Gli occhi azzurri di Roberta

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Si ritorna a parlare dell’omicidio di Roberta Ragusa. Roberta Ragusa aveva un paio d’occhi azzurri come quelli dipinti nei quadri.

Era una mamma premurosa e affettuosa con i suoi due figli, e gestiva insieme al marito Antonio Logli, un’autoscuola in paese.

Nella tarda mattinata del 14 gennaio, verso le 13, Antonio Logli, marito di Roberta Ragusa, si presenta presso la stazione dei Carabinieri di San Giuliano Terme, e ne denuncia la scomparsa.

Secondo l’uomo, la scomparsa della moglie sarebbe avvenuta, tra mezzanotte e le 6,45 di quello stesso giorno, se ne è accorto all’atto del risveglio.

Logli, racconta di aver visto sua moglie per l’ultima volta sua moglie la sera prima, quando, già pronta per andare a dormire scriveva la lista della spesa in cucina.

L’allontanamento, secondo il marito, sarebbe dovuto allo stato di confusione mentale con perdita di memoria, prodotto da un incidente domestico accaduto il 10 gennaio 2012, nel corso del quale Roberta, aveva sbattuto la testa perché era stata investita dallo stesso marito, caduto da una scala mentre conservava gli addobbi natalizi.

Nel corso della denuncia, il Logli è molto agitato ed ha uno strano graffio sulla tempia.

La versione dei fatti, non convince il personale dell’Arma.

Inoltre, il Logli, poco dopo la denuncia di scomparsa della moglie, ha una serie di comportamenti sospetti.

Innanzitutto fa sparire la propria autovettura, a suo dire per un guasto sopravvenuto, ma per sottrarla al controllo dei cani molecolari, e soprattutto viene visto, due giorni dopo la presunta scomparsa della moglie, a pulire una macchia dalla sua abitazione.

Inoltre invita Sara Calzolaio, dipendente della autoscuola della famiglia Logli, nonché babysitter dei propri figli, a cancellare le email scambiate tra di loro e disfarsi del cellulare.

Tutto questo perché la ragazza, poco più che ventenne, è l’amante dell’uomo.

Gli investigatori, nel frattempo, approfondiscono la dinamica della caduta domestica di Roberta.

Il dottore conferma la caduta della donna e dichiara che l’aveva trovata arrabbiata con il marito per aver causato l’evento.

Inoltre la polizia acquisisce una testimonianza fondamentale.

Si stratta di quella di due persone che la notte del 14 gennaio si trovavano vicini i campi della famiglia Logli.

Lui si chiama Loris Gozi e fa il giostraio, la donna, è sua moglie.

Entrambi ricordano chiaramente di aver visto un uomo che era uguale al marito di Roberta, mentre trascinava in auto, una donna vestita con un pigiama rosa. L’auto corrisponde a quella di Logli, la descrizione all’abbigliamento di Roberta, è esatto.

Questa testimonianza, e l’episodio della caduta, la relazione con la babysitter, i comportamenti strani di Logli, porta la Procura ad incriminare Antonio Logli e poco dopo a rinviarlo a giudizio per omicidio e occultamento di cadavere.

L’ipotesi della Procura, riguardo alla notte dei fatti, è che Roberta stesse fuggendo in pigiama, da un’aggressione del marito fra le mura domestiche e che questi l’abbia ripresa con la forza e ammazzata.

Il 21 dicembre del 2016, viene condannato con rito abbreviato Antonio Logli a 20 anni di reclusione per omicidio e occultamento di cadavere.

Il 14 maggio del 2018 la Corte di Appello di Firenze conferma la prima sentenza.

Secondo le motivazioni della sentenza Antonio Logli uccise Roberta per questioni economiche. La sera tra il 13 e il 14 gennaio, Roberta trova il marito in soffitta al telefono con la sua giovane amante.

Il 10 luglio 2019 la prima sezione della Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 20 anni di carcere.

I legali vogliono riaprire il processo.

