo isolamento perché deve capire cosa è successo a Fausto a cui aveva trasmesso il suo pericoloso mestiere di passeur…

Da questo libro è stato tratto il film con Luigi Lo Cascio nei panni di Cesare, per la regia di Nicola Bellucci, presentato al Torino Film Festival 2018.

Davide Longo : “Giocano così le bestie giovani”
In un cantiere ferroviario della campagna intorno a Torino vengono ritrovate le ossa di uomini e donne uccisi con un colpo alla nuca. Viene incaricato delle indagini il commissario Arcadipane ma dopo un solo giorno l’indagine viene affidata ad una task force, specializzata in analisi dei siti storici, perché sembra che i reperti risalirebbero alla Seconda guerra mondiale. Arcadipane non è convinto e conduce un’indagine parallela che lo porterà a scoprire la verità tra i misteri di uno dei periodi più oscuri della nostra storia del secondo dopoguerra.

In questo cupo noir ritroviamo i personaggi del “Il caso Bramard”: il mite commissario Arcadipane, l’ex commissario Corso Bramard, la poliziotta Isadora (quasi una Lisabeth Salander nostrana) che si ritrovano ad indagare su un verosimile episodio della ”strategia della tensione” degli anni ’70, un mistero che nessuno ha interesse che venga svelato ma che i nostri investigatori temerari e fuori dagli schemi esploreranno caparbiamente per “raggiungere il bandolo della matassa.”

Il quadro d’ambiente è reso splendidamente ed il lettore si addentra nei plumbei colori della Torino delle periferie in un altalenarsi della storia tra gli anni ’70 e il 2008 immergendosi completamente nella storia e nei ricordi di quell’epoca (naturalmente se come me ha l’età per farlo).

Insieme al mistero conosciamo meglio il Commissario Arcadipane alle prese con una dura crisi esistenziale e il flash back relativo alla storia accaduta negli anni ’70 ci permette di vedere Bramard giovane e idealista, perdutamente innamorato della sua Michelle, con le sue particolari doti di investigatore e la sua spiccata capacità di mettersi nei panni degli altri, di comprendere e non erigersi a giudice implacabile.

Anche in questo romanzo uno dei personaggi è sicuramente l’ambiente dove si svolge la storia e si muovono i personaggi nei due differenti piani temporali: la città di Torino tra Porta Palazzo, il Po, Barriera di Milano, la Gran Madre e tanti altri luoghi meno conosciuti.

Nel leggere i romanzi di Davide Longo ci si immerge pienamente in un Piemonte noir, e con ritmi a volte lenti, a volte serrati scopriamo che abbiamo letto più di un poliziesco, per volere dell’autore che ci rende più che spettatori, abbiamo scandagliato l’intimo dell’animo umano dove bene e male, giusto e sbagliato, bianco e nero a volte si confondono e si intrecciano indissolubilmente. L’autore infatti spinge a far sentire il lettore come se fosse presente alla storia nascosto dietro ad un angolo, osservatore partecipe di ciò che accade e anche di ciò che non si vede.