“Il cielo in una stanza” di Laura Rizzo

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Laura Rizzo e il suo “ il cielo in una stanza”

 “Le cose della vita hanno un senso, un disegno, che a volte parte da lontano”.

… e parte “per caso”.

Sì, come questa intervista nata “per caso” a Bari, in Via Postiglione 12.

Seduto su un comodo divano, in attesa di un lauto pranzo, si rivela una meraviglia di pranzo, irrompe il suggerimento dello storico Antonio Brusa, che voi lettori di ScrepMagazine avete avuto modo di conoscere in una mia precedente intervista sullo stato di salute della storia e della didattica apparsa il 14 dicembre scorso.

“Perché non intervisti Laura Rizzo che, in occasione del sessantesimo anniversario della nascita della canzone “il cielo in una stanza” di Gino Paoli, ha scritto un libro su detto motivo?”

Dove la trovo?

Su Facebook, ma tu parlaci per telefono. Questo è il suo numero…

LAURA RIZZO, esperta e studiosa di canzone italiana, critico musicale, conduttrice radiofonica e autrice.

Ha collaborato con  «Muz», «Pool magazine», «Musica&parole», «Jazzit».

Attualmente scrive per «L’isola che non c’era», «Vinile» e «Quisalento».

È autrice e conduttrice di «Storie di casa mia» su Radio Bachi.

Insegna italiano agli stranieri in una scuola media serale e collabora con diverse case editrici in qualità di autore ed editor.

Nel 2015 ha pubblicato «Vinicio Capossela. Canzoni a manovella» (Arcana).

Originaria di Taranto, vive e lavora a Bari.

Studia canto leggero.

Fiore – Come nasce il libro “Il cielo in una stanza”?

Rizzo – Il mio primo libro, Canzoni a manovella. Vinicio Capossela, Arcana 2015, è stato la biografia di un disco bellissimo e capitale per la musica italiana, un intero saggio su un album che spegneva quindici candeline nel 2015.

Subito dopo mi venne in mente una sfida: affinare la ricerca e passare dal disco a una singola canzone.

Il caso ha voluto che io abbia conosciuto Donato Zoppo, curatore di una collana di libri, per la casa editrice GM Press, interamente dedicati a un solo brano, in occasione dei compleanni importanti.     

“Il cielo in una stanza”, canzone a cui sono legatissima, a giugno del 2020 compiva 60 anni.

Quale migliore occasione?

Fiore – Mi stai dicendo che “Il cielo in una stanza” era una sorta di urgenza che ti portavi dentro da parecchio, esattamente sin dai tuoi 15 anni, quando già la canzone  “Il cielo in una stanza” era nel tuo walkman  e che hai colto l’occasione del suo sessantesimo compleanno per tirarla fuori?

Rizzo – Sì, è stata quasi una nemesi.

Da ragazzina ascoltavo molto i vinili che erano a casa, quelli dei miei, e Paoli era sempre presente.

Per me era la norma, era un mondo di canzoni a cui ero affezionatissima e che mi portavo dietro come se fossero quasi mie coeve: i miei compagni di classe, però,  avevano nel walkman i Duran Duran.

Ecco, la frattura temporale tra me e loro diventava oggetto di scherno bonario, ma alla fine, dopo trent’anni, ho incontrato Gino Paoli e su quel pezzo che cantavo a 15 anni ho scritto un libro.

Appunto, una nemesi.

Fiore – Potremmo definire Gino Paoli il signor “Oltre”?

Rizzo – Decisamente.

Paoli ha una personalità così ben definita che lo fa essere da sempre un outsider: idee chiarissime, una grande e perpetua ricerca interiore, una mancanza assoluta di retorica.

Dritto, a tratti ruvido, ma vero e sincero.

Fiore – Nella tua intervista a Gino Paoli hai incontrato un uomo ancora burbero e ribelle?

Rizzo – L’età ammorbidisce, l’ha detto anche lui, ma l’idea di un Paoli burbero, almeno, quella che mi sono fatta a suo   cospetto, non l’ho  percepita.  

Sicuramente ho incontrato un uomo dall’animo sensibilissimo, così dentro  alle  cose  da esserne osservatore e narratore sincero.

