Il colore arancione

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E pensare che il colore arancione non mi è mai piaciuto.

Anzi, devo proprio affermare di averlo sempre detestato.

Forse perché mi ricorda certi tramonti nostalgici che in estate mi riportano indietro di più di vent’anni, presso luoghi funestati dove non vorrei mai più far ritorno, nel bel mezzo di momenti caratterizzati da forte scoramento.

Istanti feroci che furono, ahimè, maggiormente pregnanti di quelli di conforto.

Eppure, per pura fatalità o per chissà cos’altro sia stato previsto dalla mera casualità, fu deciso che la mia regione fosse colorata proprio d’arancione.

Siamo tutti così lontani, impotenti, privi di una libertà che domanda solo di potersi cibare dell’essenziale, di piccole e sporadiche occasioni che mantengono in vita un essere umano, una libertà che non avanza e che giammai avanzerà pretesa alcuna ma che avrebbe solamente la spasmodica necessità di semplici riacquisizioni quotidiane.

A prescindere dai colori che sono stati assegnati alle diverse regioni, la sensazione che fortemente si imprime nei meandri del mio sentire è caratterizzata da uno spiccato senso di dabbenaggine, da parte di chi ha assunto la decisione di tramutare in sciocche tonalità cromatiche le disparate vie che condurranno allo sfacelo.

Sì, proprio di sfacelo si tratta, poiché sarà un’impresa durissima, soprattutto per determinate zone e particolari categorie di lavoratori, riuscire a riprendere efficacemente in mano le redini della propria vita.

Arancione, come un fuoco inarrestabile ed infernale, che ci regala l’illusione che le fiamme siano solo di colore rosso.

Ed invece il fuoco è proprio arancione.

Ne ho vedute molteplici di zone incendiate, la scorsa estate, e ricordo perfettamente il colore di quello scempio.

E questa maledetta tonalità renderà possibile, quanto meno, l’uscita dalle nostre tane esauste per prendere una stentata ed acerrima boccata d’aria.

Ma il pensiero che si impone con estrema intensità è rivolto con costanza ai miei affetti sparsi per la penisola, in particolare a chi si trova inzona rossa e che subisce gli strascichi di privazioni che tanto rassomigliano ad una clausura forzata, della quale proprio tutti abbiamo ben avuto esperienza e contezza, a partire dal mese di marzo.

Nella giornata di ieri, i miei genitori avrebbero festeggiato 38 anni di matrimonio.

Avrei lottato sino allo stremo affinché avessero raggiunto il traguardo dei 40.

Mio padre sarebbe stato molto preoccupato e non avrebbe effettuato nessuno spostamento da casa.

Durante la sua degenza in ospedale aveva ben appreso, attraverso la visione quotidiana dei telegiornali, dell’esistenza di questo spietato ed irriducibileAttila e mi aveva implorata di non andare più a trovarlo.

Non ci sarei mai riuscita e lui ne era pienamente consapevole.

Mi sovviene uno scialle arancione che teneva sulle gambe ed un cartello del medesimo colore che mi indicava la strada giusta per giungere sino a lui.

Come potrei, dunque, tollerare con molta tranquillità ed in seguito ad una serie di rimembranze che fanno da viatico verso la sofferenza, che la mia Sicilia sia stata imbrattata con una specie di vernice arancione?

Stamattina tutti i bar presentano le saracinesche rigorosamente abbassate.

La gente va, fortunatamente, in giro con la mascherina.

Le misure precauzionali, in città, sono opportunamente rispettate e questo mi rincuora, e non poco.

Se solo non avessimo peccato di oculatezza in un determinato periodo pregresso forse, adesso, saremmo un po’ più liberi di condurre le nostre vite come facemmo un tempo.

Quando la mia Sicilia riuscirà a scrollarsi di dosso questa, per me, tanto angusta tonalità di colore, potrò finalmente rivedere il marrone delle montagne e quel meraviglioso verde che caratterizza i campi arati.

Ci sono tante di quelle persone che desidero rivedere ed abbracciare che ho smarrito il conto dei miei stessitranci di cuore.

Che coloro i quali si trovano in zona rossa tengano duro, che non smarriscano la grande speranza e l’immane pazienza necessarie.

Molti, troppi e carissimi affetti risiedono proprio presso i suddetti luoghi.

E che fosse possibile al più presto, perdio, dimenticarsi definitivamente di queste ondate cromatiche che hanno invaso la nostra terra stupefacente.

Mi dispiace persino per il colore cangiante dei miei occhi, che è lievemente screziato di arancione.

Sarà per questo motivo che la loro espressione non riesce a ritornare serena come un tempo.

Ma Dio, ci aiuterà?

Per quanto ancora percepiro’ il suo sguardo proteso altrove?

Al momento, in verità, non mi pare proteso da nessuna parte che riguardi il cosmo intero.

Che possa risanare il mondo, che ci salvi da ottimo e misericordioso padre.

Io intanto continuo ad immergermi nella nuova realtà color degli agrumi.

D’altra parte, data l’ingente quantità della quale siamo detentori, non avrei potuto pretendere tonalità di tipo differente.

Ricordo, ad ogni modo, che siamo pure pieni di limoni, così, tanto per rivangare un particolare vagamente attinente.

Rialzati, madre Italia!

Maria Cristina Adragna 

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