Giuseppe Remuzzi: la scienza al servizio dell’umanità

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Era il mese di Maggio, eravamo ancora in pieno lockdown, in casa si respirava un clima di preoccupazione perchè la pandemia sembrava non concedere momenti di tregua.

Spesso di sera mi trovavo davanti alla TV ad assistere all’ennesimo talkshow in cui venivano diffuse con esasperanti dettagli notizie in merito al Covid -19, sempre non molto confortanti.

Oramai da giorni avvertivo una sorta di confusione.

Forse lo sconforto stava prendendo il sopravvento, tanto che avevo deciso di non ascoltare più nessun virologo in TV.

La mia serenità era stata messa duramente alla prova.

Il lockdown aveva consumato tutte le mie energie.

Ma proprio una di quelle tante sere, facendo zapping col telecomando, l’immagine si fermò su un signore che non avevo mai visto in TV sino a quel momento il quale diceva: “Il virus è cambiato. Non uccide più come prima“.

Sicuramente avevo necessità di ascoltare notizie positive.

Volevo essere rassicurata.

Si trattava di Giuseppe Remuzzi che avevo spesso incontrato in vari testi di Medicina e famose riviste scientifiche, ma di cui non conoscevo l’aspetto fisico.

Giuseppe Remuzzi è considerato uno tra i 400 scienziati più influenti nel mondo nell’ambito biomedico.

Attualmente ricopre la carica di Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.

Da quel momento ho iniziato a seguire con costanza i suoi interventi in TV durante i quali si percepiva la sua grande professionalità e, al contempo, la sua umanità.

Confesso che lo facevo anche perché mi rasserenava la sua presenza.

Qualche giorno dopo, casualmente, leggendo il commento di un giornalista sul Professore, decisi di inviargli un email chiedendo una intervista per ScrepMagazine.

Il giornalista nel suo commento tesseva le lodi dello scienziato sottolineando il fatto che le sue interviste diventavano una lezione di vita e che lo chiamavano Professore non solo perché insegnava e faceva ricerca scientifica, ma soprattutto perché educava a trattare e osservare la vita con rispetto in quanto sacra.

La risposta del Professore non tardò ad arrivare ed io, emozionata e lusingata, ebbi conferma tangibile del suo garbo e della sua cortesia che avevo più volte colto quando partecipava ai dibattiti televisivi.

In un’intervista al Corriere della Sera, il Professore Remuzzi rispose con le seguenti parole alla domanda di un giornalista che gli chiedeva come stesse:

Mi sento come un soldato che perde i suoi compagni. Un mio amico dottore ricoverato in pneumologia in situazione critica, altri due intubati. Quando vedi queste cose con le persone che sono cresciute con te in questi anni, che cadono mentre il nemico avanza, ti viene da piangere, non ce la fai. Vedo le ambulanze che continuano a passare e su ogni ambulanza c’è un essere umano che non respira. Ecco come sto.“.

In queste parole io ho visto l’uomo scienziato, ho capito che il suo cuore e la sua mente camminano a braccetto, che per un bravo medico come lui, è indispensabile stare sempre dalla parte del paziente, ascoltarlo, non pensare solo al suo corpo provato dalla malattia.

Perché ogni paziente ha un cuore.

Professore Remuzzi, buongiorno. Entro subito nel vivo dell’intervista con una domanda che credo sia interessante per i possibili risvolti. I ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di cui Lei, Professore, è Direttore, hanno individuato il Covid-19 in una cellula renale grazie ad un campione ottenuto dall’autopsia di un paziente deceduto in un ospedale lombardo. Perchè questa scoperta potrebbe avere un’importanza notevole?

La scoperta è importante perché ci fa capire che la causa di morte non è solo l’insufficienza respiratoria, ma moltissimi muoiono per insufficienza renale. Il virus si attacca alle strutture renali, danneggia l’endotelio, l’epitelio, stacca queste cellule, fa passare proteine attraverso le urine, per cui si ha insufficienza renale.

Il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier ha ipotizzato un complotto internazionale quando ha dichiarato che il Covid-19 è stato creato in laboratorio. Qual è il suo pensiero a riguardo?

Non esiste alcun complotto internazionale, non esiste alcuna cospirazione. Il Covid-19 è nato in un mercato della carne a Wuhan in Cina ed è stato trasmesso all’uomo. Anche i premi Nobel possono raccontare cose sbagliate se non supportate da sperimentazione, da studi o da ricerche.