Ma conosciamo Roberta nell’intimo con la sua ultima lettera.

Dopo la scomparsa è stata ritrovata una lettera che nel giorno dell’anniversario di nozze Roberta Ragusa ha scritto per il marito Antonio Logli.

La missiva è piena di tristi riflessioni e denuncia la consapevolezza di una relazione ormai stanca, soprattutto da parte del marito, chiaramente distratto e assente, anche quando è presente fisicamente in casa.

Ecco la commovente lettera che è stata letta nel corso della trasmissione “Chi l’ha visto” anni fa.

Mi sembra davvero strano trovarmi nella necessità di parlarti con parole scritte, a voce non è più possibile oramai, dato che quando io entro nel letto tu già dormi e quando tu ti alzi io dormo ancora. Durante il giorno, nel poco tempo che sei a casa, i bambini ti reclamano, la pasta scuoce e il telefono squilla.
Non c’è mai tempo, scivola, scorre via come sabbia tra le dita questo tempo, non c’è tempo per parlare, per ascoltare, per capire, non c’è tempo per sentire i mutamenti del cuore, non c’è tempo per cogliere l’essenza, l’attimo della vita. Tu non ti accorgi che io vivo la vita, fuori dalla mia vita e che i miei occhi guardano occhi che non guardano i miei.
Sai, a volte mi capita di aprire i cassetti della memoria e mi sorprendo nel constatare quanto è diversa la persona che sono diventata dalla persona che ero e che sognavo di divenire. Sognare: negli anni è sempre più difficile, non trovi? E i sogni di chi come me sogna di rado, sono sempre più utopistici, allora ti aggrappi alle cose certe, agli affetti, alla famiglia, hai notato come i figli piccoli siano accentratori di amore? Già, tu glielo dai senza chiedere nulla in cambio, è meraviglioso poterli amare e poter crescere con loro. Ma noi? Cosa resta di noi? Viaggiamo su binari paralleli, ci parliamo senza dare risposte, non ci diamo reciprocamente ciò che vorremmo, siamo vicendevolmente delusi, caduti talmente nell’abitudine che sembriamo già vecchi. Sono stanca, stanca, stanca, stanca dei battibecchi sui soliti quotidiani argomenti, stufa di chiederti quello che qualsiasi compagno con un po’ di buon senso capirebbe al volo esasperata dal tuo modo di rispondere sempre fingendo di non capire o travisando la realtà dei fatti. Non ne posso più del modo in cui ti comporti con tutti noi, quasi sempre inopportuno, inadeguato, irritante.

Se tu avessi anche solo un briciolo di sensibilità ti chiederesti: “Ma cosa ho dato, cosa sto dando di me stesso alla mia compagna, mi preoccupo di ciò che pensa, prova, desidera?”. Vorrei essere ogni tanto al centro della tua attenzione, sapere che ti dispiace di vedermi stanca, spossata, esausta, di vedere che privo me stessa di tutte le cose personali, ma tu vivi la tua vita, coltivi i tuoi interessi fuori di qui, fuori da me. Non ti ricordi mai nulla, non un fiore, neanche quando è nato il primo figlio e sarebbe stato così anche alla nascita della bambina, se non te lo avesse suggerito un’altra persona. Anche oggi per esempio, non ti sei ricordato il nostro anniversario.
L’ennesima delusione.
So che tu non ami leggere, perciò lo fermo questo fiume di parole che sicuramente ti lasceranno indenne, intonso nel tuo presuntuoso cinismo, nell’alta opinione che hai di te. Non importa, non più.
Baci“.
Roberta

In questa lettera traspare tutta l’amarezza per un rapporto giunto al termine e all’amarezza si aggiunge la rassegnazione.

Restare ancorati ai ricordi felici.

Tra i due, Logli sembra aver rimosso completamente, è sintomatico invece per Roberta che sembra far trasparire come su quei ricordi si possa ricostruire nuovamente un rapporto tra loro, ma sappiamo tutti, come ciò non sia successo …

Angela Amendola

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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