9 domande 9
a Damiana Riccardi, autrice di “semplici scritti”
Damiana Riccardi nasce e vive a Bitonto, dove da corrispondente in Lingue Estere spazia nel suo percorso culturale dal giornalismo alla prosa, dalla poesia ai testi teatrali, alla recitazione.
Per vent’anni lavora presso l’Emittente “Telenorba” e contemporaneamente come free lance per i quotidiani “la Gazzetta del Mezzogiorno” e “Puglia”.
Fonda, unica donna, con Mimmo Luiso, Oronzo Maggio, Mimmo Larovere, Peppino Fallacara ed altri “L’Obiettivo”, primo mensile di opinione di Bitonto che in seguito diverrà “Primo Piano”.
Attivissima socialmente, propaganda e appoggia i referendum su divorzio e aborto, porta avanti le lotte relative alla maternità assistita, la riduzione dell’orario di lavoro e l’inserimento delle donne in ogni campo lavorativo, da quello nelle fabbriche a quello professionale, alla ricerca e alle forze dell’ordine ovvero dai carabinieri alla polizia, alla guardia di finanza.
Una sua prima silloge di poesie dal titolo “SEGMENTI” viene recensita e presentata presso il Circolo Esedra di Bitonto dai poeti e critici Oronzo Maggio e Domenico Luiso, con la voce narrante del giornalista Piero Ricci.
Dopo qualche tempo, presso la Sala degli Specchi del Comune di Bitonto, viene presentata la seconda dal titolo “LA LUNA CHE NON C’È”, entrambe mai edite.
Presidente del Comitato contro le tossicodipendenze, collabora per lungo tempo con le realtà di Don Gelmini e del Gruppo Abele per aiutare le famiglie dei ragazzi prigionieri dell’LSD e dell’eroina, ricevendo per questo suo impegno il Rosario delle Benedizioni dalle mani di Don Tonino Bello.
Inserita nell’opera Fatti e Persone del ‘900 a Bitonto e in diverse antologie a tiratura nazionale, riceve in diversi concorsi menzioni di merito raggiungendo il primo posto nei Premi nazionali LE BADESSE, RADAR SEI, ITALIA PAESE DELLE MERAVIGLIE.
Con il racconto “Un lunghissimo addio” riceve per la prosa il “Premio Alessandro Manzoni” e il secondo posto nell’Euro concorso “Antonietta Di Bari Bruno”.
Alcuni stralci vengono riportati nella pubblicazione “Ospedali e Sanità in Italia” del dott. Aristide La Rocca.
Viene anche premiata dalla giuria del Concorso Nazionale “Teresa Gala” per l’impegno e l’amore profuso nella poesia, nella prosa, nell’arte e nel teatro.
Scrive testi e sceneggiature per Pieces des chambres su storie di donne moderne e del passato, che in diverse location vengono portate con successo all’attenzione del pubblico.
Anche durante gli anni lavorativi presta opera di volontariato presso la residenza socio sanitaria assistenziale per gli anziani Villa Giovanni XXIII di Bitonto, la Casa alloggio “Raggio di Sole” per malati di Aids sempre di Bitonto, la casa di accoglienza per donne e bambini vittime di violenze domestiche e, in ultimo, con l’associazione “l’Abbraccio” presso l’Hospice “Mons. Aurelio Marena”, centro di cure palliative globali per malati terminali, dove la sua azione non si ferma solo all’ascolto e all’accompagnamento ma cerca di portare anche un sorriso con piccole piece comiche e divertenti.
Con oltre 400 poesie, 2 lunghi racconti, diversi testi teatrali, numerose recensioni, ecc. ama definirsi una racconta-storie ovvero una donna che scrive su ciò che ha vissuto, vive, sente e sogna.
Fiore – Una persona o un evento della tua vita, che ti ha spinto tra le braccia della poesia… chi era e come è accaduto?
Riccardi – Ho avuto la fortuna di nascere in una casa piena di libri di ogni tipo: dai classici ai moderni, dalla filosofia alla letteratura, alla poesia.
Mio padre, dal quale ho ereditato l’amore oltre che per la lettura in generale anche in specifico per la filosofia e la poesia, sin da piccola mi lasciava ascoltare i versi di molti poeti ed in particolare di Carducci che amava molto.
Le prime poesie che ho letto, tenendo conto che imparato prima a leggere e poi a scrivere, sono state Pianto Antico e S Martino.
Fiore – Il primo autore, uomo o donna, che ti ha colpito come poeta?
Riccardi – Gli autori che con il tempo mi hanno particolarmente colpito sono stati Giuseppe Ungaretti con la poesia “Natale” e la raccolta “Allegria di Naufragi” e Pablo Neruda con “Corpo di donna” e “Chiedo silenzio”.
Fiore – Il primo libro di poesia che hai acquistato o cercato in una biblioteca?
Riccardi – Naturalmente i libri di Ungaretti e di Neruda.
Fiore – Quando e in quale occasione hai scritto i primi versi?
Riccardi – Come per molti, l’adolescenza ha segnato il punto focale per i miei primi tentativi poetici che ho scritto in collegio dal titolo “Il Bianco Fior del Spino” regalato a mia madre ma poi andato perduto e “Scivolo blu” che ancora ho con me.