Professore, l’Italia è stata colpita da un’epidemia che sembra avere tre diversi volti, per il  Nord, il Centro e il Sud d’Italia. Potrebbe, quindi,  esserci una correlazione tra clima e diffusione del virus?

Esistono tre manifestazioni diverse dell’epidemia in Italia, una al Nord, una al Sud, una al Centro. Il virus non è mutato, è lo stesso. Ma il motivo non può essere ricondotto solo alle pratiche di distanziamento sociale, lavaggio delle mani e uso della mascherina. Potrebbero esserci stati altri fattori a determinare una diversa “intelligence” dell’epidemia.

Ho letto di uno scudo genetico che avrebbe protetto il Sud della Penisola. Cosa pensa lei a riguardo?

Esiste uno studio di un ricercatore dell’Università di Torino il quale ha dimostrato l’esistenza di differenze genetiche nelle diverse popolazioni d’Italia e ciò potrebbe essere dovuto a svariati fattori che contribuiscono. Secondo me la manifestazione diversa dell’epidemia nelle tre aree geografiche è dovuta a differenti condizioni locali: temperatura, umidità, genetica, rapporti tra le persone, socialità, abitudini alimentari, senza contare anche la densità di popolazione.

Professore lei qualche giorno fa ha detto “Non basta dire che un paziente è positivo, bisogna specificare la carica virale“.

Adesso, soprattutto in questo momento che non ci sono malati gravi, abbiamo tamponi positivi e ospedali vuoti. Deve esserci per forza una ragione. Quando abbiamo guardato questi tamponi, abbiamo notato che c’era poca carica virale. Ciò non significa che se si incontra un soggetto con carica virale alta, non sarà contagioso. Lo sarà eccome! Ma i pazienti che noi osserviamo in questo momento non lo sono. Fra i pazienti che risultavano positivi, quando vengono dimessi, non esiste nessuno che sviluppa polmoniti e altre malattie. Dal mese di giugno ne abbiamo osservati tantissimi. Vuol dire che erano positivi, ma con carica virale bassissima. In pazienti che stanno bene, a cui abbiamo misurato la carica virale, abbiamo riscontrato che questa si presentava molto bassa.

Sembra che i pazienti guariti da Covid-19 possano andare incontro a complicanze. Sarà questa la sfida per l’autorità sanitaria nei mesi a seguire?

Sicuramente questa si presenta come la nuova emergenza sanitaria perché ci sono pazienti che hanno bisogno di assistenza a casa perché non sono guariti. Hanno addosso una malattia che è diventata imprevedibile. C’è un bellissimo articolo pubblicato sul Washington Post il quale parla di una lunga storia della malattia: si arriva a casa e non si è nè guariti nè malati. Un giorno si sta bene, un altro si sta male. Ci si sente stanchi, con dolori alle ossa cosí forti che è come se queste fossero fratturate. Stati febbrili altalenanti, sintomi respiratori, perdita di olfatto e gusto, complicanze renali e problemi al cuore. Ma soprattutto la malattia sembra non finire mai.
3 pazienti su 10, malati di Covid-19 e guariti, manifestano complicanze.

Professore, crede che la campagna di vaccinazione antiCovid-19 sia fondamentale per over sessanta, operatori sanitari e persone affette da deficit immunitari?

Queste sono le prime persone che devono essere trattate col vaccino, appena questo sarà disponibile.

Ci si può ammalare di Covid-19 due volte?

Sí, potrebbe accadere, ma è molto raro. Tutti coloro che si ammalano sviluppano una risposta anticorpale. Ma non si sa quanto possa durare la protezione da parte degli anticorpi. Probabilmente ció avverrà in modo diverso in differenti persone. Potrebbe durare settimane, mesi, anni.

Cosa ne pensa della cura col plasma?

Questa è veramente una cosa importante che funzionava con l’Ebola, con altre malattie virali e finanche con la Spagnola. Abbiamo molte evidenze di cura con plasma che funziona. Noi utilizziamo un sistema diverso nel senso che togliamo gli anticorpi dal plasma. Poi restituiamo il plasma al suo donatore e infondiamo gli anticorpi sottratti nella persona che sta per guarire o che vorrebbe guarire, ma che non ha la capacità di farlo in quanto non ha gli anticorpi. Questo è un sistema alternativo al plasma. Invece di dare tutto il plasma, diamo soltanto gli anticorpi. Funziona soprattutto in pazienti ematologici che hanno avuto terapie immunosoppressive le quali impediscono la formazione di risposta anticorpale. Ed è grazie a questi anticorpi che ottengono subito un miglioramento delle condizioni di salute.

