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GIACOMO BALLA (parte quarta)
“La Pazza” (1905)
Olio su tela, cm 175 x 115.
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Giacomo Balla pensa che la sua pittura debba avere una funzione sociale dedicata a quella più debole.
Quindi, tra il 1902 e il 1905, Giacomo Balla, come Pablo Picasso, realizza diverse opere dedicate agli oppressi e agli emarginati.
I suoi primi dipinti del Novecento, come “Ritratto di signora all’aperto”, che vi ho descritto nella parte precedente, occhieggiano già la tecnica “divisionista”.
Lo dimostra anche in questo capolavoro, dove il colore è steso con rapide pennellate in forte chiaroscuro e con tagli prospettici divisi in molteplici grumi e puntini.
La composizione è molto dinamica, ma Balla ha il grande merito nell’opera di fermare il personaggio e farlo diventare un racconto di vita.
“LA PAZZA”
Il dipinto ritrae Matilde Garbini, una vicina di casa del pittore.
È una donna veramente esistita, che il pittore ha conosciuto e che la vita ha infierito con forza, togliendole il bambino che portava in grembo.
Giacomo Balla, immortala Matilde Garbini visibilmente turbata dalla malattia psichica, che con un gesto convulso della mano destra intima il silenzio, mentre la mano del braccio sinistro è tesa in un gesto nervoso.
Il volto e il corpo della donna rivelano nell’espressione e nei gesti la drammatica condizione della pazzia e dell’alienazione
Il corpo magro è malamente rivestito da abiti logori, i capelli sono arruffati e ribelli.
È una figura di donna dall’atteggiamento stravolto, le cui movenze disarticolate si stagliano imponenti in controluce e suscitano a noi spettatori sensazioni di sgomento e pietà.
L’ombra prevale cupamente su radi spiragli di luce e sui vetri della finestra spalancata.
Anche in questo caso l’alternativa tra l’attenuata illuminazione del primo piano e la piena luce del paesaggio nel fondo, accentuano la drammaticità della figura ritratta sottolineata da una profonda mimica.
Partecipe nella visione di questa donna, colta in controluce, con l’indice in avanti quasi a voler zittire, non c’è pietismo né compassione ma un occhio amico e acuto
E lei sembra ancora volere il silenzio necessario a far addormentare quella creatura che per lei ancora vive e che vivrà per sempre.
CONCLUDENDO:
È un’opera che ben rappresenta la stagione pre-futurista di Balla.
Lo studio delle vibrazioni luminose lo porteranno a breve verso una rappresentazione “scientifica” della luce e del movimento.
Fino a sfociare nell’adesione al “Manifesto tecnico della pittura futurista” del 1910 di Marinetti, che parleremo in seguito.
Bruno Vergani