Un tenero che si è dovuto armare di una protezione, di una  maniera  ruvida per potersi proteggere dai modi spesso invadenti del mondo esterno.

Fiore – Se dovessimo spacchettare Gino Paoli in percentuali, quanta percentuale attribuiresti  al Paoli pittore mancato e quanta al cantante per caso?

Rizzo – Paoli mi ha mostrato i suoi quadri appesi alle pareti di casa e uno ancora in fieri, che è lì sul cavalletto in attesa di essere completato.

Mi ha mostrato un libro che ha illustrato lui stesso, per bambini, con le strofe de       “La gatta”.

Non credo abbia mai smesso di disegnare e dipingere.

Le passioni, le urgenze bussano forte.

Non sono brava in matematica, ma posso pensare che un 40% pieno di pittura lo abiti ancora.

Fiore – Quanto ha influito la poesia nel discorso musicale di Paoli?

Rizzo – Moltissimo.

Se ne è nutrito sin da ragazzo.

Avido di letture, di romanzi, di poesia, di canzoni francesi, ha costruito in modo quasi inconsapevole il suo animo poetico.

Ha mangiato tutto quello che leggeva, rielaborandolo, introiettandolo e lasciando che permeasse, per poi tirarlo giù nei suoi testi.

Ma senza una volontà precisa.

Più come un curioso esploratore che ha riempito uno zaino con un bagaglio che lo   ha definitivamente formato in un certo modo.

Fiore – Senza troppo svelare della tua ultima fatica letteraria si può dire che nella scrittura del libro “magna pars” ha giocato il tuo amore per gli studi archeologici per poter ordinare le varie tessere che sono alla base del tuo meraviglioso mosaico letterario?

Rizzo – Sì, devo ammettere che la mia formazione archeologica mi porta spesso ad avere una impostazione da detective nell’approccio ai lavori di ricerca, anche quando si parla di canzoni.

Ho abbastanza chiaro da subito come ordinare i tasselli, le interviste, come infilare i capitoli per partire dal dato, come procedere con spesso anche intrecci tra gli eventi e giungere a un capolinea.

Mai trascurando le fonti e le dirette testimonianze degli artisti.

Insomma, un puzzle in narrativa che ha la forma di un racconto: una novella leggera, ricca di aneddoti e curiosità che mai si stacca dal dato storico.

Fiore – La minigonna è il simbolo della formazione di una società più intelligente, di una nuova morale, di un nuovo senso dell’etica e del pudore, di una nuova forma di bellezza.

Possiamo definire “il cielo in una stanza” di Paoli la minigonna della musica italiana? E di conseguenza Gino Paoli l’autore-rivoluzionario del mondo musicale italiano?

Rizzo – Il sottotitolo del libro parla chiaro: Paoli, Mina e una canzone rivoluzionaria. In quel momento di papaveri e papere, di sorrisi rassicuranti dal palco e gonnelloni  a palloncino, sia Paoli che Mina arrivano a squarciare la tela di un equilibrio.

Portano nuovi linguaggi musicali e corporei.

Mostrano emozioni, cantano un sentire.

Ma non sono i soli a farlo: tutta la scena genovese, Lauzi, Tenco, Bindi, e poi i milanesi, Jannacci, Gaber, irrompono con codici nuovissimi, supportati da Gian   Franco Reverberi e lanciati da un vero pioniere, Nanni Ricordi.

Quindi, Gino Paoli può essere considerato uno degli autori rivoluzionari, ma non il solo.

Fiore – Grazie, gentile Laura, per avermi concesso un po’ del tuo prezioso tempo.

Ti lascio con l’augurio che il tuo libro possa rientrare tra i più amati sulla scia del successo della canzone esempio significativo e precoce delle novità apportate ai testi dai cantautori genovesi.

Rizzo – Grazie a te, caro Vincenzo, per l’opportunità offertami, complice l’amico Antonio Brusa, di occupare un piccolo spazio ma molto significativo sull’interessante e variegato blog con cui collabori.

Laura Rizzo e il suo “ il cielo in una stanza”

… a cura di Vincenzo Fiore

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

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