In queste esperienze Covid-19 abbiamo imparato a valorizzare il medico di famiglia. Che ne pensa?

Il medico di base rappresenta il primo baluardo contro il virus. Dovrebbe essere dotato di un sistema di protezione individuale in modo che buona parte di pazienti Covid-19 venisse curata a casa. Dovrebbe poter disporre di unità mobili con ossigeno e diagnostica dove lavorare insieme con infermieri e altre figure professionali di ausilio.

Ritiene che sia stata gestita bene l’emergenza sanitaria? Sarebbe stato opportuno un piano per le RSA?

I pazienti Covid-19 devono stare in un ospedale tutto per loro. Non bisogna rifare l’errore di mescolarli con malati di patologie diverse.
Non ci siamo occupati degli anziani. E non possiamo sbagliare nuovamente. Ci vuole un piano per le RSA per un eventuale ritorno della pandemia.
La questione di mettere i pazienti affetti da Covid-19 nelle RSA è stato un errore. Probabilmente bisognava svuotare le RSA dei pazienti anziani e offrire loro la possibilità di stare in alberghi con vicino i propri familiari, dopo essere certi che questi non fossero portatori di virus; non solo ma bisognava mettere a disposizione le RSA che avevano capacità anche di somministrare ossigeno (come si fa normalmente con gli anziani), di ricoverare i pazienti Covid-19 che non trovavano posto negli ospedali. Metterli insieme è stato un errore perchè gli anziani sono fragili, quindi esporli al contagio con altri ammalati è stato pericoloso.

Professore, dovremo restare ancora per molto tempo con la mascherina e mantenere il distanziamento sociale?

Credo che all’esterno non serva mantenere la mascherina, ma deve essere mantenuto il distanziamento sociale. All’interno potrebbe rivelarsi prudente tenerla, però credo che se tutto va come sta andando adesso, tra un mese circa non ce ne sarà più bisogno. Certo è che gli assembramenti sono pericolosi. Quando le persone si trovano nei teatri, nei cinema, negli eventi sportivi al chiuso, se non esiste il distanziamento, bisogna usare la mascherina. Comunque indossarla, protegge da eventi inattesi che non sono previsti.

Professore, si sono già spalancate le porte della bella stagione, da calabrese, amante del mare, volevo chiederle se si può fare il bagno tranquillamente senza la paura di essere contagiati?

Nessuna paura. Il virus, per contagiare, deve avere una certa carica virale ed in acqua si diluisce in modo tale che è impossibile incontrare una carica virale sufficiente per essere contagiati. A meno che non ci si imbatta in un soggetto che tossisce o starnutisce a distanza ravvicinata.

La storia ci dice che le epidemie si esauriscono. Potrebbe accadere la stessa cosa per il Covid-19?

Sì, potrebbe verificarsi la stessa cosa, ma non siamo certi di ciò. Può succedere com’è accaduto per la Sars.
In questi giorni ho avuto un lavoro bellissimo da una dottoressa francese in merito all’evoluzione del virus. Lei ha studiato tutte le mutazioni che si sono succedute. Ha dimostrato che potrebbe esserci la possibilità che tutti i coronavirus, che sono quelli da raffreddore, quando sono passati dall’animale all’uomo, all’origine, molti anni fa, hanno cominciato il loro corso come la Sars e successivamente sono diventati dei virus che convivevano con noi come virus da raffreddore.
Questo Coronavirus circolerà nel mondo, infetterà gran parte della popolazione e passeranno 2 al massimo 3 anni e poi si estinguerà come un raffreddore.

Professore, vorrei rimanere ore intere a parlare con lei e chissà quante altre cose avrei voluto chiederle. La ringrazio tantissimo per la sua disponibilità, per la sua gentilezza, per il tempo che ha dedicato a me e ScrepMagazine.

Non mi resta che augurarle di trascorrere una buona estate.

Piera Messinese

4 COMMENTS

  1. BRAVA DR.SSA PIERA MESSINESE.LA TUA COMPETENZA GIORNALISTICA E SCIENTIFICA SONO VENUTE A GALLA PREPOTENTEMENTE.

  2. Grazie, Dottore Caruso.
    Sono lusingata dalle vostre parole, perché siete un grande medico.
    Un abbraccio!

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