Fiore – Cos’è per te la poesia?
Riccardi – Potrei dire che la poesia è un sentimento, una follia, una voglia di vivere che ci permette di restare umani in un mondo che tali non ci vuole o il balsamo che lenisce il dolore, allontana la solitudine curandone anima e fisico anche se in realtà ritengo che essa sia lo specchio a cui nessuno di noi può mentire e che ci mostra agli altri attraverso quei versi che siamo stati capaci di scrivere.
Fiore – Come e perché ci si appassiona?
Riccardi – Ci si appassiona alla poesia poiché è lei che sa prenderci per mano e portarci in un mondo dove parole e sentimento combaciano alla perfezione e dove la nostra anima non ha paura di essere nuda.
Fiore – Sembra che il silenzio sia il grembo idoneo per la nascita della poesia… sei d’accordo?
Riccardi – In effetti il silenzio è davvero il grembo della poesia poiché è proprio nel silenzio della notte che i versi scombussolando i sogni cercano un foglio bianco su cui prendere corpo e forma.
Fiore – Da cosa trai l’ispirazione per le tue liriche?
Riccardi – Quelli che tu chiami liriche ma che io definisco dei semplici scritti di solito trovano l’ispirazione o per meglio dire nascono da sentimenti, sensazioni, emozioni, avvenimenti, dolori, amori che fanno parte di me, della mia vita e che, a volte, se non spesso, ho bisogno di fermare su di un foglio bianco.
Fiore – La poesia si legge poco… di chi è la responsabilità?
Riccardi – La gente ha sempre letto poco e oggi ancora meno a discapito di tutta una cultura che al contrario la porterebbe ad usare la propria testa e la propria intelligenza
In questo particolare frangente la poesia è quella più penalizzata perché a volte criptico-ermetica e quindi più difficile da interpretare per coglierne il suo senso più profondo… e oggi di profondità non se ne parla nemmeno o addirittura da questa si fugge via.
Fiore – Conclusione… ti chiedo di offrire ai lettori di ScrepMagazine quattro tuoi “semplici scritti”…Grazie e buon tutto!
Riccardi – Eccole, unite al mio grazie per l’opportunità offertami…
Gatta di strada
Questa notte
chiome di mille stelle
s’intrecciano
ai raggi della luna
Gatta di strada
nel vecchio vicolo
dell’antico rione
miagolo al cielo
il mai sopito desiderio d’amore
Da lontano giunge
il profumo del mare
che accorda il violino
al soffio del vento
Con passo felpato
rincorro fasci di luci
che sembrano sogni
Nascosti in un vecchio abbaino
ritrovo sussurri
di giovani amanti
e da sola nell’ombra ascolto
il sereno respiro di un mondo
che dorme
2020
L’anima
La mia anima è fuggita lontano
senza più speranze o parole
E’ giunta al confine della nostalgia
dove la tristezza
muta il pianto in alabastro
Lento si scioglie il nodo del dolore
fatto di gesti e sguardi inutili e vetusti
Un intreccio di stelle
diventa labirinto di livide nuvole
e nasconde i miei sogni perduti
Sul lampo che prelude la pioggia
vedo
il chiaro dissolversi della parola amore
La mia storia annotta
senza tremanti aurore boreali
né flauti di alisei
ma sotto la pallida luce
di una stanca luna
il cuore si illude
di poter cantare ancora
2000
Sull’erba essere vento
E non udire
gocce di tempo
punire gli anni miei
del vivere che avanza
Sull’erba essere vento
che si cangia in luce
e buca il cielo
a cercar la vita
quando ogni pausa
è azzurro
in cui mi perdo
viva
1990
Scivolo blu
Come potrò lasciarti andare lungo una strada buia
dove incerto avanzerai senza di me
ormai solo e lontano?
Proverò a fermarti e chiamerò il tuo nome
per rivivere il tempo… il nostro
e riprendere la vita
quella che non avemmo, quella che non vivemmo
Tornerò a parlarti per dirti quanto non dissi mai
perché tu ascolti e sappia
magari per rubarti un attimo…prima del tuo andar via
Dove fu lo sbaglio
quando cambiò il gioco che non volle amore né perdono
quando i dadi del destino capovolsero il futuro
e fummo clandestini
al di là dei vetri che il tempo rese opachi?
Mia sarà la pena
della tua partenza, mio il rimorso
che inchiodò labbra e pensieri
ma nulla, ancora nulla fermerà la vita
né spegnerà quel sole che sorgerà magari altrove
così come la luna che neanche il giorno oscura
E dunque nel mio giardino
dovrò da sola cogliere fiori rossi,
rossi come il mio sangue, come la vita come l’a
No, io non vorrò distanze né pareti né giorni
che dividano il mio tempo dal tuo
e cercherò il tuo volto
nella lingua di luna tra i rami di un albero amico
nel canto della notte che cullerà il mio sonno
nella luce dell’alba che avrà il tuo respiro
E tu amore, amante mio sarai ancora qui
a tenermi per mano sullo scivolo blu
di un parco giochi…
quello dei nostri sogni
dove il cuore fanciullo si è fermato
1965
9 domande 9
a Damiana Riccardi, autrice di “semplici scritti”
… a cura di Vincenzo Fiore
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