Il fine giustifica i mezzi?

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La frase che uso come titolo, in forma interrogativa, è attribuita a Niccolò Machiavelli (1469 -1527) un po’ impropriamente perché lo scrittore fiorentino non scrisse esattamente così, ma così:

<<Nel giudicare le azioni degli uomini, e soprattutto dei prìncipi – che non possono essere convocati in giudizio – non si guarda ai mezzi, ma al fine. […] I mezzi saranno sempre giudicati onorevoli e lodati da ognuno, perché il volgo bada sempre alle apparenze e al risultato. E nel mondo il volgo è da per tutto.>> Machiavelli, Il Principe XVIII, 5

Il senso della frase è comunque quello, anche se colui che usa ogni mezzo per raggiungere un fine, lo può fare solo per importanti ragioni di stato.

Non è di Machiavelli che parlerò, ma di un filosofo americano che si pose, molti secoli dopo e da punti di vista diversi, la stessa domanda. Il filosofo in questione è John Dewey (1859 – 1952) che nella sua lunga vita si dedicò alla filosofia, alla pedagogia e alla psicologia senza trascurare l’impegno politico che lo vide sempre schierato a difendere gli ideali democratici e progressisti.

 In filosofia fu contro ogni concezione deterministica o provvidenzialistica. Il suo interesse fu rivolto all’analisi del processo della conoscenza umana che si realizza in un contesto naturale e sociale con il quale continuamente interagisce.

 Nel 1939, dopo aver pubblicato per tutta la vita opere di varia natura, pubblicò il saggio Teoria della valutazione, in cui troviamo la riflessione sui fini e sui mezzi. In questo scritto polemizza con la tesi di Alfred Ayer, esponente del neopositivismo il quale aveva sostenuto che le proposizioni valutative, quelle cioè prodotte da emozioni individuali, non hanno valore scientifico poiché non si possono verificare empiricamente.

Secondo Dewey, non è così, anche le proposizioni valutative tra cui quelle che riguardano i fini e i mezzi possono avere un carattere scientifico.

Dewey parte dal racconto di uno scrittore inglese, Charles Lamb, il quale spiegò da cosa avesse avuto origine l’arrosto di maiale. Un giorno, una casa in cui erano custoditi dei maiali si incendiò accidentalmente, fu distrutta e i maiali morirono bruciati. Quando i proprietari entrarono nelle rovine, toccarono i maiali che ancora scottavano, istintivamente portarono in bocca le dita per raffreddarle e scoprirono un sapore sconosciuto e gustoso. Da quel momento costruirono case, rinchiusero i maiali e le incendiarono per avere le prelibate carni da mangiare.

Di fronte a questo racconto, Dewey nota che se il fine (avere la carne arrostita) è considerato separato dai mezzi che si usano (incendiare le case), non c’è nulla da aggiungere, il fine di volere la carne arrostita è stato raggiunto; ma se pensiamo che il fine si sarebbe potuto raggiungere anche senza distruggere le case, il metodo adottato appare assurdo e irragionevole.

Per Dewey, nel gustare la carne non si può dimenticare il costo tragico del mezzo che ha prodotto il godimento perché, il valore del godimento come fine dell’azione è in relazione al valore dei mezzi che lo hanno prodotto.

Questa osservazione non è valida per l’incendio accidentale perché allora non si sapeva che il fine sarebbe stato scoprire il gusto dell’arrosto ma quando il fine è nelle intenzioni, il mezzo che si usa per realizzarlo acquista valore. Inoltre, pensa il filosofo, se il fine viene realizzato con mezzi che costano molta fatica, si accresce l’apprezzamento e il godimento del fine.

Dewey non crede che esista un fine in sé, cioè un fine che sentiamo così importante da voler realizzare senza tenere in alcun conto il mezzo che sarà utilizzato; si può fingere di crederlo ma se il costo che paghiamo per realizzare i fini è troppo pesante, rimarrà in noi un ricordo che non ci abbandonerà mai e potrebbe portare con sé un’amarezza che non passa, piuttosto, con il tempo si accresce.

Per Dewey è importante che l’uomo, nel corso della sua vita, persegua dei fini, solo in questo modo potrà progredire e far migliorare il mondo, dovrà però, tener conto del fatto che tra il fine che persegue e il mezzo che usa per conseguirlo c’è una relazione di valori e un intrinseco legame di cui è opportuno ricordarsi.

Il filosofo statunitense non condividerà mai la posizione di Machiavelli, nel corso della sua vita ha conseguito molti successi rimanendo sempre fermo nelle proprie convinzioni. Credo che la sua posizione che richiama ad un’etica di responsabilità possa essere condivisa.

Gabriella Colistra

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