Bartolomé Esteban Murillo

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Bartolomé Esteban Murillo

“Il giovane mendicante” – 1650, olio su tela – 134 x 110 cm
“Museo del Louvre”, Parigi

Nato a Siviglia nel 1618, Murillo, massimo artista del barocco religioso, era l’ultimo di 14 fratelli.

Figlio di Gaspar Esteban e di Maria Perez Murillo a cui “ruba” il cognome.

Per tutta la vita firmerà le sue opere con il cognome della madre.

A 11 anni andò a bottega di un pittore noto sivigliano, Juan del Castillo.

Vi rimase 10 anni, sino al 1639.

Lça sua maturazione artistica avverrà a Madrid tra 1642 e il 1644 grazie a un viaggio di studio durante il quale scopre Tiziano, Van Dick e Rubens.

Nel 1645 , a 27 anni Murillo sposa Beatriz Cabrera una giovane di nobile famiglia e nel corso del matrimonio avrà 10 figli.

Grazie alla moglie la sua condizione economica e sociale si evolve.

La sua vita a questo punto appare tutta concentrata nel lavoro, anche perché pochissimo sappiamo della sua esistenza personale.

Nel 1660 fondò a Siviglia l’ Accademia di Belle Arti nella Casa Lonja.

Nel 1681 è a Cadice a lavorare nella Chiesa dei Cappuccini.

Permanenza gravosa. Si ammala e si ferisce gravemente per una caduta dal palco dove affrescava un’immagine religiosa.

Ritornato a Siviglia muore il 3 maggio del 1682.

Murillo era noto per i dipinti religiosi e realistici di tutti gli aspetti della sua vita quotidiana, ma è anche ricordato per le scene riguardanti fanciulle e ragazzi.

Questo dipinto ampiamente lo dimostra.

“IL GIOVANE MENDICANTE”

Capolavoro della collezione spagnola del Louvre, “Il giovane mendicante” è un’opera eseguita con uno stile straordinariamente morbido e caratterizzato da una grande espressione di dolcezza.

Prima testimonianza della vita infantile dipinta da Murillo, il quadro non rappresenta, come lascia intendere erroneamente il titolo, “Un giovane mendicante“, ma uno di quei monelli di strada che vivevano di stenti e senza risorse.

Seduto da solo in un angolo di strada, indigente e abbandonato, il dipinto è caratterizzato da forti chiaro-scuri ma anche un terribile e dolcissimo ritratto della povertà.

Il ragazzino, come racconterà poi Murillo, è un ragazzino di dieci anni senza dimora, visibilmente stanco e in cerca di un riparo dal caldo afoso.

I vestiti sono strappati e i piedi sporchi e nudi.

Una brocca di ceramica e un cesto di mele giacciono al suo fianco.

Si riposa, spulciandosi.

Dalla finestra senza vetri né imposte, la luce del sole splende attraverso un’apertura e abbraccia il corpo del giovane che di abbracci, nella sua pur breve vita, deve averne avuti pochi.

Un ultimo sguardo al capolavoro di Bartolomé Esteban Murillo sembra quasi di intuire e sentire il dolore del ragazzo per la sua situazione.

Forse sperando in un pasto, o in un letto, o qualunque cosa possa offrirgli un’occasionale passante.

Bruno Vergani

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