Forse conviene…

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Maggio è il mese che dà il via alle “feste patronali”… che dava il via!

Dalle mie parti si inizia il 10 e l’11 maggio di ogni anno con la festa del mio paese  – Pietragalla (PZ) – che celebra il protettore San Teodosio Martire, pretoriano romano ucciso assieme ad altri compagni a Roma sulla Salaria.

E poi, giù a valanga tutte le feste degli altri paesi attorno, fino a dopo l’estate, con spedizioni programmate e organizzate con gli amici.

Storie comuni a mezza Italia.

La mia festa patronale era grandiosa. Ogni festa è bella, emozionante, grandiosa!

Messe solenni, bande importanti, mercati e mercatini, giochi per grandi e piccoli, mostre, manifestazioni ed esposizioni, ed infine il concertone musicale con artisti “di grosso calibro”, dal Banco del Mutuo Soccorso a Nina Zilli passando per Alan Sorrenti e gli Alunni del Sole.

Ricordo ci fu un anno, quello degli Alunni del Sole appunto, che, nel corso principale del paese, la gente a passeggio era talmente numerosa che “si era incastrata”, non si poteva camminare, si passeggiava “avanzando per reciproco scivolamento”.

E poi, i vestiti nuovi da sfoggiare e quella ragazza lì da “fare il filo” che magari in tutto quel casino ci si riusciva ad appartare insieme almeno 10 minuti.

Gli anni ’70, l’anno delle radio libere, tutti sul tetto a montare “antenne e dipoli” e poi, in auto nelle regioni vicine a sentire fin dove la radio arrivava… Blu Radio 102,200 MHz in FM… con le telefonate “sensuali” delle ammiratrici durante il programmone notturno “Blu Night”.

E poi, ben tre gruppi musicali a farsi concorrenza, a suonare in giro, a fare i “veglioni” tutti stretti stretti a ballare “sulla mattonella”, a guardare quel nonno con cappello e gilet in velluto, che balla il twist alle 2 di notte, a suonare al Transatlantico, famoso ristorante di Napoli dove ancora oggi – spero – la mia piccola firma sta lì vicina a quella di Eduardo nel grande pannello dove tutti gli ospiti “importanti e meno” lasciano un pensiero.

Stamattina ripensavo proprio a tutto questo mentre in Chiesa assistevo alla Messa seduto in una “platea” che, per ordine e distanziamento, sembrava composta dagli ospiti di una parata militare coreana.

Sarebbe banale dire che – come ovvio – il mondo cambia, ma penso di non dire una banalità nell’affermare che, chi come me ha potuto vivere “da protagonista” gli anni ’70 e ’80, è stato fortunato.

Noi “facevamo sul serio”, senza troppe chiacchiere, “pane al pane e vino al vino“, non su instagram o “usando tatuaggi per dar messaggi“.

Sarà arrivato il momento di tornare a rifare sul serio non fosse altro perché “tocca mettere delle pezze”?

Dalla metà degli anni ’80 in avanti tutto ha preso una piega curiosa e di questo, a mio avviso, prima di internet, grande responsabilità hanno le TV commerciali, quelle TV che hanno inondato di “programmi ogni ora della giornata” con quantità e qualità di pubblicità impressionanti. È lì che nasce il consumismo, le brioche messe in tre contenitori (uno esterno in plastica, una vaschetta interna spesso in cartone ed una bustina per ogni singola brioche) che oggi ritroviamo tutti “vicini vicini” in varie parti del globo, le “mele meloni” che belle gialle e profumate, tutte bollinate con adesivini in plastica, hanno dimensioni impressionanti come muscoli pompati di un culturista e poi il web, i siti, i suv, i detersivi al limone…

Forse conviene ritornare a Radio Blu, di notte con un panino alla mortadella incartato in un foglio di carta e un bicchiere di quel rosso che Tonino andava a prendere direttamente nella cantina lì nella Mancosa, il rione a Nord del mio paese pieno pieno di cantine (le rutt) e di vini belli freschi.

Forse conviene tornare al telefono col canone SIP, bollente per le tante chiacchierate a far compagnia ai nostri ascoltatori, forse conviene fermarsi un attimo e invece di comperare le mele-cocomero, provare a mettere qualche piantina da orto sul balcone o rispolverare, per i più fortunati, quel pezzo di terra del nonno dove andare a piantare insalate e carciofi non prima di aver spento il cellulare.

Mancano gli abbracci e la schiettezza e l’altra sera, all’ultima puntata di “Felicissima sera”, di schiettezza e di abbracci se ne sono davvero visti tanti.

Le parole saranno importanti, ma forse è giunto il momento di parlar chiaro e finalmente in modo schietto.

Non bisogna comperare più auto, bisogna fare attenzione a quello che si mangia, non bisogna più comperare “roba in plastica”, basta col “politically correct”, questi sono gli anni in cui occorre  puntare dritto al cuore della materia: “Ci vogliono far credere che la civiltà sta nelle parole, ma è tutto qua nella testa”, ha detto Amedeo, “fino quando non ci cureremo dall’ignoranza di quelli che dicono con fare dispregiativo, che è quello il problema, ci resta un’unica soluzione: l’autoironia”.

Direttora, ricchione… ma davvero occorre fare disquisizioni sulle parole quando il vero problema è l’educazione ad iniziare dall’asilo?

E su intagram le donne che esibiscono chiappe e tette che tipo “di educazione” trasferiscono a chi le guarda?

Non saranno loro quelle alle quali “tirare in testa” il tacco di una “scarpa rossa”?

Non servono più categorie e ambiguità!

Il mondo di per sè “è una grande famiglia allargata”!

La vera cosa importante è quello che un essere umano ha in testa, nel cuore, che riesce ad esprimere con forza, competenza, rispetto.

I due comici hanno puntato il dito contro tutti gli stereotipi del politicamente corretto, passando per donne, ebrei, neri, fino ad arrivare agli omosessuali: “Nemmeno ricchione si può dire più, ma è sempre l’intenzione il problema. Così noi dobbiamo combattere l’ignorante e lo stolto. Se vi chiamano ricchioni, voi ridetegli in faccia perché la cattiveria non risiede nella lingua e nel mondo ma nel cervello: è l’intenzione. L’ignorante si ciba del vostro risentimento”.

Di certo le parole sono importanti e da sempre costituiscono lo strumento principe per veicolare intenzioni, culture, regimi, discriminazioni, ma forse conviene dare spazio alle donne per competenza e non per quote rosa.

Forse conviene de-slogan-arsi, tornare a parlar chiaro e recuperare il senso vero, originale e concreto delle parole CULTURA e RISPETTO altrimenti ci sarà sempre qualcuno più furbo degli altri a manipolare con “parole corrette” e “spot sensuali”, l’intera Umanità riempiendola di ogni genere di “monnezza”!

Clicca il link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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